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Genocidio sì o no? Il Parlamento Ue si spacca su Gaza, risoluzione in bilico. Lucia Annunziata (Pd): «Servono parole chiare»

09 Settembre 2025 - 14:17 Gianluca Brambilla
Roberta Metsola Ursula Von der Leyen Ue
Roberta Metsola Ursula Von der Leyen Ue
A due giorni dal voto non c'è ancora intesa sul documento tra i diversi gruppi politici. La discussione in aula (semideserta)

Da Strasburgo – Ci sono voluti quasi due anni affinché il Parlamento europeo votasse una risoluzione su Gaza e in questi giorni si è capito finalmente il perché: se il conflitto tra Russia e Ucraina è sempre riuscito a compattare in larga parte le diverse sensibilità dell’atipica maggioranza che sostiene il «governo» Ue di Ursula von der Leyen, sul Medio Oriente tutto pare drammaticamente più difficile. Giovedì 11 settembre, l’Eurocamera voterà un documento sull’«azione dell’Ue a Gaza per contrastare la carestia, la necessità urgente di liberare gli ostaggi e avanzare verso la soluzione a due Stati». Ma perché il testo venga approvato occorre che i diversi gruppi politici raggiungano un compromesso. E ad oggi, quel compromesso appare ancora molto lontano.

La definizione che tiene in stallo i negoziati

All’origine di buona parte dei dissapori c’è soprattutto una parola: genocidio. Secondo i politici progressisti e di sinistra, è quello il termine più adatto per descrivere ciò che l’esercito israeliano sta compiendo nell’enclave palestinese tramite le sue azioni militari. Secondo il Partito popolare europeo, si tratta invece di una definizione inappropriata e inutilmente divisiva. «Su Gaza dobbiamo trovare un approccio comune. Non aiuta discutere se usare la parola “genocidio” oppure no. Questo ci divide e dobbiamo smettere di portare avanti questo dibattito», ha detto Manfred Weber, leader del Ppe, in conferenza stampa a Strasburgo, dove è in corso la sessione plenaria del Parlamento europeo.

A rispondergli, più o meno direttamente, è Iratxe Garcia Perez, leader dei Socialisti, il secondo gruppo politico più numeroso dell’assemblea Ue. «Quello che sta accadendo a Gaza è un massacro, è un genocidio. Se ci sono problemi con il modo in cui lo chiamiamo, negozieremo. Sono disposta a negoziare», precisa la politica spagnola. Insomma, i socialisti potrebbero votare anche a favore di un documento che non contiene la parola “genocidio”. Ma ci sono altri punti su cui non sono intenzionati a scendere a compromessi: «Quello che non sono disposta a fare è accettare una risoluzione vuota e che dice la stessa cosa che abbiamo sentito dai leader del Partito Popolare europeo negli ultimi mesi, ovvero niente». García Perez si rivolge quindi a Ursula von der Leyen – che mercoledì pronuncerà il suo discorso sullo stato dell’Unione – affinché «interrompa il suo silenzio su Gaza» e non diventi complice «di un governo israeliano che sta uccidendo decine di migliaia di persone».

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EPA/Ronald Wittek | Iratxe Garcia Perez, leader del gruppo dei Socialisti Ue

L’aula semi-deserta durante il dibattito a Strasburgo

La questione palestinese, insomma, agita la politica europea. Ma le trattative sulla risoluzione sembrano procedere soprattutto dietro le quinte e ai piani alti del Parlamento europeo. Al punto che nel dibattito di oggi, che anticipa il voto di giovedì sulla risoluzione, la stragrande maggioranza degli scranni nell’emiciclo era vuota. «A differenza dell’Ucraina, la catastrofe umanitaria a Gaza sta mettendo a dura prova la determinazione dell’Europa, perché non siamo uniti», ha detto l’Alta rappresentante Ue, Kaja Kallas, parlando a un’aula semideserta. L’ex premier estone non ha mai nascosto le divisioni delle istituzioni Ue su Gaza e, più in particolare, sulla necessità o meno di imporre sanzioni nei confronti del governo israeliano, o perlomeno di alcuni dei suoi rappresentanti più estremisti. «Le nostre opzioni per ulteriori azioni sono chiare e rimangono sul tavolo, ma gli Stati membri non sono d’accordo su come convincere il governo israeliano a cambiare rotta», ha ammesso Kallas nel suo intervento a Strasburgo.

Sanzioni, embargo sulle armi: le richieste della sinistra radicale

A guidare la linea più oltranzista sulla risoluzione per Gaza è la sinistra di The Left, che da diversi mesi chiedeva di mettere all’ordine del giorno il voto di una risoluzione su ciò che sta accadendo nell’enclave palestinese. «È il peggior massacro compiuto in questo millennio», ha tuonato la francese Manon Aubry durante una conferenza stampa. Per il suo gruppo politico, a cui per l’Italia aderiscono Sinistra Italiana e il Movimento 5 stelle, è fondamentale che il documento finale condanni fermamente le azioni militari dell’esercito israeliano e impegnino l’Ue a ricorrere a tutti gli strumenti di cui dispone per esercitare pressioni su Tel Aviv: embargo sulla vendita di armi, sanzioni per il governo e sospensione dell’accordo commerciale Ue-Israele. Più tiepida, ma altrettanto ferma, la posizione dei Verdi, con il co-presidente Bas Eickhout che aggiunge: «Quando parliamo della nostra credibilità internazionale sulla situazione a Gaza non vediamo la leadership dell’Unione europea. Questa Commissione può fare di più e dovrebbe fare di più».

Hamas e ostaggi: le priorità del centrodestra

Se a sinistra si chiede di inserire nella risoluzione una condanna inequivocabile dell’azione militare israeliana, a destra si apprezza l’atteggiamento più prudente della Commissione europea e si chiede di dare priorità all’appello per il rilascio degli ostaggi e alla condanna di Hamas. «La Spagna ha approvato misure che, invece di favorire la pace, alimentano l’instabilità nella regione», ha denunciato in aula l’eurodeputato del Ppe Antonio López-Istúriz White, in riferimento alla dura presa di posizione di Pedro Sánchez. Ancora più tranchant il giudizio dell’eurodeputato António Tânger Corrêa, del partito portoghese di estrema destra Chega: «Hamas è un’organizzazione terroristica. Chiunque la aiuta dovrebbe essere considerato un facilitatore del terrorismo».

Il compromesso resta lontano

Le posizioni di partenza, insomma, sono molto diverse. E non è affatto scontato che i diversi gruppi politici riusciranno a trovare un compromesso sulla risoluzione che andrà al voto giovedì mattina. A fare da ago della bilancia saranno con ogni probabilità i socialisti. «Il nostro gruppo è responsabile. Senza di noi è impossibile ottenere una maggioranza europea, quindi le nostre idee e le nostre richieste devono essere ascoltate», ha precisato la leader García Pérez. All’interno della sua famiglia politica, però, c’è chi – come l’italiana Lucia Annunziata – non sembra affatto intenzionato ad annacquare troppo il documento finale da sottoporre al voto, anche a costo di non approvare alcuna risoluzione: «La pace si fa anche facendo chiarezza. Il punto che ci divide – ribadisce la giornalista divenuta eurodeputata – è quello del genocidio, anche se pur non usando questa parola non cambierebbero i fatti. Come S&D abbiamo deciso di pronunciare questa parola. E se per uscire dall’impasse in cui siamo dobbiamo oggi dividerci sul genocidio, dividiamoci pure».

gaza risoluzione ue
EPA/Haitham Imad | Palestinesi in fuga dopo un bombardamento israeliano contro edifici residenziali di Gaza City, 8 settembre 2025

Foto copertina: EPA/Ronald Wittek | L’alta rappresentante per la politica estera Ue, Kaja Kallas

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