Francesca Albanese non ha più la spunta blu su X, la punizione di Elon Musk dopo le sanzioni Usa: «Un’intimidazione mafiosa»


Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati, ha perso il suo “blue check”, il segno che contraddistingue i profili verificati su X, dopo un’azione legale di Un Watch indirizzata direttamente a Elon Musk. Il badge di verifica, grazie al quale un profilo gode di maggiore visibilità, le è stato rimosso a seguito della sua inclusione nelle sanzioni statunitensi annunciate nei giorni scorsi. Secondo il direttore di Un Watch Hillel Neuer, si tratta di una «grande vittoria», motivata dal fatto che il simbolo di verifica avrebbe fornito ad Albanese «l’apparenza di credibilità e amplificazione algoritmica». Le sanzioni statunitensi, che entreranno in vigore l’8 agosto, sono state volute dal segretario di Stato Marco Rubio, e comportano il congelamento dei beni statunitensi della relatrice, il divieto d’ingresso negli Usa e l’interdizione da qualsiasi servizio o transazione da parte di cittadini o aziende americane.

«Le sanzioni Usa sono aberranti»
Nonostante le sanzioni Usa, o meglio proprio in solidarietà per il trattamento riservatole da Washington, Francesca Albanese ha ricevuto oggi, lunedì 4 agosto, le chiavi della città di Bari, in una cerimonia ufficiale al Teatro Piccinni. Il sindaco Vito Leccese ha definito il gesto «simbolico ma necessario», ribadendo il sostegno della città alla relatrice e criticando le sanzioni come un atto intimidatorio. Albanese ha replicato con toni duri: «Le sanzioni americane non sono simboliche. Sono tecniche di intimidazione mafiosa, ma io so come resistere: schiena dritta, testa alta». Durante il suo intervento, la relatrice ha denunciato la complicità del governo italiano nel non prendere posizione, chiedendo un risveglio collettivo contro quello che ha definito «genocidio», e ha sollecitato enti pubblici e privati a interrompere i rapporti con aziende e università legate a Israele.
La città divisa
Ma fuori dal teatro la città era divisa. Da un lato, i movimenti pro-Palestina sventolavano bandiere e gridavano «Palestina libera». Dall’altro, esponenti del centrodestra, tra cui consiglieri comunali di Fratelli d’Italia e Lega, manifestavano con cartelli «Non in mio nome», criticando il conferimento delle chiavi a una figura da loro definita «divisiva».