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La Russa-Calenda, lite social dopo il Pride di Budapest: «Egocentrico, non ho statue del Duce a casa», «Lezioni di anti autoritarismo da te? Anche no»

30 Giugno 2025 - 11:15 Alba Romano
la russa calenda lite social
la russa calenda lite social
Il presidente del Senato cerca di pungere, con un post, i politici dell'opposizione andati in Ungheria. Poi parte un battibecco tutto sul web

È uno scontro senza esclusione di colpi quello tra Ignazio La Russa e Carlo Calenda. Un battibecco social che si gioca sul filo dei busti marmorei, di fascismo e comunismo, delle accuse di «dimenticanze» e di rivendicazioni. E che pone le sue radici ben lontano da Roma, per la precisione in quella Budapest dove il leader di Azione ha partecipato alla storica marcia del Pride sfidando il divieto «autoritario» del premier Viktor Orban. Ad affondare per primo il colpo, per la verità in maniera abbastanza generica, è stato proprio il presidente del Senato: «Chissà se qualcuno dei politici italiani presenti in questi giorni in Ungheria, asseritamente in difesa della libertà di espressione, si sarà ricordato di portare almeno un fiore ai martiri che nel 1956 diedero la vita per la libertà senza aggettivi contro i carri armati comunisti. Chissà».

Il botta e risposta: «Butta la statua di Mussolini»; «Egocentrico»

La replica di Carlo Calenda è arrivata rapida e pungente, sempre a mezzo social: «Caro ⁦Ignazio La Russa, ti è andata male. Sono andato a rendere omaggio al monumento ai martiri del ’56 prima del Pride. Ritenta. Magari dopo che avrai buttato la statua di Mussolini. Lezioni su anti autoritarismo da te anche no». Da Facebook e Twitter, lo scontro si sposta su Instagram. È qui che La Russa torna ad accusare, questa volta dicendo nome e cognome, Carlo Calenda a cui non vengono risparmiati nomignoli e allusioni: «Sei davvero così egocentrico da non capire che il mio post non era scritto pensando a te (mi ero perfino dimenticato che anche tu eri andato in Ungheria) ma a chi non ha mai condannato i comunisti italiani che appoggiarono l’invasione sovietica a Budapest», si legge su una storia. «Dovevi chiedere di accompagnarti – prima del Pride – a chi era con te a manifestare tra giornalisti e tv. Ah dimenticavo: mai avute statue a casa mia. Tuo padre te ne ha lasciate? Tu le avresti buttate?».

L’ultima replica di Calenda: «Ho busti in casa? Sì, dell’antica Roma. Nessuno sterminatore di ebrei»

A onor del vero, una statua del Duce – per quanto non una gigantografia – è ben noto che si trovasse a casa del presidente del Senato nel 2018 e lui stesso ha raccontato di averla affidata alla sorella. Calenda a questo punto non sembra trattenersi più e torna con un ultima stoccata, forse definitiva: «Ignazio, hai parlato di parlamentari. Dovresti farlo con maggiore prudenza», puntualizza rispondendo alle accuse di egoismo. E poi sulla questione più artistica: «Mi chiedi se avrei buttato un busto di Mussolini regalo di mio padre, io ti chiedo come non farlo dopo aver visitato il binario 21. Dopo essere entrato nei carri bestiame dove venivano accalcati dai fascisti agli ordini di Mussolini i bambini ebrei. Non lo comprendo». Un messaggio a cui aggiunge due chiose. Una sotto forma di post scriptum: «Ps. Sì, ho alcune statue: un uomo politico di epoca repubblicana romana; un Gemito di discreta bellezza. Nessuno sterminatore di ebrei». Una seconda sotto forma di foto, per certificare la visita al monumento ai martiri del ’56.

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