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Le teorie infondate sull’alluvione in Texas e la “geoingegneria”

28 Luglio 2025 - 11:52 Fabio Verrecchia
La zona Texas Hill Country è nota come "Flash Flood Alley", soggetta da sempre a alluvioni rapide per la sua conformazione geografica e condizioni atmosferiche

Il 4 luglio 2025 la contea di Kerr e altre aree del Texas centrale sono state investite da un’alluvione improvvisa e di proporzioni eccezionali. In poche ore si sono abbattute precipitazioni torrenziali, che hanno trasformato strade e torrenti in fiumi di fango e detriti, causando almeno 109 vittime accertate (tra cui numerosi bambini e un gruppo di ragazze di un campo estivo cristiano) e lasciando decine di persone disperse. La violenza e la rapidità dell’evento hanno messo a nudo le fragilità del sistema d’allerta locale: in molti casi le sirene non hanno suonato, i messaggi di evacuazione non sono arrivati o sono arrivati troppo tardi, lasciando la popolazione senza la possibilità di mettersi al sicuro. Nel drammatico bilancio dell’alluvione si è presto inserita una polemica alimentata dai social network. Già nelle ore successive sono circolati post e articoli che attribuivano la catastrofe a presunti interventi deliberati sull’atmosfera. Secondo alcune ricostruzioni, un’operazione di «cloud seeding» (l’inseminazione artificiale delle nuvole con ioduro d’argento) condotta due giorni prima nella regione avrebbe innescato o amplificato la tempesta, trasformandola in un evento catastrofico.

Per chi ha fretta:

  • Dopo l’alluvione in Texas, sono circolate accuse su operazioni di inseminazione delle nuvole e programmi segreti di geoingegneria. Queste ipotesi non hanno basi scientifiche e creano solo confusione.
  • La startup Rainmaker ha effettuato un volo di inseminazione il 2 luglio su piccole celle temporalesche lontane dalla zona colpita. L’intervento ha prodotto piogge molto leggere e non ha influenzato l’alluvione del 4 luglio.
  • Studi scientifici dimostrano che la tecnica del cloud seeding può aumentare le piogge al massimo del 5–15% su aree limitate. Meteorologi e scienziati confermano che non può generare o amplificare tempeste di grande scala come quella del Texas.
  • La zona Texas Hill Country è nota come “Flash Flood Alley”, soggetta da sempre a alluvioni rapide per la sua conformazione geografica e condizioni atmosferiche. L’alluvione è dovuta a fenomeni naturali combinati con la tempesta tropicale Barry, non a manipolazioni artificiali.

Analisi

Su Facebook sono apparsi numerosi post dal tono e dai contenuti molto simili, che collegano l’alluvione che ha colpito il Texas a ipotetiche attività di inseminazione delle nuvole, come si può vedere qui e qui.

Come era alquanto prevedibile, l’evento metereologico estremo ha immediatamente scatenato teorie complottiste – già emerse in occasione dell’alluvione che l’anno scorso colpì la Spagna, come documentato qui e qui – secondo cui la catastrofe sarebbe stata provocata dall’uomo, attraverso operazioni di «inseminazione delle nuvole» o addirittura misteriosi programmi segreti di geoingegneria atmosferica. Su social network e siti web sono circolate accuse all’azienda Rainmaker, che ha confermato di aver effettuato un volo di inseminazione due giorni prima nella zona, e riferimenti a progetti militari o industriali di manipolazione climatica. Si è perfino tirata in ballo la startup Stardust, impegnata su tecnologie sperimentali di geoingegneria solare, e un vecchio documento dell’US Air Force intitolato “Owning the Weather in 2025”. Ma quanta verità c’è in queste affermazioni? Poca. E molta confusione.

Cosa ha fatto davvero Rainmaker

La Rainmaker Technology è una start-up americana specializzata nelle tradizionali tecniche di cloud seeding, utilizzate in Texas da oltre cinquant’anni per aumentare leggermente le precipitazioni su aree agricole durante i periodi di siccità. Il 2 luglio l’azienda ha condotto una breve missione su due piccole celle temporalesche, situate oltre 100 chilometri a sud-est della contea di Kerr: in meno di mezz’ora, sono stati spruzzati circa 70 grammi di ioduro d’argento e cloruro di calcio, generando solo una lieve pioggia, meno di 0,5 cm, sulle zone agricole circostanti. Lo stesso CEO, Augustus Doricko, ha confermato su X che si è trattato di un intervento ordinario, trasparente e circoscritto, che non ha riguardato la zona interessata dall’alluvione né ha contribuito alle inondazioni del 4 luglio.

In un altro tweet ha inoltre spiegato che le nubi naturali tendono a durare dai 30 minuti a poche ore, e che persino i sistemi temporaleschi più persistenti raramente mantengono la stessa struttura nuvolosa per più di 12–18 ore.

“Le nuvole seminate il 2 luglio si sono dissipate nel giro di 24 ore prima che si sviluppasse il complesso temporalesco che avrebbe prodotto le piogge torrenziali”

Nessuna base scientifica per un ruolo del cloud seeding

Nei post circolati sui social è stata più volte citata la cifra di un presunto aumento “del 150%” delle piogge attribuito al cloud seeding. In realtà, decenni di studi scientifici basati su dati statistici mostrano che questa tecnica produce al massimo incrementi modesti, compresi tra il 5% e il 15% nelle condizioni più favorevoli, e sempre su aree ristrette. Non esistono prove né basi fisiche per sostenere che un’operazione di questo tipo possa innescare o amplificare un sistema temporalesco di vasta scala come quello che ha colpito il Texas. Anche i meteorologi locali hanno chiarito l’impossibilità di un legame causale.

Travis Herzog, meteorologo di Houston, ha spiegato in un post su Facebook del 6 luglio che la causa principale della devastante alluvione è stata l’umidità residua della tempesta tropicale Barry. «L’inseminazione delle nuvole non può creare una tempesta di questa portata o dimensione», ha scritto Herzog. «In effetti, non può nemmeno creare una singola nuvola: tutto ciò che può fare è aumentare le precipitazioni di una nuvola già esistente, e nella maggior parte dei casi di molto meno del 20%. È fisicamente impossibile che ciò abbia creato questo sistema meteorologico».

Sulla stessa linea si è espresso anche Armin Sorooshian, professore di ingegneria chimica e ambientale all’Università dell’Arizona, commentando le inondazioni improvvise in Texas. «È impossibile che la semina delle nuvole abbia causato un evento di questa portata», ha dichiarato in un articolo pubblicato su National Geographic. «Stando ai dati disponibili, un’operazione di questo tipo al massimo riesce a spremere un 5–15% in più di pioggia, ammesso che funzioni. Non è nemmeno lontanamente sufficiente a spiegare un’alluvione così devastante.»

Un’ulteriore confutazione arriva dalla dott.ssa Sandra Yuter, illustre professoressa di scienze atmosferiche presso la North Carolina State University, che ha spiegato a DW come le dinamiche dei venti avrebbero reso irrilevante l’operazione di inseminazione compiuta due giorni prima: «I venti orizzontali a livello delle nuvole avrebbero spostato il volume d’aria inseminato di almeno 1.000 chilometri dal luogo dell’operazione tra il 2 e il 4 luglio». Il calcolo di Yuter si basa su una velocità media di dispersione del vento orizzontale di circa 10 m/s (36 km/h), ricavata dai dati dei palloni meteorologici della zona il 3 luglio.

Considerando che lo stato del Texas è largo circa 1.320 chilometri nel suo punto più ampio, la conclusione della studiosa è netta: «L’eventuale inseminazione di nubi il 2 luglio nelle vicinanze della contea di Kerr non avrebbe modificato le precipitazioni delle tempeste che hanno colpito la regione il 4 luglio». Insomma, le particelle usate per inseminare le nuvole si sarebbero disperse da tempo, spinte via dai venti ben prima che si sviluppassero le precipitazioni della tempesta.

La geoingegneria non c’entra nulla

Alcuni post hanno confuso il cloud seeding con concetti più radicali come la geoingegneria solare, cioè il rilascio di particelle riflettenti nella stratosfera per ridurre la radiazione solare. È vero che alcune startup stanno esplorando in laboratorio tali tecnologie, ma non esiste alcuna evidenza che siano state applicate, né tantomeno che abbiano influito sull’evento del Texas. Anche i riferimenti al vecchio documento del 1996 dell’Aeronautica statunitense Owning the Weather in 2025, riportati nel post oggetto di analisi, risultano fuorvianti. Si trattava infatti di uno studio teorico e ipotetico, non di un piano operativo, che esplorava scenari e potenziali capacità future di manipolazione meteorologica. La tecnologia necessaria per “controllare il meteo” su larga scala, come ipotizzato nel rapporto, non si è mai concretizzata, e a oggi – nel 2025 – resta ben lontana dall’essere realizzabile.

Le vere cause dell’alluvione

Le affermazioni secondo cui non ci sarebbe alcuna spiegazione naturale per le alluvioni mortali in Texas trascurano completamente la lunga storia di eventi simili nella regione del Texas Hill Country. Non a caso, l’area è soprannominata Flash Flood Alley – letteralmente “Vicolo delle alluvioni improvvise” – ed è considerata una delle zone a più alto rischio di alluvioni lampo di tutti gli Stati Uniti. Il territorio, caratterizzato da colline scoscese e un suolo poco permeabile, è particolarmente predisposto a inondazioni violente: le piogge intense scorrono rapidamente in piccoli torrenti, che poi si riversano nei fiumi principali come il Guadalupe, generando ondate d’acqua rapide e devastanti.

Un ruolo importante è giocato anche dalla Scarpata Balcones, una formazione geologica di faglie e scogliere che attraversa il Texas centrale separando la zona collinare dalle pianure costiere. La scarpata contribuisce a sollevare l’umidità proveniente dal Golfo del Messico, intensificando ulteriormente le precipitazioni.

Come ha spiegato il meteorologo Matt Lanza in questo articolo, nel caso dell’alluvione del 2025 le condizioni atmosferiche erano già predisposte a un evento estremo: l’umidità residua della tempesta tropicale Barry, combinata con il terreno accidentato e i venti carichi di umidità dal Golfo, ha portato a precipitazioni eccezionali, in alcuni casi con accumuli di 10–15 centimetri l’ora. Il risultato è stato un rapido deflusso delle acque, che si sono riversate in torrenti e fiumi a velocità e volumi devastanti. Tra l’altro, eventi simili si sono già verificati in passato nella stessa regione.

Nel 1981 una tempesta stazionaria su Austin causò l’esondazione di Shoal Creek, provocando 13 morti. Nel luglio 1987 il fiume Guadalupe straripò quando la tempesta tropicale Amelia scaricò piogge torrenziali sulla Hill Country. E nel 2015 l’improvviso innalzamento del fiume Blanco generò inondazioni che uccisero 11 persone nei pressi di Wimberley, a sud-ovest di Austin. La tragedia del 2025 si inserisce quindi in una ben documentata tendenza storica, spiegabile con la geomorfologia e il clima della regione, senza bisogno di evocare complotti o manipolazioni artificiali.

Conclusioni

Le inondazioni del 4 luglio in Texas sono state una tragedia, ma attribuirle a oscure operazioni di geoingegneria o inseminazione delle nuvole è scorretto. La spiegazione più semplice e coerente è quella offerta dalla scienza: una combinazione di condizioni meteorologiche naturali e cambiamento climatico ha creato una tempesta estrema, mentre un sistema di allerta carente ha lasciato la popolazione impreparata.

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