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Trump, la salamandra e i nuovi confini in Texas: cos’è il “gerrymandering” e come ridisegnare i collegi elettorali può cambiare le elezioni Usa

05 Agosto 2025 - 14:36 Filippo di Chio
texas trump gerrymandering
texas trump gerrymandering
Oltre 50 deputati democratici sono ricercati in Texas per essersi sottratti a un voto su un provvedimento pro-Trump. La mossa repubblicana, se approvata, potrebbe consegnare a Trump 5 seggi in più al Congresso. In gioco c’è l’equilibrio politico alle elezioni Midterm 2026

La battaglia politica negli Stati Uniti si gioca tutta sulle cartine geografiche. Basta spostare un confine distrettuale più a est o a ovest di qualche decina di metri per cambiare i rapporti di forza a Washington. È per questo che oltre 50 deputati democratici del Texas sono fuggiti dallo Stato per ritardare, o meglio per boicottare, il voto su un provvedimento che permetterebbe ai Repubblicani di ridisegnare la mappa dei collegi elettorali e guadagnare cinque seggi al Congresso durante le elezioni Midterm del 2026. Di fronte a un’aula semivuota – evidentemente il numero legale per la sessione non era stato raggiunto – la reazione del governatore Greg Abbott è stata furente: mandato di arresto per ogni legislatore democratico che non presenzi alle plenarie e multa da 500 dollari per ogni giorno di assenza. In tre settimane, lo stipendio annuo da 7.200 dollari sarà completamente prosciugato.

Cambiare i confini per vincere le elezioni: che cos’è il “gerrymandering”

Quando si tratta di spostare un confine elettorale, negli Usa si può parlare di due meccanismi. Ogni dieci anni, l’Ufficio del Censimento pubblica i dati demografici dettagliati (l’ultimo nel 2020). Entro due anni, ogni Stato è tenuto a studiare quei numeri e, se necessario, ridefinire i distretti elettorali per garantire che siano ugualmente popolati e rappresentativi della popolazione di quello Stato. Alla riorganizzazione distrettuale si affianca però una pratica del tutto identica, ma con scopi ben differenti: è il cosiddetto gerrymandering. Il termine, coniato nel 1812, mette insieme il nome dell’allora vicepresidente e governatore del Massachusetts Elbridge Gerry e la parola “salamandra”, dalla forma curvilinea e assolutamente non regolare che aveva dato a un nuovo distretto per garantire al suo partito una nuova vittoria elettorale.

Come funziona il “gerrymandering” e chi avvantaggia

Fin dalla sua origine il gerrymandering è stato individuato quindi come pratica politica partisan, che va a favorire un solo partito. Un vantaggio «sleale», perché sarà ovviamente il partito al governo in quel momento a poterlo attuare, però del tutto legale. Lo ha certificato nel 2019 la Corte Suprema, lavandosi completamente le mani dal tema e stabilendo che qualunque ricorso deve essere presentato al tribunale statale. La questione è «più politica che costituzionale», scrivevano i giudici. Dal 2020 in poi, allora, a destra e a manca si è fatto uso proprio di questo strumento per assicurarsi quei seggi in più che possono risultare decisivi in una battaglia sul filo del rasoio come quella per il Congresso. Le principali strategie sono due. Si può spaccare un gruppo di persone con le stesse caratteristiche – come il partito di riferimento – dividendole su più distretti e facendo perdere peso al loro voto: il cosiddetto cracking. O si può concentrare persone con le stesse caratteristiche in un numero piccolo di distretti, accettando lì la loro vittoria ma assicurandosi la fetta più importante: il cosiddetto packing.

gerrymander salamandra
Il distretto «a salamandra» nel Massachusetts
di Elbridge Gerry, disegnato nel gennaio 1812

Repubblicani e democratici: quando i seggi contraddicono la percentuale

Questo moderno divide et impera ha raccolto esempi illustri sia da parte repubblicana (Ohio, Florida, Wisconsin su tutti) che da parte democratica (Illinois, Maryland, Nevada e ora New York). Il meccanismo è molto semplice e permette talvolta di stravolgere il risultato percentuale delle elezioni, anche perché quella per il Congresso è una battaglia che si gioca distretto per distretto all’interno di ogni Stato. Nel 2024 in Ohio, ad esempio, Donald Trump ha vinto con il 55% dei voti. Sui 15 rappresentanti dello Stato, ne ha vinti 11: pari al 73,3%. Al contrario nel New Jersey, Kamala Harris l’aveva spuntata per 260mila voti (52%) ma i democratici avevano guadagnato 8 seggi su 11 in gioco. Allora perché tutta questa indignazione per il Texas?

Il caso «speciale» del Texas e la richiesta diretta di Trump

La rielaborazione dei distretti elettorali nel Texas è un fuoriprogramma: si tratta infatti di un provvedimento speciale che segue di soli tre anni gli aggiustamenti fatti nel 2022 a seguito dell’ultimo censimento decennale. Dietro a tutto ci sarebbe lo stesso Trump, consapevole che storicamente le elezioni di metà mandato penalizzano il partito in carica e – spesso e volentieri – lo condannano a perdere il controllo di almeno uno dei due rami del Congresso. Dando il via a una battaglia politica dissanguante per ogni singolo provvedimento che debba passare dal Campidoglio: non una prospettiva gradita a Trump. È per questo che il tycoon ha chiesto ad alcuni governatori repubblicani, tra cui quelli della Florida, Indiana e Missouri, di sbizzarrirsi con il gerrymandering. Al momento solo il Texas ha risposto presente, rendendosi disponibile a una misura straordinaria.

texas trump distretti
I cambiamenti dei confini distrettuali nel Texas garantirebbero un guadagno netto a Trump di almeno 5 seggi per il Congresso (Fonte: Nyt)

Il provvedimento texano per guadagnare cinque seggi «sicuri»

L’impatto sulla Camera dei rappresentanti sarebbe notevole. Al momento il Partito repubblicano ha un vantaggio risicato di 219 seggi a 212, la maggioranza è fissata a 218 dei 435 deputati complessivi. Insomma, bastano due piccoli intoppi per trovarsi di fronte un ostacolo non da poco nel grande progetto trumpiano di riforma. Per questo il tycoon ha chiesto al governatore texano Abbott cinque piccoli cambiamenti distrettuali, che andrebbero però a strappare tre distretti dal controllo dei democratici e due distretti contesi virerebbero decisamente verso i repubblicani: da 25 seggi «sicuri» al Congresso, il Grand Old Party passerebbe a 30. Per provare a fermare questo provvedimento, oltre 50 deputati statali democratici hanno abdicato alla plenaria e sono fuggiti tra Illinois e New York.

La minaccia (vuota) dell’arresto e la dichiarazione di guerra di New York

L’esodo è stato accolto duramente dai repubblicani, che capitanati dal loro governatore hanno dato mandato alla polizia statale di rintracciare e arrestare tutti gli assenti. Peccato che, dal momento che i deputati hanno varcato i confini, non sono più sotto la giurisdizione di Austin. Per questo il governo centrale ha rincarato la dose minacciando una salatissima multa da 500 dollari per ogni giorno di assenza, a cui il procuratore ha aggiunto una postilla: se le ammende saranno pagate grazie a finanziamenti esterni, i rappresentanti saranno accusati di corruzione. In tutta risposta, il democratico Stato di New York si è detto disponibile a rispondere al Texas con un suo programma di gerrymandering, scavalcando la Costituzione statale che impone di affidare le modiifiche distrettuali a un ente terzo e imparziale. A più di un anno dalle elezioni Midterm, dove Senato e Camera dei rappresentanti prenderanno una nuova forma, sembra tutto pronto per una battaglia politica. O meglio, geografica.

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