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Aprire le scuole d’estate? Piace ai genitori, non ai docenti. Il piano del governo cresce, ma i progetti restano facoltativi e a macchia di leopardo

29 Luglio 2025 - 16:33 Ygnazia Cigna
scuole aperte estata valditara
scuole aperte estata valditara
Il ministero ha investito 550 milioni di euro per i progetti nei mesi estivi dentro le scuole. Se le famiglie festeggiano a fronte di un aumento dei progetti, i sindacati sono sul piede di guerra: «I prof non sono animatori estivi»

Con l’arrivo dell’estate, per migliaia di famiglie si apre un vuoto organizzativo che dura fino a settembre. L’Italia resta tra i pochi Paesi europei con una pausa estiva così lunga e poche alternative pubbliche accessibili. Per rispondere a questa criticità, nel 2021 è nato il Piano Estate, inizialmente come risposta post-Covid, poi rilanciato dal governo Meloni con nuovi fondi. Il progetto ad oggi è cresciuto: quasi 700mila studenti coinvolti nel 2024 (su una platea totale di circa 7 milioni di alunni in Italia) e i finanziamenti dello Stato, così come i progetti realizzati, sono aumentati negli anni. La sua applicazione, però, non riguarda tutte le scuole e tutti i territori, l’adesione resta disomogenea perché volontaria, dipende dalle singole scuole e dalla disponibilità di docenti e personale. I sindacati lo bocciano: «Non è sostenibile nel nostro sistema scolastico, e i prof non sono animatori estivi». Le famiglie, invece, parlano di un’urgenza non più rimandabile e chiedono la modifica del calendario scolastico. Il risultato è un piano ambizioso che, a fronte di un aumento degli investimenti, continua a poggiare su una base fragile, quella del conflitto tra esigenze educative, diritti dei lavoratori e mancanza di strutture adeguate.

Le proposte in Trentino ed Emilia Romagna per tenere le scuole aperte d’estate

Negli ultimi giorni ha fatto discutere la proposta della Provincia autonoma di Trento di tenere aperte le scuole primarie anche a luglio, a partire dal prossimo anno. L’idea, lanciata dall’assessora all’Istruzione Francesca Gerosa e appoggiata dal presidente della Provincia Fugatti, ha incontrato il plauso di molte famiglie ma ha subito sollevato le critiche dei sindacati: modificare il calendario scolastico, hanno ricordato, richiederebbe una revisione del contratto nazionale dei docenti, che definisce con precisione i tempi della didattica. Un’ipotesi simile era stata avanzata anche in Emilia-Romagna, dove l’assessora all’Istruzione Isabella Conti aveva proposto di introdurre una pausa primaverile e prolungare l’attività didattica nei mesi estivi. Per ora, però, si tratta solo di proposte locali. Per i genitori rappresentano una boccata d’ossigeno, ma nelle aule scolastiche aprono un nuovo fronte di tensione. A livello nazionale, invece, l’unico strumento oggi attivo è il Piano Estate.

Cos’è il Piano Estate e come sono cambiati i fondi negli anni

Il Piano Estate è nato nel 2021 su impulso dell’allora ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, con l’obiettivo di recuperare apprendimenti e socialità dopo la pandemia. Ma nel tempo si è trasformato in qualcosa di più: un tentativo di rendere la scuola un presidio educativo anche nei mesi estivi. L’attuale ministro Giuseppe Valditara lo ha rilanciato, rifinanziandolo con 400 milioni di euro per il biennio 2024-2025, cui si sono aggiunti di recente 150 milioni di euro in più. Le risorse sono cresciute nel tempo. Quando è stato lanciato per la prima volta, infatti, l’investimento del governo era di 510 milioni di euro, poi crollato a 300 milioni nel 2022. Il governo Meloni ha poi rilanciato il progetto con 550 milioni di euro a cui si aggiunge, come precisato dal ministero, la possibilità per le scuole di utilizzare i fondi del Pnrr per il contrasto alla dispersione scolastica. Ma al momento, i progetti sono a macchia di leopardo: ci sono zone e scuole più “virtuose”, altre meno.

Quali sono le attività concrete del Piano Estate

Le scuole che hanno aderito al Piano Estate hanno attivato attività molto diverse tra loro. Non si tratta di attività scolastiche in senso stretto, ma principalmente di laboratori ricreativi. La scuola elementare eSpazia di Monterotondo (Roma), ad esempio, ha organizzato moduli di educazione motoria, arte e musica per alunni della primaria e secondaria. A Firenze, la Beato Angelico ha proposto un laboratorio di falegnameria, mentre a Montemurlo (Prato) si è puntato sull’educazione ambientale con percorsi sensoriali legati alla scoperta del territorio. A Reggio Emilia, la scuola Albert Einstein ha attivato progetti sportivi per favorire la socializzazione, insieme a un laboratorio di scrittura creativa. A Battipaglia (Salerno), si è dato spazio agli sport di squadra, come minibasket, calcio, pallavolo, e al gioco degli scacchi come strumento educativo.

Valditara: «Risorse importanti». Ma i sindacati le bocciano

Per il ministro Valditara, si tratta di «risorse importanti per i bambini e i ragazzi che, in estate, perdono un punto di riferimento fondamentale e non possono contare su altre esperienze di arricchimento personale e di crescita a causa delle esigenze lavorative dei genitori o di particolari situazioni familiari». Ma i sindacati bocciano il Piano estate e ribadiscono la loro contrarietà a un’estensione delle attività nei mesi estivi, in assenza di una revisione profonda dell’intero sistema. Carlo Castellana, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, è netto: «Le scuole non hanno le strutture per reggere l’apertura estiva. Niente aria condizionata, edifici vecchi e inadeguati, e personale già sovraccarico», osserva a Open. Il punto, per la Gilda, non è solo logistico, ma anche a contrattuale: «I docenti hanno ferie concentrate tra luglio e agosto perché per legge devono prenderle durante la sospensione delle lezioni, e il fatto che il Piano Estate sia volontario è proprio perché non esiste una copertura normativa che regoli il lavoro estivo».

«I docenti non sono animatori estivi»

Anche la Flc Cgil parla di un sistema insostenibile, soprattutto per il personale precario e per le segreterie scolastiche ridotte all’osso: «Le scuole non possono essere viste come centri estivi gestiti dagli stessi istituti, le scuole medie e superiori sono impegnate con gli esami e le segreterie, già ridotte per i mesi estivi, devono sbrigare tutti gli atti amministrativi che consentono la riapertura delle scuole». Ancora più duro il sindacato Delsa, attivo in Trentino dove hanno bocciato da subito la proposta delle scuole aperte d’estate: «I docenti non sono animatori estivi, con tutto il rispetto per tali figure, e le scuole non sono dei baby parking», commenta il presidente Mauro Pericolo. «Piuttosto che confondere la funzione didattica della scuola con le attività di una colonia diurna, l’amministrazione dovrebbe concentrare i suoi sforzi potenziando i servizi conciliativi, aiutando le famiglie a sostenere i costi dei centri estivi che hanno sempre assolto benissimo a tali bisogni».

Le famiglie: «Per noi è un’urgenza»

Dalla parte delle famiglie, l’associazione Coordinamento Genitori Democratici Onlus, fondata da Gianni Rodari 50 anni fa, che denuncia invece l’urgenza di intervenire su un sistema scolastico che, a loro avviso, non è più allineato alla realtà sociale ed economica del Paese. «Ogni estate è un vuoto pneumatico – spiega la presidente nazionale Angela Nava – con le famiglie che si trovano con 5-8 ore da riempire». Il problema, secondo Nava, è strutturale: «L’organizzazione del calendario scolastico attuale risale a un modello sociale superato che oggi non tiene più conto dei cambiamenti del mondo del lavoro e della fragilità crescente delle reti familiari». La proposta del Piano Estate «va nella direzione giusta», dice, «ma resta episodica, dipende da bandi, dalla volontà dei singoli istituti e docenti. Servono, invece, protocolli stabili, convenzioni con enti del territorio e una visione di lungo periodo perché la problematiche è grossa e c’è un malcontento diffuso tra le famiglie».

«Il calendario scolastico va cambiato»

Anche sul fronte della disuguaglianza, l’associazione lancia l’allarme: «Ci sono comuni virtuosi che riescono a coprire le esigenze delle famiglie, e altri meno. Le lunghe pause estive rischiano di accentuare il divario tra chi può permettersi attività educative e chi no, penalizzando soprattutto i bambini più vulnerabili. Il supporto familiare non è più quello di una volta. Ad esempio, i nonni lavorano di più o sono molto più anziani di un tempo, quindi subentrano problemi fisici». Quanto alla posizione che gli insegnanti non sono «animatori estivi», la presidente in rappresentanza delle famiglie replica: «È vero che l’insegnante non è un animatore. Ma è altrettanto vero che il suo ruolo non si limita a trasmettere contenuti: educare significa anche costruire relazioni, accompagnare nella crescita. Il problema esiste ed è complesso perché tocca diversi livelli: dall’edilizia scolastica spesso inadeguata, al contratto e la precarietà dei docenti, fino all’assenza di servizi accessibili per le famiglie. Il calendario scolastico va modificato per aiutare le famiglie, ma deve andare di pari passo a un cambiamento profondo del sistema, altrimenti rischia di essere insostenibile per chi la scuola la fa ogni giorno».

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