«La madre “intenzionale” ha diritto al congedo di paternità»: la sentenza storica della Corte costituzionale


Arriva una sentenza storica della Corte costituzionale: anche la madre “intenzionale” in una coppia di donne riconosciute entrambe, perché iscritte nei registri dello stato civile, come madri dallo Stato italiano, ha diritto di fruire del congedo di paternità obbligatorio, pari a 10 giorni di astensione dal lavoro retribuiti al 100 per cento. La Consulta, con la sentenza numero 115, depositata oggi, ha infatti stabilito che è costituzionalmente illegittimo l’articolo 27-bis del decreto legislativo numero 151 del 2001, nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio a una lavoratrice, genitore intenzionale in una coppia di donne risultanti genitori nei registri dello stato civile.
Per la Corte d’appello di Brescia la norma era discriminatoria
I giudici sono stati chiamati a esaminare la questione di legittimità costituzionale dell’articolo che disciplina i congedi parentali obbligatori, dopo che la Corte d’appello di Brescia aveva ritenuto discriminatoria la disposizione in questione e aveva sollevato dubbi sulla compatibilità della norma con i principi costituzionali di uguaglianza (articolo 3) e con il rispetto degli obblighi internazionali (articolo 117), in particolare con la direttiva europea sulla parità di trattamento in materia di occupazione e con quella sui congedi per i genitori.
L’Inps denunciato per comportamento discriminatorio
Il caso è stato portato davanti al Tribunale di Bergamo da un’associazione che tutela i diritti delle persone Lgbt+, Rete Lenford, che aveva denunciato per comportamento discriminatorio l’Inps. Perché pur non negando formalmente il diritto delle coppie omogenitoriali a usufruire dei congedi, l’Istituto avrebbe di fatto reso loro impossibile l’accesso a tali benefici. Come? A causa delle limitazioni del proprio sistema informatico, che non consente l’inserimento di due codici fiscali di persone dello stesso sesso, seppure registrate come genitori negli atti dello stato civile, nei moduli telematici necessari per presentare la domanda di congedo. Una effettiva discriminazione, secondo il giudice di primo grado, che ha ordinato all’Inps di adeguare il proprio portale telematico euro due mesi. Pena una sanzione di 100 euro per ogni giorno di ritardo. L’Inps, tuttavia, non solo ha ignorato la richiesta, ma ha anche impugnato il provvedimento davanti alla Corte d’appello di Brescia, ottenendo la sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza.
Il caso di due mamme arriva alla Corte Costituzionale
Nel corso del giudizio di appello, sia Rete Lenford sia la Cgil si sono costituite e hanno insistito nel sostenere che, oltre all’intervento informatico, ci debba essere un riconoscimento esplicito del diritto delle coppie omogenitoriali a usufruire dei congedi parentali al pari delle coppie eterosessuali. La Corte d’appello di Brescia ha scelto quindi di coinvolgere la Consulta: secondo i giudici, non riconoscere il diritto al congedo obbligatorio di dieci giorni anche al secondo genitore donna in una coppia composta da due madri, pur risultando entrambe genitori nei registri dello stato civile, è una violazione dei diritti fondamentali.
La posizione dell’Inps
L’Inps, dal canto suo, ha ribadito nella memoria difensiva una posizione già espressa in più occasioni: a suo avviso, il riconoscimento del cosiddetto genitore intenzionale o sociale non può essere ottenuto per via giudiziaria, ma richiede un’esplicita scelta legislativa. Secondo l’Istituto, infatti, si tratterebbe di una decisione che coinvolge valori sensibili e che spetta al Parlamento, chiamato a interpretare la volontà collettiva.