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Nato, sì all’aumento delle spese militari fino al 5%. Trump: «Grande successo». Scompare (nel testo) ogni impegno sull’adesione dell’Ucraina

25 Giugno 2025 - 16:10 Simone Disegni
Mark Rutte Nato
Mark Rutte Nato
La Dichiarazione finale del vertice dell'Aja certifica il salto in avanti sugli investimenti in difesa. Rutte: «Kiev dimenticata? No, non cambia nulla»

Sì all’aumento delle spese in difesa fino al 5% del Pil entro il 2035, silenzio di tomba sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Sono i due risultati principali che emergono dal testo della Dichiarazione finale del vertice dell’Alleanza svoltosi tra ieri e oggi all’Aja. Passa nei fatti la linea Trump insomma, anche se gli europei riescono a far includere nel testo una serie di riferimenti e sfumature in grado di andare incontro ai loro interessi. «Noi capi di Stato e di governo dell’Alleanza dell’Atlantico del Nord ci siamo riuniti all’Aja per riaffermare il nostro impegno alla Nato, la più forte Alleanza della storia, e al legame transatlantico», inizia su tono trionfale la Dichiarazione dell’Aja, che rimarca il «ferreo impegno» dei 32 Paesi membri all’Articolo 5 del Trattato di Washington, quello che garantisce l’assistenza militare reciproca in caso di attacco. A parole Trump ancora ieri volando verso l’Olanda lo aveva messo in dubbio, ma alla fine anche i suoi Usa vi rimangono vincolati. Messaggio alla Russia, prima di tutto, indicata come «minaccia di lungo termine alla sicurezza euto-atlantica». A Vladimir Putin viene concesso però un punto importante nel principale non detto della Dichiarazione: scompare qualsiasi riferimento alla possibilità che l’Ucraina possa entrare, presto o tardi, nella Nato. A Kiev viene solo ribadito generico sostegno. «La sua sicurezza contribuisce alla nostra», si ricorda. Ma gli impegni finanziari a questo scopo sono definiti «sovrani»: cioè ciascuno potrà scegliere se e quanto aiutarla, come crede. Distanza siderale dall’approccio dell’era Biden: soltanto un anno fa al vertice di Washington si metteva nero su bianco il «percorso irreversibile» dell’Ucraina verso l’adesione Nato.

Il salto in avanti sulle spese militari

Sulle spese militari viene confermato invece quanto largamente atteso: gli Alleati s’impegnano ad aumentarle sino a raggiungere entro il 2035 il parametro aggregato del 5% del Pil «per assicurare che abbiamo le forze, capacità, risorse, infrastrutture, prontezza militare e resilienza necessarie per scoraggiare e difenderci» da eventuali aggressioni. In realtà l’obiettivo di spesa militare core da raggiungere sarà quello del 3,5%, mentre un altro 1,5% (almeno) potrà essere dedicato ad altri investimenti di complemento alla sicurezza e alla difesa (protezione delle infrastrutture, preparazione civile, sviluppo della base industriale etc.). Ai Paesi viene assicurato un certo margine di flessibilità su tempi e modi tramite cui raggiungere questi obiettivi di spesa, come richiesto esplicitamente dalla Spagna e dietro le quinte da molti altri governi europei. Ma gli Alleati si impegnano con la Dichiarazione dell’Aja a «sottoporre piani annuali che mostrino un percorso credibile e incrementale» in quella direzione. Una revisione complessiva del percorso di crescita collettiva in spese e capacità viene programmato per il 2029 (quando alla Casa Bianca, a meno di clamorosi blitz costituzionali, siederà il successore di Trump). Rassicura doppiamente gli europei (e i canadesi) anche la garanzia che gli aiuti concessi all’Ucraina potranno essere inclusi nei conteggi per raggiungere gli obiettivi di spesa.

La soddisfazione di Trump e Rutte

Sorride Donald Trump, che se stamattina si era svegliato euforico per l’accoglienza ricevuta in Olanda a incontro concluso definisce «fantastico» il vertice dell’Aja: «un grande successo». Di più, «monumentale» per gli Usa. A presentarsi per primo davanti alla stampa è però invece il segretario generale della Nato Mark Rutte, doppiamente padrone di casa considerato che sino a un anno guidava (da 10 anni) l’Olanda. Rutte rivendica «il salto quantico nella difesa» compiuto dagli Alleati sottoscrivendo l’impegno al 5% del Pil. «Tutti gli Alleati capiscono la necessità di restare uniti» e così la Nato «resta abile e determinata a difendere ogni centimetro del nostro territorio» di fronte al caos geopolitico e alle minacce di aggressione di ogni genere. Rutte sottolinea pure il successo di essere riuscito così a tenere Trump dentro la Nato, non solo formalmente. «Ora vi saranno passati i dubbi sulla volontà degli Usa di restare impegnato nella Nato e sull’Articolo 5, chiedetevelo d’ora in poi se mai su altri Paesi». E va anzi dato credito proprio al leader Usa, rimarca Rutte, per essere riuscito finalmente a smuovere le cose sulle spese per la difesa dopo anni di chiacchiere infruttuose. «Donald è un amico, un uomo di forza ma anche di pace», lo definisce l’ex premier olandese, tessendone le lodi pure per l’efficacia del raid condotto lo scorso weekend contro gli impianti nucleari iraniani.

L’Ucraina «dimenticata» e la risposta al bambino

E l’Ucraina? Il povero Volodymyr Zelensky, apparso piuttosto mogio ieri alla cena a Palazzo Reale ed escluso dal resto del summit? Nella conferenza stampa Rutte spende molte parole per riaffermare il sostegno ferreo dell’Alleanza al suo Paese ed evoca sì il «percorso irreversibile» verso l’adesione alla Nato. Ma perché allora nella Dichiarazione finale non ve n’è traccia? «Abbiamo svoltato rispetto ai soliti documenti infiniti stile Ue e Onu», dice Rutte con tono sferzante, «per concentrarci solo sull’essenziale, senza richiamare tutto il resto della storia dalla nascita di Gesù… Ma quel percorso è sempre lì, nulla è cambiato». L’impressione è che in quel non detto, ancora una volta, ciascuno possa leggere ciò che vuole: Trump, Putin, i leader europei. Ma a Kiev l’assenza di quella porzione di testa non passerà inosservata. E d’altra parte Rutte nel garantire vicinanza e sostegno all’Ucraina si guarda bene dal dire che l’obiettivo è farle vincere la guerra: parla piuttosto di permetterle di «stare in battaglia e arrivare forte al tavolo dove si negozia il cessate il fuoco, poi porre le condizioni perché a Putin non venga mai più in mente di attaccare». Scenario da brividi, comunque, tanto che all’ultima domanda della conferenza stampa, quella di un bambino/giornalista in erba che gli chiede che fine ha fatto la pace, Rutte risponde con affettuoso ma crudo realismo: «Quello che possiamo fare è prepararci per difendere al meglio la nostra libertà». Come in quel famoso proverbio latino…

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