Argentino suicida in carcere, i segnali ignorati. L’avvocato: «Mi hanno negato una perizia psichiatrica: c’è un solo responsabile»


«Una storia di cui si supponeva già il finale». L’avvocato Giuseppe Cultrera, legale di Stefano Argentino, il 27enne di Noto accusato del femminicidio di Sara Campanella e trovato oggi suicida in carcere a Messina, non usa mezzi termini per commentare quanto accaduto: «Sara è stata uccisa, Stefano si è tolto la vita e l’unica responsabilità è da attribuire allo Stato», ha dichiarato. Il legale aveva chiesto una perizia psichiatrica, convinto della fragilità psicologica del giovane e dei segnali di sofferenza manifestati fin dall’arresto: «Avevo compreso Stefano e i suoi problemi… mi ero fatto portavoce degli stessi fuori dal carcere e il gip me l’ha negata. Avrebbe potuto salvare almeno una delle due vite, invece lo Stato dovrà sentirsi responsabile del misfatto». Conclude l’avvocato: «Auspico che le due famiglie, accomunate da un immane dolore di un destino avverso, possano trovare la pace terrena in un abbraccio silenzioso, antefatto ed epilogo di un qualcosa che non sarebbe mai dovuto succedere e che avrebbe potuto essere evitato».
Il sindacato di polizia penitenziaria: «Una tragedia annunciata»
Sulla morte di Stefano Argentino è intervenuto anche il sindacato della polizia penitenziaria che, analogamente all’avvocato Cultrera, ha parlato di «una tragedia annunciata». Argentino era stato inizialmente sottoposto a sorveglianza speciale a causa di manifestazioni suicidarie nelle prime settimane di detenzione. Ma, secondo quanto riferito da fonti sindacali, 15 giorni fa era stato riportato in regime ordinario, dopo che psicologi e operatori avevano riscontrato un apparente miglioramento del suo stato psichico. «Non è la prima volta che accade – ha commentato Aldo Di Giacomo, segretario del sindacato – le prime settimane di detenzione, specie per giovani rei confessi di reati di sangue, sono le più a rischio. Argentino aveva bisogno di controllo costante».
51 suicidi in carcere nel 2025
Con la morte di Argentino, i suicidi in carcere nel 2025 salgono a 51. «Una media di un suicidio ogni quattro giorni», denuncia Di Giacomo, che punta il dito contro sovraffollamento, carenze nell’assistenza psicologica e sanitaria, e il «flop» delle misure governative: «Il carcere non può diventare luogo di morte e non può rinunciare al compito di espiazione di pena. Purtroppo tutto questo accade nel silenzio di ministero e governo. L’ultima trovata del ministro Nordio di istituire una task force per i suicidi si è rivelata un flop». Secondo il sindacato, i fondi promessi per costruire celle-container sarebbero uno spreco, «oltre 80 milioni per appena 380 posti-cella, che corrisponde più o meno al numero di ingressi in carcere di nuovi detenuti ogni mese. Il problema resterà, soprattutto laddove il sovraffollamento supera il 130%».