Tre agenti del carcere di Prato indagati per l’aggressione al serial killer: «Hanno lasciato libero il detenuto che l’ha ustionato»


Tre agenti della polizia penitenziaria di Prato sono indagati per l’aggressione in carcere nei confronti di Vasile Frumuzache. L’uomo che ha confessato i delitti di Ana Maria Andrei e Denisa Maria Adas è stato lasciato il 6 giugno scorso da solo con un detenuto. Il quale gli versò «un pentolino di olio bollente, intriso di un bicchiere di zucchero, sul volto e sugli arti» ustionandolo. I reati contestati sono rifiuto di atti d’ufficio e lesioni colpose. L’aggressore è un parente di Denisa, ha agito nella casa circondariale Dogaia in via La Montagnola.
L’inchiesta
L’inchiesta coordinata dalla procura ha fatto emergere forme corruttive per quattro agenti penitenziari e anomali contatti tra altri quattro agenti e addetti alle pulizie. Perquisiti 127 detenuti, di cui 27 sono indagati. Nonostante le limitazioni per l’Alta Sicurezza dove ci sono criminali di tipo mafioso con ruoli di capo, questi godevano di privilegi fra i quali la libertà di movimento nel reparto. Schierati 60 poliziotti in assetto antisommossa.
Gli indagati
I tre agenti indagati sono un 24enne originario di Caserta, un 40enne di Belvedere Marittimo (Cosenza), un 45enne di Napoli. L’incapacità di assicurare la «sicurezza passiva» per i detenuti nel carcere di Prato e il caso specifico di Vasile Frumuzache sono messi in evidenza dal procuratore Luca Tescaroli. «È un dato di fatto che non si è riusciti ad assicurare il richiesto controllo e protezione nei confronti del Vasile Frumuzache, poche ore dopo il suo ingresso in carcere», dice Tescaroli.
Massiccio tasso di illegalità
Secondo la procura nel carcere di Prato c’è un «massiccio tasso di illegalità» ed è difficile assicurare la sicurezza dei detenuti. La struttura è caratterizzata anche «da un’insufficienza di personale per quanto riguarda il ruolo degli ispettori e dei sovraintendenti (ruoli caratterizzati, rispettivamente, da una carenza di organico del 47% e del 56,52%), dalla estrema difficoltà di avere interlocutori in seno alla struttura». A causa dell’assenza e del continuo «ricambio delle figure direttive, da molteplici disagi e malattie mentali di vari detenuti, da plurimi suicidi (nel secondo semestre del 2024 se ne sono registrati due) e dalla scarsità delle possibilità di lavoro, dati che inibiscono la funzione di prevenzione speciale e la rieducazione della pena, e la dignità stessa dei detenuti», spiega ancora Tescaroli.
Le indagini
I detenuti avevano la possibilità anche «di telefonare senza conseguenze, con assoluta libertà» e questo secondo Tescaroli perché alcuni agenti erano a libro paga. Nel carcere sono anche rotti i laser scanner per esaminare la corrispondenza dei carcerati. La situazione, conclude Tescaroli, «ha reso e rende estremamente difficoltoso l’espletamento delle indagini». Questo «anche in considerazione dell’assenza di ambienti idonei a effettuare le attività intercettive». E della «costatata libertà di movimento dei detenuti».
I telefoni e la droga
La procura ha scoperto anche «multipli ingressi nella casa circondariale di telefoni cellulari di ultima generazione, di microtelefoni, di smartwatch e di schede telefoniche risultati utilizzati da moltissimi detenuti ristretti nei reparti ‘alta sicurezza’ e ‘media sicurezza’. Ma anche «di sostanze stupefacenti di tipo cocaina e hashish». Sarebbero anche emerse, prosegue la procura, «forme corruttive che vedono il coinvolgimento di 4 appartenenti alla polizia penitenziaria». Oltre che «anomali contatti tra ulteriori quattro agenti e personale addetto alle pulizie del carcere di Prato».