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La teoria infondata della “false flag” ucraina e i falsi droni russi in Polonia

15 Settembre 2025 - 09:09 Fabio Verrecchia
I droni abbattuti in Polonia corrispondono a componenti russi documentati

Alcuni post diffusi su Facebook sostengono che l’attacco con droni sul territorio polacco non sarebbe opera della Russia, ma una provocazione organizzata da Kiev. Secondo questa narrativa, l’Ucraina avrebbe assemblato copie dei droni russi Geran-2 con frammenti originali raccolti sul proprio territorio, per mascherare un finto attacco russo e spingere la NATO a un maggiore coinvolgimento nel conflitto.

Per chi ha fretta:

  • Post su Facebook e Telegram sostengono falsamente che l’Ucraina avrebbe lanciato droni “copie” dei Geran‑2 sulla Polonia. L’obiettivo della propaganda russa è suggerire un “false flag” ucraino per delegittimare Kiev e assolvere il Cremlino.
  • Assemblare copie ucraine identiche sarebbe logisticamente complesso e non documentato.
  • Alcuni esperti hanno analizzato fusoliera, motori, sistemi di guida e numeri di serie per identificarne l’origine. I droni abbattuti in Polonia corrispondono a componenti russi documentati.

Analisi

I post che circolano su Facebook presentano tutti lo stesso testo, con ogni probabilità frutto di un copia-incolla. In un caso viene anche indicata la fonte originale, che rimanda a un canale di propaganda russa su Telegram dal nome eloquente: “Madre Russia”.

Visitando il canale Telegram citato, si riscontra che il contenuto è identico a quello dei vari post su Facebook, confermando che si tratta di un messaggio diffuso a catena di Sant’Antonio, copiato e rilanciato senza alcuna verifica.

Cosa dicono le autorità polacche e la NATO

Nella notte tra il 9 e il 10 settembre 2025, la Polonia ha abbattuto diversi droni entrati nel proprio spazio aereo, mentre la Russia colpiva contemporaneamente obiettivi a Leopoli, in Ucraina. Alcuni frammenti dei droni sono caduti sul territorio polacco, causando danni a edifici residenziali, tra cui una casa nel villaggio di Wyryki-Wola, nella regione di Lublino, fortunatamente senza provocare feriti.

In risposta immediata all’incidente, Varsavia ha convocato d’urgenza i partner della NATO attivando l’Articolo 4, che prevede consultazioni tra gli alleati in caso di percepita minaccia alla sicurezza di uno Stato membro. L’attivazione di questo articolo non significa automaticamente un intervento militare, ma costituisce un meccanismo di allerta e coordinamento politico-militare tra gli alleati. Le autorità polacche e le fonti giornalistiche internazionali, tra cui Reuters, hanno confermato che i droni abbattuti erano parte di un attacco russo diretto contro obiettivi in Ucraina e non vi sono evidenze di alcun coinvolgimento ucraino nell’incursione sul territorio polacco. Il ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski ha chiarito la posizione di Varsavia: «La valutazione delle forze aeree polacche e della NATO è che non si siano allontanati dalla rotta, ma siano stati deliberatamente presi di mira».

In altre parole, secondo le analisi militari, non si è trattato di un errore tecnico o di una deviazione accidentale, bensì di un’azione intenzionale. L’incidente ha sottolineato la prontezza e la cooperazione della NATO nella sorveglianza dello spazio aereo dei suoi membri e nella gestione di possibili escalation lungo i confini orientali dell’Alleanza.

La narrativa del “false flag ucraino”

I post oggetto della nostra analisi sostengono che Kiev avrebbe approfittato degli attacchi russi a Leopoli per lanciare suoi droni falsi, identici ai Geran-2, con lo scopo di provocare Varsavia e ingannare gli alleati.
In realtà, questa è una classica operazione di propaganda. Come segnala il portale ucraino Antikor.ua, la Federazione Russa sta diffondendo attivamente la tesi della “provocazione ucraina” per scaricare la responsabilità dell’accaduto. Anche il Center for Countering Disinformation di Kiev ha bollato questa narrativa come una tipica strategia di Mosca: insinuare il dubbio e minare la fiducia tra Ucraina e partner occidentali. Tuttavia, poiché le dichiarazioni provenienti dalle autorità ucraine potrebbero essere percepite come parziali, esaminiamo la questione da un punto di vista obiettivo e basato su fatti verificabili.

Analisi tecnico-militare

Il Geran-2, conosciuto anche come Gerbera, è un drone di fabbricazione russa derivato dal modello iraniano Shahed-136. È impiegato soprattutto come munizione “loitering”, progettata per sorvolare un’area e colpire obiettivi a terra. Il velivolo presenta caratteristiche facilmente riconoscibili, sia nella fusoliera che nei sistemi elettronici di navigazione, equipaggiati con sensori GNSS, schede di controllo e componenti di comunicazione. Sono proprio tali dettagli a permettere di distinguere un drone russo da eventuali imitazioni. Si tratta di un mezzo relativamente economico ma con una lunga autonomia.

Secondo l’intelligence ucraina, viene realizzato con materiali leggeri come compensato e schiuma e assemblato nel grande stabilimento russo di Yelabuga. Ha un’apertura alare di 2,5 metri, un peso di circa 18 kg, una velocità massima di 160 km/h e un’autonomia operativa che può arrivare a 600 km. È spinto da un piccolo motore posteriore che muove un’elica di legno. Sempre secondo Kiev, i droni verrebbero montati in Russia utilizzando kit forniti dall’azienda cinese Skywalker Technology, e nelle analisi sono stati trovati anche componenti elettronici prodotti da aziende occidentali, nonostante le restrizioni sull’export di tecnologie a duplice uso verso Mosca. Le ipotesi secondo cui l’Ucraina avrebbe prodotto copie del Geran-2 a partire da frammenti recuperati sono altamente improbabili. Riprodurre fedelmente un drone kamikaze richiede accesso a materiali specifici, componenti elettronici avanzati e competenze tecniche specializzate, risorse che non risultano disponibili a Kiev. Inoltre, il lancio di droni “falsi” nei pressi della frontiera comporterebbe rischi enormi per il personale e la concreta possibilità di intercettazioni da parte delle difese aeree polacche e NATO.

I droni abbattuti in Polonia sono stati sottoposti ad analisi approfondite. Esperti indipendenti della BBC hanno esaminato motori, fusoliere, sistemi di guida, codici di produzione e firmware, confrontandoli con database di modelli già conosciuti. Tutti i reperti corrispondono a componenti tipici dei Geran-2 russi, confermandone l’origine. Il comportamento dei velivoli (traiettoria, tempistica e sincronizzazione con gli attacchi russi su Leopoli) rafforza l’ipotesi di un’operazione orchestrata da Mosca, e non di una provocazione da parte di Kiev. Le analisi sui relitti hanno inoltre rivelato che alcune unità recuperate in Polonia erano equipaggiate con serbatoi aggiuntivi (uno collocato nel muso oltre a quello standard in coda).

Questa modifica, non prevista nella configurazione base, aumenta la gittata del drone e spiega come sia riuscito a raggiungere il territorio polacco passando per la Bielorussia. Il quadro si collega anche ad altri episodi nella regione. A luglio 2025, un drone identificato come Gerbera era entrato nello spazio aereo lituano, e un altro velivolo proveniente dalla Bielorussia è stato recuperato con un ordigno esplosivo a bordo, poi neutralizzato dalle forze lituane.

Mettendo insieme i dati (componenti, configurazioni dei serbatoi, sistemi di guida) e il comportamento operativo (traiettorie, tempistica e sincronizzazione con gli attacchi su Leopoli), emerge un quadro coerente: si tratta di un attacco coordinato riconducibile alla catena logistica russa, non di presunte riproduzioni o di “false flag” ucraine. Le immagini dei droni recuperati in Ucraina, in Lituania e ora in Polonia evidenziano chiaramente come i velivoli risultino praticamente identici, o comunque estremamente simili tra loro.

Conclusioni

Le evidenze disponibili indicano chiaramente che l’attacco con droni sul territorio polacco è stato lanciato dalla Russia e non dall’Ucraina. Le analisi tecniche e le dichiarazioni ufficiali supportano questa conclusione, smentendo la tesi del “false flag” ucraino.

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