Perché hanno fatto a pezzi Alessandro Venier? I farmaci e quel trasloco in Colombia: «Così madre e moglie lo hanno ucciso»


Alessandro Venier voleva trasferirsi in Colombia con la moglie Mailyn e la figlioletta di sei mesi, lì dove aveva conosciuto la compagna 30enne. La destinazione, però, non era gradita né a lei né alla madre di lui, la 61enne Lorena Venier. Sarebbe questo il movente che ha spinto le due donne – entrambe ree confesse – a uccidere il 35enne la sera prima della partenza prevista per il 26 luglio. Poi, nel tentativo di nascondere il cadavere forse per sempre, lo avevano tagliato in tre parti con un’ascia e lo avevano immerso dentro la calce viva all’interno di un cassonetto nel garage della villetta di Gemona, in provincia di Udine.
Il dolore di Lorena Venier e il forte legame con Mailyn
A rivelare il movente dietro all’efferato omicidio è Il Messaggero Veneto. Secondo il quotidiano, Mailyn Castro Monsalvo non ne voleva sapere di tornare in Colombia. Lorena Venier invece viveva quella separazione con un grande dolore, perché avrebbe perso quella che lei stessa durante gli interrogatori ha definito «la figlia che non ho mai avuto». Con lei, avrebbe perso anche la nipotina appena nata. Due affetti da cui la 61enne, infermiera presso il Distretto sanitario della cittadina friulana, non avrebbe mai voluto separarsi.
Perché Alessandro Venier voleva andare in Colombia: l’amico lontano e il piccolo terreno di banani
Ma cosa attirava Alessandro Venier fino in Colombia? Secondo il racconto di alcune persone che conoscevano la coppia, il 35enne non aveva «affari precisi» in Sud America. Così come non ne aveva neanche in Italia, dato che – disoccupato come la moglie – se la cavava con qualche saltuario lavoretto di svuotamento cantine o trafficando residui bellici della Seconda guerra mondiale che trovava in zona. Era anche stato segnalato alle forze dell’ordine perché qualcuna di queste attività non sarebbe stata del tutto lecita. In Colombia, nelle idee di Alessandro Venier, la coppia avrebbe potuto trovare maggiore stabilità. Lì, secondo alcune voci che circolavano a Gemona, i due avevano un piccolo appezzamento di terra nella foresta per coltivare banane e una casetta. E nel Paese sudamericano già viveva un caro amico della vittima, che possiede una azienda agricola e con cui il 35enne già aveva lavorato.
Come è stato ucciso Alessandro Venier
Nessuna lite esplosiva, insomma. Da qui sarebbe maturata l’idea – condivisa ma non è ancora chiaro con quali responsabilità individuali – di impedire il trasferimento in Sud America togliendo di mezzo chi spingeva per quel cambio di vita. Dopo aver comprato la calce viva (elemento concreto a sostegno dell’aggravante di premeditazione), Mailyn e Lorena Venier avrebbero prima stordito il 35enne Alessando con una forte dose di farmaci. Poi lo avrebbero soffocato con un cordino, prima di infierire sul cadavere con un’ascia per poterlo inserire nel cassonetto e affogarlo nella calce, nascondendo così l’odore della decomposizione. Martedì 26 luglio, giorno della partenza per la Colombia, la 61enne si era presentata al lavoro. Come faceva sempre.