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Chi ha l’Irpef più cara nelle regioni: Lazio e Campania ai vertici

08 Settembre 2025 - 10:04 Alba Romano
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Negli ultimi anni, l'intervento delle amministrazioni ha avuto la tendenza a ritoccare la tassa al rialzo. Il caso degli enti a statuto speciale

Per un lavoratore con 35mila euro di reddito, il conto dell’addizionale regionale all’Irpef può quasi raddoppiare a seconda della residenza. Nel 2025, nel Lazio la cifra arriva a 926 euro, in Campania a 868. In regioni come Veneto, Basilicata o nelle autonomie speciali (esclusa Bolzano, che azzera l’imposta con una detrazione), la richiesta si ferma invece a 431 euro, come riporta Il Sole 24Ore. Nella maggior parte degli altri territori il prelievo oscilla tra i 500 e i 700 euro.

L’Irpef: cos’è e quanto vale

L’Irpef è l’imposta dovuta dalle persone fisiche per il possesso di redditi: fondiari, cioè dei fabbricati e dei terreni, di capitale e di lavoro dipendente. Nel 2024 ha portato nelle casse locali 15,1 miliardi di euro, con un aumento dell’8,6% rispetto all’anno precedente. L’importo medio pagato dai contribuenti è stato di 476 euro. A versarla sono stati quasi 32 milioni di persone, circa il 75% del totale dei contribuenti. Restano esclusi, ad esempio, oltre 2 milioni di partite Iva in regime forfettario, salvo che abbiano altri redditi imponibili. Quasi tutte le Regioni continuano a usare quattro scaglioni di reddito, nonostante la riforma nazionale abbia ridotto a tre le fasce Irpef. La legge di bilancio consente fino al 2027 di mantenere le vecchie aliquote. Solo Abruzzo, Liguria e provincia di Bolzano hanno già recepito la nuova struttura. Diverso il caso di Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta e Veneto, che applicano un’aliquota unica, uguale per tutti.

Il caso del Piemonte: una via di mezzo

Il Piemonte ha scelto una via intermedia, con una manovra che porterà rialzi fino al 2027 e poi, dal 2028, il passaggio a tre scaglioni con un’aliquota più bassa sull’intervallo fino a 28mila euro. Nel frattempo, però, per i redditi medi ci saranno aumenti: dal 2,13 al 2,68% per chi dichiara tra 15mila e 28mila euro, e dal 2,75 al 3,31% per chi supera questa soglia. Le differenze tra territori si riflettono sui contribuenti-tipo. Per un pensionato con 15mila euro annui, il divario massimo si aggira sui 150 euro. Per un imprenditore con 25mila euro, può arrivare a 250 euro, escludendo i casi particolari delle province autonome. Ma il vero scalino si vede sui redditi più alti. Un manager con 70mila euro paga oltre 2mila euro nel Lazio, circa 1.950 in Campania e Umbria, 1.850 in Molise. Nelle altre regioni si delineano due fasce: poco sopra i 1.700 euro oppure intorno ai mille euro.

Gli interventi delle regioni negli ultimi anni

Negli ultimi anni gli interventi regionali hanno quasi sempre comportato ritocchi verso l’alto, con qualche eccezione sulle fasce più basse. La Toscana nel 2024 ha aumentato le aliquote superiori, così come la Liguria, che però ha alleggerito la pressione sui redditi fino a 28mila euro. In Emilia Romagna i rincari scatteranno dal 2025 sui redditi oltre i 28mila euro, mentre l’Umbria ha introdotto incrementi già dai 15mila. La tendenza, soprattutto nelle regioni più alle prese con i conti della sanità, sembra quella di fissare una soglia critica a 28mila euro: oltre questo livello quasi tutti finiscono nel prelievo massimo, con aliquote che si avvicinano al 3%.

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