Il Cremlino contro Trump: «È un uomo d’affari, vuole vendere il petrolio Usa. Tigri di carta? Noi siamo orsi veri»


È una questione animale, o di simbologia, quella che ha portato a un nuovo scontro verbale tra il presidente americano Donald Trump e il Cremlino. Se per il tycoon la Russia è una «tigre di carta», come ha scritto in un post su Truth, per Mosca è «un orso». Ma siccome «non esistono orsi di carta, la Russia è un orso vero». Sembra una risposta quasi stizzita quella del portavoce di Vladimir Putin, Dmitry Peskov, all’indomani dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, durante cui lo stesso Trump ha tirato una nuova spallata alle speranze russe di imporre le proprie condizioni di pace. Il tutto, sottolinea Mosca, a proprio esclusivo vantaggio.
L’accusa di Putin a Trump: «Costringe il mondo a comprare il petrolio americano»
Sanzioni di massa contro Mosca, tanto da «formare code chilometriche alle stazioni di benzina». E la possibilità di Kiev di «riconquistare i suoi territori nella loro forma originale», a patto di avere «il sostegno economico e militare dell’Unione europea e in particolare della Nato». Prende sempre più forma il fastidio di Trump verso le lungaggini militari di Putin, con un rinnovato appello ai Paesi europei perché si impegnino a raggiungere una totale indipendenza dal petrolio russo. Una proposta di cui il Cremlino si fa beffe: «Trump è un vero uomo d’affari», sostiene Peskov. «Sta cercando di costringere il mondo interno a spendere più soldi per il petrolio e il gas americani».
La rabbia per l’accostamento alla tigre: «Siamo orsi veri»
Che l’economia russa sia in crisi, o perlomeno in stallo, è innegabile. Ma la definizione di Mosca come «una tigre di carta», pronta a volare via al primo soffio, non è stata digerita ai piani alti del Cremlino: «La Russia è più strettamente associata a un orso. Non esistono orsi di carta. La Russia è un orso vero. Putin ha ripetutamente e con diversi gradi di emozione descritto il nostro orso. Non c’è niente di cartaceo in questo», ha puntualizzato il portavoce del presidente Vladimir Putin. La stabilità macroeconomica, ha aggiunto, rimane pressoché intatta se si fa eccezione per qualche «punto di tensione». Ed è per questo che la guerra continuerà.
La guerra continua: «Dobbiamo raggiungere gli obiettivi posti da Putin»
«Non abbiamo alternative», ha spiegato Peskov in un’intervista a Rbk. Anche la più devastante pressione economica non riuscirebbe a far tirare indietro la mano a Mosca, perché il dado è tratto: «Dobbiamo tutelare i nostri interessi, sia per il presente che per il futuro del nostro Paese. Dobbiamo raggiungere gli obiettivi che il comandante in capo supremo e presidente del nostro Paese ha fissato fin dall’inizio».