Segre spiega perché su Gaza non si deve usare la parola genocidio: «Troppo carica di odio e viene usata per vendetta»


«Se in Israele il problema è quello di arrestarsi sull’orlo dell’abisso, qui in Europa il problema è duplice: aiutare israeliani e palestinesi che in quell’abisso rischiano di sprofondare, ma al tempo stesso non far dilagare qui la barbarie culturale che un acritico arruolamento su uno o sull’altro dei due fronti più estremi sta producendo. Per questo mi sono sempre opposta e continuo ad oppormi a un uso del termine genocidio che non ha nulla di analitico, ma ha molto di vendicativo. E’ uno scrollarsi di dosso la responsabilita’ storica dell’Europa, inventando una sorta di contrappasso senza senso, un ribaltare sulle vittime del nazismo le colpe dell’Israele di oggi dipinto come nuovo nazismo». A dirlo è la senatrice a vita Liliana Segre in un passaggio della sua intervista a “La Repubblica”, dove commenta le parole dello scrittore israeliano David Grossman sulla Striscia di Gaza.
«Israele non è né l’erede né il rappresentante degli ebrei europei vittime della Shoah»
Per Segre quello di Grossman «è un ammonimento giusto, quando si arriva ad affamare una popolazione, per quanto le responsabilità siano condivise con Hamas, il rischio di arrivare all’indicibile esiste. Ed è veramente straziante per me vedere Israele sprofondato in un simile abominio con alcuni ministri fanatici che, con gli occhi fuori dalle orbite, gridano propositi di virulenta disumanità, oppure con gruppi di coloni che compiono vergognose azioni squadristiche ai danni di palestinesi inermi in Cisgiordania». Sul governo di Netanyahu dichiara: «Israele non è né l’erede né il rappresentante degli ebrei europei vittime della Shoah: non deve usare quello scudo per giustificare qualunque suo eccesso, ma non deve neanche essere usato come pretesto per tornare ad odiare il popolo ebraico e perfino le vittime di 80 anni fa». «Anche sullo Stato palestinese – conclude Segre – sono d’accordo con Grossman. Sono sempre stata a favore di ‘Due popoli, due Stati’. Le condizioni indicate dal presidente Macron sono lungimiranti e, se attuate, garantirebbero una convivenza pacifica dei due Stati uno accanto all’altro, non uno al posto dell’altro».