Francia, l’ora X per il governo Bayrou e per Macron: «È lui il problema. Va cacciato»


L’ora X è arrivata. Oggi, lunedì 8 settembre, François Bayrou salirà sul podio dell’Assemblea Nazionale per affrontare un voto di fiducia. Sarà il primo capo di governo della Quinta Repubblica a doverlo fare, spiega oggi l’agenzia France Press, proprio mentre tutti gli occhi sono di nuovo puntati su Emmanuel Macron. Le president cerca il suo terzo primo ministro dal voto per l’Assemblea Nazionale dopo il suo scioglimento. Intanto, a quarantott’ore dalla protesta che promette di paralizzare la Francia per un giorno, il movimento «Bloquons tout» sta monopolizzando il dibattito pubblico. E in Francia c’è chi dice chiaramente che il problema è proprio Macron. E che solo con un cambio all’Eliseo il paese ritroverà la sua stabilità politica.
Il voto di fiducia per Bayrou
L’appuntamento è per le 15 a Parigi. E il verdetto è annunciato, a meno di grandi sorprese nel voto previsto per stasera. Di fronte ai veti incrociati a sinistra e a destra, Bayrou sa che la fine del suo mandato è imminente. Tanto da aver già salutato i suoi ministri in un «momento conviviale» a Matignon. Il primo ministro lavora da diversi giorni al suo discorso. Nel quale punterà sul sovraindebitamento, che ai suoi occhi rende necessaria una manovra da 44 miliardi di euro per il 2026. Una manovra molto rischiosa e un suicidio politico, secondo l’ex presidente Sarcozy. Il suo mandato è segnato anche dal tentativo di riformare le pensioni e dall’affaire Bétharram. Le trattative per la sostituzione sono già in pieno svolgimento. Mentre all’orizzonte si stagliano anche le proteste sindacali annunciate per il 18 settembre e il giudizio sul debito in arrivo da Fitch.
Olivier Faure è pronto
Nella corsa alla successione i socialisti lanciano Olivier Faure, che si è detto pronto per Matignon. Ma intanto respinge anche l’idea di un governo con un macronisti. E questo complica la partita. Il leader dei Repubblicani Bruno Retailleau, che auspica lo sviluppo di un “accordo di governo”, ha avvertito che è un premier socialista è fuori questione. Secondo un caro amico del presidente citato da Afp è possibile che Macron nomini prima un premier per negoziare un contratto di governo, poi procederà alle nomine dei ministri. Tra i nomi Sébastien Lecornu (Forze Armate), Gérald Darmanin (Giustizia), Catherine Vautrin (Lavoro e Salute), Eric Lombard (Economia), il presidente del LR dell’Alta Francia Xavier Bertrand, l’ex capo della diplomazia ed ex socialista Jean-Yves Le Drian.
Le Pen
Naturalmente il Rassemblement National di Marine Le Pen invece spinge per lo scioglimento e per nuove elezioni legislative. Le Pen è anche in attesa di conoscere la data del processo d’appello nel caso degli assistenti parlamentari che l’ha portata all’ineleggibilità. La France Insoumise, da parte sua, chiede le dimissioni di Macron. E Jean-Philippe Derosier, costituzionalista e professore di diritto pubblico all’università di Lille, dice oggi a Repubblica che la causa della crisi politica è proprio il presidente. E che la soluzione «arriverà solo quando ci sarà un cambio all’Eliseo».
Secondo il professore «Macron è all’origine di questa situazione, per le modalità con cui è arrivato al potere e soprattutto per il modo in cui lo esercita. E’ stato eletto due volte perché al secondo turno aveva di fronte Marine Le Pen, risultando quindi democraticamente vincitore, e ma politicamente sconfitto. Ma poi ha governato come se potesse applicare integralmente il suo programma, non tenendo conto della diversità dei voti che ha ricevuto».
Il problema Macron
E quindi, ragiona Derosier, il Capo dello Stato ha pochi margini: «Sono convinto che la soluzione arriverà solo quando uscirà di scena. Ma attenzione: eventuali dimissioni non risolverebbero nulla, anzi: aumenterebbe il caos. L’elezione presidenziale è un momento strutturante della vita politica francese, non può essere improvvisata. Quindi spero che si svolgerà come previsto nel 2027. È possibile che Macron voglia tentare di nominare un nuovo primo ministro, ma temo che qualsiasi nome sarà bocciato in questo Parlamento frammentato. L’unica soluzione che vedo è lo scioglimento dell’Assemblea e nuove elezioni legislative. Non sono sicuro che ci sarebbe un risultato netto ma almeno permetterebbe di provare a costruire una coalizione. Aggiungo una preoccupazione sul calendario elettorale».
Il problema del calendario
Ovvero: «Secondo la Costituzione, il presidente deve aspettare almeno 12 mesi tra una dissoluzione e l’altra. Questo significa che se Macron indice nuove elezioni legislative dopo la primavera 2026 costringerà il suo successore eletto nell’aprile 2027 a governare con l’Assemblea precedentemente eletta. C’è un dibattito tra costituzionalisti per capire se ci sarebbero modi di aggirare questo ostacolo, ma sarebbe auspicabile non trovarci in questa situazione».
La soluzione alla belga
Derosier dice che la deriva belga è alle porte: «Sembra che il capo dello Stato punti a nominare un altro premier. Resto dell’idea che sarà una soluzione transitoria. Potremmo quindi scivolare verso una situazione “alla belga”: qualcuno incaricato di formare un governo che, dopo qualche settimane, deve prendere atto dell’impasse». E c’è un altro problema concreto: «Secondo la Costituzione, un governo dimissionario può far passare una legge di bilancio solo in condizioni di assoluta urgenza, adottando una legge speciale. Se l’instabilità proseguirà fino a dicembre, potremmo ritrovarci con una legge speciale per approvare la Finanziaria, come già avvenuto l’anno scorso».
«Bloquons tout»
Ma c’è anche un altro pericolo alle porte. Quello del movimento «Bloquons tout». La data fissata per la protesta è il 10 settembre, è c’è chi dice che il voto dell’assemblea sia stato fissato proprio per anticiparla. A lanciare l’idea una 40enne del sud della Francia in un appello su TikTok letto con voce creata dall’Intelligenza Artificiale. «Niente lavoro, niente metro, niente acquisti: provochiamo un blackout generalizzato del Paese. Come fossimo in epoca Covid: ma stavolta, il virus da debellare sono le diseguaglianze e le ingiustizie del potere», è il lancio.
La protesta
La protesta è dilagata in meno di due mesi da Instagram a Facebook fino a X e Telegram. È nato il sito Indignons-nous. La protesta parte dal piano di Bayrou per la sua legge di bilancio da 43,8 miliardi di tagli, ma il vero bersaglio è sempre Macron. Secondo la Fondazione Jean Jaurès, che ha analizzato la provenienza politica di chi oggi protesta, il 69 per cento di chi si è avvicinato aveva votato il leader de La France insoumise, Jean-Luc Mélenchon, alle ultime presidenziali. Proprio Mélenchon ha sposato la causa. Insieem a ecologisti, comunisti, socialisti e sindacati come la Cgt. Secondo i sondaggi già il 63 per cento dei francesi si trova d’accordo col movimento. Per lo meno su un punto: cacciare Macron.