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Afghanistan, oltre 1.400 morti nel terremoto: «Case distrutte e ospedali al collasso, non ci abbandonate» – Le testimonianze

02 Settembre 2025 - 17:59 Alessandra Mancini
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Una nuova scossa di magnitudo 5.2 ha aggravato la crisi. «Stiamo ancora cercando di raggiungere villaggi completamente isolati», dicono a Open i soccorritori

A 48 ore dal devastante terremoto che ha causato oltre 1.400 morti e migliaia di feriti nell’Afghanistan orientale, un secondo sisma, di magnitudo 5.2, ha colpito nuovamente la regione già duramente provata. La nuova scossa, di magnitudo 5.2, è stata registrata nelle prime ore del mattino con epicentro localizzato a 34 km a nord-est di Jalalabad a una profondità di 10 chilometri, hanno riferito i sismologi americani. Dal 31 agosto, giorno della prima scossa, le operazioni di soccorso nelle province più colpite – Kunar, Laghman e Nangarhar – non si sono mai fermate. «Molte famiglie sono rimaste senza casa, gli ospedali sono al collasso. Mancano rifugi, cibo, acqua potabile e assistenza medica», dice a Open Afrhill della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa afghana, che sta operando nei territori colpiti dal sisma.

Le difficoltà che stanno riscontrando i soccorsi

EPA/STRINGER

Le poche immagini finora diffuse mostrano villaggi di montagna rasi al suolo, con case in mattoni crudi o pietra crollate su sé stesse, completamente distrutte dalla prima scossa. La provincia di Kunar, una delle aree più povere e remote del Paese, risulta finora la più colpita, con il numero delle vittime in costante aumento. «Certamente i numeri cresceranno – ha detto Indrika Ratwatte, coordinatore umanitario Onu in Afghanistan – Non c’è dubbio che il tasso delle vittime sarà esponenziale». Il bilancio, infatti, resta provvisorio, anche a causa delle enormi difficoltà che i soccorritori stanno affrontando sul campo. «Stiamo cercando di raggiungere villaggi completamente isolati da cedimenti che hanno seppellito le strade», ha confermato Ehsanullah Ehsan, responsabile dell’Autorità per la Gestione dei Disastri della provincia di Kunar. Le condizioni del terreno e l’assenza di infrastrutture adeguate stanno rallentando l’arrivo degli aiuti nelle zone più colpite.

Una crisi nella crisi

Il sisma ha aggravato ulteriormente una situazione sanitaria già critica. In molte zone colpite, l’accesso a cure mediche era già compromesso. «Le strutture ospedaliere di Nangarhar e Kunar sono attualmente sovraccariche, incapaci di far fronte all’enorme afflusso di feriti – ci dice Afrhill  . Sono state dispiegate squadre specializzate in supporto psicosociale per assistere le famiglie in lutto, con particolare attenzione alle donne in gravidanza e ai bambini, tra i più vulnerabili». L’Afghanistan è uno dei Paesi più poveri del mondo, e il terremoto ha colpito una regione dove la crisi umanitaria era già in atto da tempo. «Nelle 2 strutture sanitarie, funzionanti già a pieno regime prima del terremoto, abbiamo visto molti pazienti curati nei corridoi e operatori sanitari che necessitano di forniture mediche. La risposta umanitaria deve essere intensificata con urgenza», dichiara il dr. Fazal Hadi, vice coordinatore medico di Medici senza frontiere. La complessità geografica del territorio rende ancora più difficile l’accesso a servizi essenziali, aggravando le condizioni di vita di migliaia di persone. A tutto ciò si aggiunge la situazione politica del Paese: le autorità talebane, al potere dal 2021 dopo il ritiro del contingente internazionale a guida statunitense, sono riconosciute ufficialmente solo da Mosca, rendendo più complesso il coordinamento degli aiuti internazionali.

L’appello alla comunità internazionale

EPA/STRINGER

A rispondere all’emergenza sono state per il momento, Iran, India, Giappone e Unione Europea, che donerà un milione di euro in aiuti umanitari e 130 tonnellate di aiuti in beni di prima necessità. Un messaggio di cordoglio è arrivato anche dal presidente della Repubblica italiano, Sergio Mattarella, che ha espresso vicinanza alle famiglie di quanti hanno perso la vita, feriti e dispersi. «L’Afghanistan non può essere dimenticato. Anche per questo facciamo appello alla comunità internazionale affinché si schieri al fianco del popolo e sostenga le azioni umanitarie per salvarci la vita», conclude Afrhill.

Foto copertina: ANSA / STRINGER

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