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Caso Almasri, Nordio: «Connessione evidente con Bartolozzi». Maggioranza chiede chiarimenti a pm e Tribunale dei ministri

17 Settembre 2025 - 23:24 Alba Romano
Il ministro della Giustizia difensa il suo braccio destro, le opposizioni attaccano. Domani, giovedì 18 settembre, la mozione in cui si chiede chiarimenti sul braccio destro del Guardasigilli

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, difende la posizione della sua collaboratrice, Giusi Bartolozzi, ma la maggioranza chiede chiarimenti alla Procura di Roma e ai giudici riguardo alla sua situazione. Bartolozzi, infatti, è stata iscritta nel registro degli indagati dai pm capitolini in relazione al caso di Osama Njeem Almasri, il comandante libico arrestato e poi rimpatriato dall’Italia lo scorso gennaio. Un colpo di scena è arrivato dalla Giunta per le autorizzazioni della Camera, chiamata a vagliare la richiesta avanzata dal tribunale dei ministri oltre che per il Guardasigilli anche per il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi e per il sottosegretario Alfredo Mantovano. La maggioranza ha fatto mettere al voto, previsto per giovedì, una «mozione» in cui si chiede di sollecitare chiarimenti su Bartolozzi al procuratore Francesco Lo Voi e al tribunale specializzato nei reati ministeriali. Una richiesta arrivata al termine di una giunta fiume, durata oltre quattro ore.

«Il nesso teleologico tra le azioni del ministro e quelle della capo di gabinetto»

Sullo sfondo resta l’eventuale conflitto di attribuzione alla Consulta: una ipotesi sui cui è tornato lo stesso Nordio. «Nel testo del Tribunale dei ministri è presente un nesso teleologico tra le azioni del ministro e quelle della capo di gabinetto. – ha spiegato Nordio – Si tratta di un caso in cui un reato potrebbe essere stato commesso per occultarne un altro. La connessione è quindi evidente», ha ribadito il ministro in Transatlantico oggi a Montecitorio, rispondendo a chi gli domandava se sia giusto sollevare il conflitto di attribuzione da parte della Camera nei confronti dell’autorità giudiziaria rispetto alla mancata trasmissione degli atti relativi al suo braccio destro sul caso Almasri.

Le opposizioni all’attacco

Non sono mancate le critiche dell’opposizione. «La maggioranza continua a procedere per strappi istituzionali – afferma la capogruppo democratica in Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, Antonella Forattini -. Oggi abbiamo assistito a un attacco frontale, dai toni violenti, rivolto al Tribunale dei ministri, accusato dalla maggioranza di aver agito al di fuori della legge. Le richieste di atti alla Procura e al Tribunale dei ministri relative alla vicenda Bartolozzi sarebbero, peraltro, del tutto irrituali e anomale nel corso di indagini ancora coperte da segreto istruttorio. Un’iniziativa che svela chiaramente le intenzioni del governo: regalare uno scudo giudiziario alla Bartolozzi», afferma Forattini. «La memoria difensiva depositata conferma tutta la gravità con cui il governo ha gestito il caso. Non solo continui cambi di versione e una gestione opaca, ma soprattutto il fatto più grave: in Parlamento il governo ha mentito», gli ha fatto eco Marco Lacarra, componente della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, al termine della seduta in cui il relatore Federico Gianassi ha illustrato i contenuti della memoria depositata dal governo.

La relazione di Gianassi (Pd) e il ruolo dell’Aise

Intanto, emergono stralci della relazione di Federico Gianassi (Pd). In particolare, secondo quanto ricostruito, centrale nella valutazione di rimpatriare Almasri sarebbe stato il discorso fatto al governo dal comandante dell’Aise, Caravelli, sui rischi dell’Italia. «Tali rischi erano stati prospettati dal Direttore dell’Aise, prefetto Caravelli, considerata l’Autorità maggiormente qualificata a fornire informazioni aggiornate sulla situazione del Paese nordafricano», si legge.

Piantedosi paragona il caso a quello di Cecilia Sala

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha, inoltre, paragonato il caso a quello di Cecilia Sala, la giornalista arrestata in Iran lo scorso dicembre e liberata pochi giorni dopo. Ospite a Coffee Break su La7, Piantedosi ha spiegato che la decisione sul rimpatrio di Almasri è stata il frutto di una valutazione prudenziale: «Non siamo stati soggetti a ricatti, nessuno ci ha materialmente costretti. Si è trattato di una riflessione preventiva sugli scenari possibili, in termini di sicurezza e interessi italiani».

Secondo il ministro, le stesse considerazioni erano state applicate anche al caso Sala. Lì, si trattava di restituire all’Iran una persona accusata di reati gravi, con l’obiettivo di salvaguardare la vita della nostra connazionale. «La dinamica è stata simile: analizzare i rischi e decidere come agire, sempre ponendo al centro la sicurezza dei cittadini», ha sottolineato Piantedosi, aggiungendo che, a suo avviso, molte altre amministrazioni avrebbero probabilmente adottato scelte analoghe.

L’arresto di Almasri

Il 19 gennaio 2025, Osama Elmasry Njeem, noto come Almasri, era stato arrestato a Torino dalla Digos su mandato della Corte Penale Internazionale. L’accusa era di crimini contro l’umanità e torture commesse in Libia. L’arresto è avvenuto mentre Almasri si trovava nel capoluogo piemontese per assistere a una partita di calcio. Il 21 gennaio, la Corte d’Appello di Roma ha disposto la sua scarcerazione per motivi giuridici. Il giorno successivo Almasri è stato rimpatriato in Libia con un volo di Stato italiano. La Corte penale internazionale ha espresso preoccupazione per la mancata consultazione preventiva e ha richiesto chiarimenti alle autorità italiane, accusandole di non aver rispettato gli obblighi di cooperazione internazionale.

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