Ultime notizie AtleticaCharlie KirkFestival di OpenGazaGlobal Sumud FlotillaMarcell Jacobs
ATTUALITÀAccoltellamentiIncendiInchiesteLombardiaMilanoOmicidi

«Amore, facciamo una cosa veloce…», lei fa da esca prima delle 30 coltellate ad Hayati Aroyo. I festini e il video hot, i rapporti del trio e le chat

21 Settembre 2025 - 11:03 Giulia Norvegno
Valentina Peroni
Valentina Peroni
La paura di essere scoperti e gli errori commessi dai tre dopo l'omicidio. Così la polizia è risalita al trio che frequentava i festini organizzati dal 62enne turco. La lite per il video intimo con la 36enne e la vendetta nella casa presa in prestito

Valentina Peroni si sarebbe prestata a fare da esca per la morte di Hayati Hayim Aroyo. Il 62enne, cognato di un boss turco, era stato trovato morto carbonizzato il 23 luglio scorso in un appartamento a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. Le indagini hanno svelato che aveva filmato Peroni, che avrebbe conosciuto online. E l’uomo avrebbe avuto intenzione di diffonderlo. Da qui la vendetta assieme al marito Emanuele Paganini e del loro convivente Elvis Simoni. Lei scriveva: «Temevo di provare pietà e invece niente».

L’amico che non sapeva

Valentina Peroni, 36 anni, riceve un messaggio da un amico l’8 agosto, ricorda il Corriere della Sera. Le invia un articolo, trovato su Facebook, di un omicidio avvenuto nella notte tra il 22 e il 23 luglio a Sesto San Giovanni. Hayati Hayim Aroyo, turco di 62 anni, è stato ucciso da poco più di due settimane. «Te l’ho inviato perché mi ricordavo quando siamo venuti a prenderti… che i paesi erano quelli. Magari avevi sentito qualcosa». L’amico era ignaro del fatto che Peroni quella notte era proprio nella casa a piano terra di via Fogagnolo. Cioè dove il 62enne era stato ammazzato con una prima coltellata al cuore e altre 29 sul resto del corpo, per poi essere abbandonato sul letto. E poi il tentativo di cancellare tutto con la candeggina, dando poi fuoco all’appartamento.

La casa dell’omicidio e i tre arrestati

La casa era formalmente affittata a uno studente universitario di 20 anni, e prestata per un periodo ad Aroyo, chiamato «Vittorio» o «Vito». I vicini avevano sentito urlare «Aiuto» e un forte odore di fumo. Dopo meno di due mesi di indagine, gli inquirenti tra giovedì e venerdì scorso hanno arrestato i tre presunti responsabili: Valentina Peroni, il marito Emanuele Paganini, 38 anni, entrambi di Busto Arsizio, in provincia di Varese, con precedenti per truffa. C’è anche un amico della coppia, di fatto loro convivente, Elvis Simoni, 33enne originario dell’Albania con precedenti per reati legati all’immigrazione e guida senza patente. Sono stati portati in carcere con l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione, rapina, incendio e distruzione di cadavere.

Il cognato del boss e il video intimo

Aroyo era cognato di Hüseyin Saral, il primo leader dei Sarallar, organizzazione criminale turca assassinato a Crotone il 31 gennaio 2005. Il 62enne nella casa di Sesto conservava i ritagli di giornale dell’epoca. Secondo gli investigatori della squadra Mobile di Milano, guidati da Alfonso Iadevaia e Francesco Giustolisi e coordinati dal pm Marco Santini, a spingere i tre a uccidere Aroyo sarebbe stato un video intimo della 36enne, durante un incontro con una terza persona, conservato dalla vittima qualche settimana prima del delitto. Già il solo fatto di aver conservato quel filmato aveva fatto imbestialire il marito di Peroni e l’amico della coppia. Eppure tra i tre e il 62enne turco le frequentazioni erano iniziate sotto i più intimi auspici. I tre arrestati si erano conosciuti su un in sito di incontri. Poi sono entrati in contatto con il turco, che spesso organizzava festini tra adulti a cui Aroyon non avrebbe mai fatto mancare cocaina in abbondanza.

La trappola: «Apri l’altra ché sono qua»

Sono le 1.06 del 23 luglio. Come ricostruisce Il Giorno, la telecamera di un bar immortala il passaggio di una Peugeot 107. Al volante c’è un ragazzo ignaro di tutto, che ha accettato di dare un passaggio a tre conoscenti di Busto Arsizio. I passeggeri, invece, hanno ben chiaro l’obiettivo: assassinare Hayati Aroyo. La prima a entrare nel palazzo è Peroni, mentre il marito Paganini farà da palo. Il piano prevede che sia la donna a distrarre Aroyo, per poi aprire la porta all’esecutore materiale Elvis Simoni.

«Conferma e ci sono», scrive l’albanese alla donna all’1.21, chiedendole di spalancargli l’ingresso di casa. Lei non risponde subito: il turco è infuriato col marito Emanuele per «non specificate questioni economiche». Simoni insiste, è il più risoluto dei tre. All’1.43 e 53 secondi dà istruzioni: «Aperto tranquilla. Apri l’altra ché sono qua. Sono dentro, inventati che devi andare in bagno». Al silenzio della trentaseienne, lui reagisce così: «Amore, una cosa veloce per favore… dai che non abbiamo tutto il giorno…».

L’omicidio e la pietà mai provata

Alle 2.08, Simoni è dentro: ha la barba folta e indossa un cappello nero, una canottiera rossa e pantaloncini neri. Il primo fendente è dritto al cuore, con gli altri 29 si accanisce sul 62enne, per poi spostare il cadavere sul letto, cospargerlo di candeggina e dar fuoco. Alle 2.49, la Peugeot esce da Sesto e punta verso l’A8. Alle 6, Peroni e Simoni si scrivono su WhatsApp. Lei esterna l’assenza di “emozioni” durante il delitto: «Sono tanto debole quanto troppo forte… avevo paura di provare pietà, ma non l’ho provata… quando guardavo era per vedere se provavo qualcosa, ma nulla…», la frase che spalanca lo sguardo sull’abisso.

Le tracce digitali che li hanno incastrati

La sera dopo, la donna va in una sala slot e paga con due carte rubate alla vittima. I tatuaggi su gambe e braccia la identificano mentre si incammina verso le macchinette. Avevano portato via tre carte di credito, il cellulare e il tablet della vittima (e forse pure un Rolex Datejust). Un mese dopo, Peroni aveva fatto ricerche su Google: «hayati hayim arroyo»; «hayati arabo»; «turco arroyo milano». Preoccupata, aveva scritto al complice Simoni: «Amor ho brutte sensazioni». A Ferragosto il 33enne, intercettato con la madre, aveva confidato di voler lasciare l’Italia in attesa che «si calmino le acque».