Spese Nato, le scorciatoie dell’Italia: «Basta il 3,5% del Pil, così tuteleremo il welfare». Crosetto: «Ma l’Italia è già sotto attacco»
«Quando c’è la guerra non dormo la notte, io per primo non sono pronto a far fronte a questa situazione drammatica». Alla fine dei 90 minuti di audizione di fronte a deputati e senatori Guido Crosetto confessa tutta la sua “fragilità” di fronte al mondo a pezzi squassato da guerre e minacce. Ma proprio per questo l’Italia deve reagire e prepararsi al peggio, spiegano a lungo il ministro della Difesa e quello degli Esteri alle commissioni riunite di Camera e Senato. «Non possiamo più essere protetti solo dagli Usa, l’Europa deve assumersi le proprie responsabilità», spiega Antonio Tajani. È la premessa per spiegare perché l’aumento delle spese per la difesa al 5% concordato al summit Nato dell’Aja va incontro eccome agli interessi dell’Italia. «Un passo coraggioso e necessario per proteggere la nostra libertà e i nostri valori», lo definisce Tajani. Una scelta indispensabile dettata in primis dalla preoccupazione condivisa con gli Alleati per la «crescente minaccia della Russia», gli fa eco Crosetto. Che snocciola i numeri da brividi dell’economia di guerra ormai a pieni giri di Vladimir Putin: «Per il solo 2025 Mosca potrà disporre di oltre 1500 carri armati, 3000 corazzati, 400 missili Iskander, migliaia di missili di vario tipo, decine di migliaia di bombe aeree e oltre un milione di droni. Arriveranno a 1,6 milioni i militari effettivi e a 5 milioni le riserve». Cui potrebbero aggiungersi presto al fronte ucraino altri «25-30mila soldati nordcoreani». Nel complesso, ricorda Crosetto, l’economia di guerra assorbe il 43% della spesa russa e gran parte di questi armamenti non viene utilizzata, ma «assegnata a riserve strategiche». Ecco perché i Paesi Nato più vicini alla frontiera Est si stanno preparando al peggio, la Svezia addirittura prevedendo «un cimitero in grado di ospitare sino al 5% della popolazione». E l’Italia sarebbe cieca a non allinearsi.
Spese militari e welfare: le rassicurazioni del governo sul bilancio
Resta il fatto, come i vertici di governo ben sanno, che il riarmo è priorità assai impopolare tra gli italiani, le preoccupazioni per i possibili riflessi su altre voci di spesa pubblica diffuse. Per questo sia Crosetto che Tajani ribadiscono la rassicurazione, fatta a caldo dall’Aja dalla stessa Giorgia Meloni, che «non un euro verrà tolto alla spesa sociale» per contribuire al raggiungimento dei nuovi obiettivi Nato, né ai fondi di coesione Ue. Come è possibile? In primis grazie al fatto che il “vero” target da tenere a mente non è il 5%, ma il 3,5% del Pil: quello da riservare a spese militari vere e proprie. Quanto all’altro 1,5%, ripete per due volte a senatori e deputati Crosetto, questo «comprende attività già presenti ieri e oggi nei bilanci nazionali: la resilienza, la sicurezza cibernetica, la protezione delle infrastrutture critiche, il rafforzamento del tessuto industriale, le infrastrutture strategiche». Non si tratterebbe quindi di nuove risorse, ma di «un esercizio di rendicontazione coerente con l’approccio integrato alla sicurezza previsto dalla Nato e dal piano Ue Readiness 2030 (il ReArm Europe, ndr)». Questioni contabili e poco più, insomma. In più l’Italia può considerarsi garantita dal fatto che il nuovo obiettivo di spesa andrà raggiunto solo nel 2035 e senza alcuna «traiettoria rigida di crescita della spesa, grazie alla flessibilità ottenuto in seguito a intensi negoziati», spiega Tajani. Per di più, sempre dopo i negoziati dei mesi scorsi, si è previsto per il 2029 un appuntamento intermedio di revisione della traiettoria di spesa che potrà essere utile anche a «correggere la rotta se necessario», dice ancora il ministro degli Esteri.
Lo scontro con le opposizioni
Se dalla maggioranza, ma anche da Azione con Ettore Rosato, si plaude all’unanimità al senso di responsabilità dimostrato dal governo nel convergere sui nuovi obiettivi Nato, da sinistra e dal Movimento 5 stelle arrivano anche nel corso dell’audizione nuove bordate. «Il caldo gioca brutta scherzi, siete diventati tutti matti?», attacca il leader di Avs Nicola Fratoianni, che accusa il governo Meloni di aver «vincolato questo Paese per 10 anni con un impegno che scassa senza appello i nostri conti e ci preclude gli investimenti necessari al rafforzamento del welfare». Pure Laura Boldrini (Pd) contesta la previsione che l’aumento delle spese militari non inciderà sulle spese sociali: «È evidente che non sarà possibile senza uno stralcio drammatico al welfare, l’alleanza di Meloni con Trump è a discapito di interessi degli italiani. Dove troverete i soldi?». E il leader del M5s Giuseppe Conte dà degli «irresponsabili» ai due ministri per aver «sottoscritto in piena sudditanza» il diktat della Nato. «Sto lavorando alla difesa per i prossimi 30 anni per l’Italia, non per me», replica a muso duro Crosetto, ricordando all’ex premier come già ora «ogni giorno riceviamo attacchi cyber che sono atti di guerra. Ne vogliamo parlare in Parlamento?». Prossimamente, tempo scaduto. Il confronto e lo scontro sul tema sono appena cominciati.
Foto di copertina: ANSA/VINCENZO LIVIERI | Il ministro della Difesa Guido Crosetto e quello degli Esteri Antonio Tajani all’audizione congiunta di Camera e Senato sul vertice Nato – Roma, 3 luglio 2025.