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L’ammazzadroni e la nave anti-sommergibile: cosa fanno le fregate «Fasan» e «Alpino» schierate dal governo Meloni per seguire la Flotilla

25 Settembre 2025 - 14:52 Anna Clarissa Mendi
fregata-fasan-flotilla
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La fregata «Alpino» subentrerà alla «Fasan», che tornerà alla sua missione iniziale. Le due navi della Marina sono state dispiegate per garantire la sicurezza dei cittadini italiani impegnati nella missione umanitaria

La fregata anti-sommergibile «Alpino» subentrerà alla «Fasan», la nave schierata ieri dal governo Meloni a protezione dei cittadini italiani a bordo della Global Sumud Flotilla. Lo ha reso noto il ministro della Difesa, Guido Crosetto. L’unità della Marina militare, soprannominata «ammazzadroni» e che si trovava a nord di Creta prima di cambiare rotta verso la flotta umanitaria diretta a Gaza, farà ora ritorno alla sua missione originaria. «Non ci saranno due navi contemporaneamente impiegate nell’area», fa sapere Crosetto. La decisione di schierare le fregate è stata presa dall’esecutivo dopo gli attacchi con droni, condotti con l’obiettivo di dissuadere attivisti, politici e giornalisti diretti verso la Striscia di Gaza con aiuti umanitari, tra cui cibo e medicine. Nel frattempo, la Flotilla ha avvisato la comunità internazionale di possedere «informazioni di intelligence credibili» secondo cui Israele potrebbe intensificare gli attacchi contro la missione nelle prossime 48 ore, «con il possibile impiego di armi in grado di affondare le imbarcazioni, causare feriti e/o provocare vittime tra i partecipanti». Ma cosa sappiamo sulle navi della Marina militare italiana e cosa potrà fare la fregata «Alpino»?

La nave Fasan: «l’ammazzadroni»

La nave italiana Virginio Fasan, che lascerà al posto alla fregata «Alpino», «non è una nave di scorta» della Flotilla, ha precisato stamattina il ministro della Difesa nella sua informativa al Senato. «Non è un atto di guerra», ha proseguito Crosetto, né «una provocazione» nei confronti di Israele. A bordo dispone di missili, siluri contro sommergibili, cannoni, mitraglieri, lanciarazzi e generatori di onde elettromagnetiche che possono depistare i droni. Dedicata a un eroe trevigiano della Prima guerra mondiale, la fregata ha preso parte a diverse operazioni in mare. È stata, infatti, operativa in Somalia, nel Mar Rosso, e nello Yemen per contrastare l’attività terroristica degli Houthi. Il 29 aprile dello scorso anno ha abbattuto con il suo cannone un drone nei pressi dello stretto di Bab el-Mandeb, il passaggio che collega il Mar Rosso al Golfo di Aden e quindi all’Oceano Indiano. Niente a che vedere, per ora, con i droni utilizzati per attaccare la Flotilla. In quell’occasione, il ministero della Difesa aveva riferito che il velivolo senza pilota – simile per caratteristiche a quelli già impiegati in precedenti attacchi dagli Houthi – si trovava a circa cinque chilometri dall’unità militare italiana, in rotta verso il mercantile sotto scorta. Ora riprenderà la sua missione originaria nel Mediterraneo.

ANSA/Ufficio Stampa – Marina Militare

La fregata Alpino: «Di qui non si passa»

Al posto della «Fasan» arriverà la «Alpino», una fregata anti-sommergibile intitolata al corpo degli Alpini. Il suo simbolo rappresenta un’ancora sormontata da un’Aquila, mentre il motto è lo stesso delle Penne nere: «Di qui non si passa», coniato dal generale Luigi Pelloux – primo ispettore generale del Corpo degli Alpini – durante una parata militare a Roma, il 18 ottobre 1888. La nave, varata nel 2014, è stata impiegata in numerose missioni di sicurezza marittima, tra cui l’operazione «Mare Sicuro» al largo della Libia, dove ha fornito protezione ai pescherecci, alle piattaforme petrolifere dell’Eni e supporto logistico alle operazioni di recupero migranti. Ha un equipaggio normalmente ridotto (170 marinai), è progettata per ospitare elicotteri e forze speciali ed è pensata sia per il combattimento, infatti è dotata di missili, sia per fornire aiuto umanitario e soccorso. Rispetto alla «Fasan», è maggiormente ottimizzata per la caccia subacquea e la guerra elettronica, grazie all’impiego di sonar di ultima generazione e avanzati sistemi di rilevamento e contromisure.

Cosa potrà fare la fregata?

Non è chiaro se sarà autorizzato l’uso della forza per evitare eventuali incidenti; d’altra parte, per ovvie ragioni di sicurezza, le regole d’ingaggio di una nave militare non sono rese pubbliche nei dettagli. Il ministro ha inoltre precisato che «in acque israeliane, non garantiremo la sicurezza delle navi». Ciò significa che, una volta entrati nei territori marittimi palestinesi sotto il controllo israeliano, le unità navali italiane non potranno intervenire. Per l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, già ministro della Difesa e capo di Stato maggiore intervistato dal Messaggero, servono soprattutto in un’ottica di «deterrenza» per dissuadere da altre aggressioni, ovvero «dire agli israeliani di non superare il limite». Alla domanda se la nave italiana possa intervenire in acque internazionali in caso di attacco a un’imbarcazione connazionale, Di Paola precisa: «Dipende, innanzitutto, da chi effettua l’attacco. Alcuni droni, ad esempio, si presume siano di provenienza israeliana. Se uno di questi velivoli rappresentasse una minaccia reale – tale da poter danneggiare o addirittura affondare una nave della Flotilla – allora sì, l’unità italiana potrebbe intervenire. Ma si tratterebbe di una situazione molto specifica. Se invece si tratta di droni impiegati per sorvegliare o creare disturbo – conclude l’ammiraglio -, non credo che ci sarà alcuna reazione».

ANSA/EPA/MOHAMED MESSARA

L’ipotesi di dissuadere la Flotilla all’avvicinarsi a Gaza

Resta particolarmente controversa l’ipotesi, emersa nelle ultime ore, di affidare alle fregate italiane il compito di dissuadere la Flotilla dall’avvicinarsi a Gaza, evitando così un potenziale scontro diretto con le motovedette israeliane. Come riportato da la Repubblica, si tratta di uno scenario trapelato ieri sera da fonti governative. Impiegare una nave lunga 144 metri e con un dislocamento di quasi settemila tonnellate per ostacolare imbarcazioni a vela è un’operazione ad alto rischio, in cui anche un piccolo errore può causare gravi conseguenze. Un precedente drammatico risale al marzo 1997, quando la corvetta Sibilla, su ordine del governo Prodi, bloccò la rotta nel canale di Otranto a un barcone proveniente dall’Albania: durante le manovre l’imbarcazione affondò, causando la morte di 108 persone.

La delegazione italiana della Flotilla rifiuta la proposta di consegnare gli aiuti a Cipro

Per prevenire potenziali rischi legati all’intervento di Israele, il governo Meloni ha chiesto alla Flotilla di fare scalo in un porto cipriota, dove gli aiuti umanitari sarebbero stati presi in carico dal Patriarcato Latino di Gerusalemme, guidato dal cardinale Pierbattista Pizzaballa, e successivamente distribuiti a Gaza. Un ruolo di rilievo in questa proposta sarebbe stato ricoperto dalla Conferenza Episcopale Italiana (Cei), con l’intervento diretto del cardinale Zuppi, che – come riferito da Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali – avrebbe lavorato personalmente per facilitare l’arrivo e la consegna degli aiuti nella Striscia. Tuttavia, la delegazione italiana della Flotilla ha respinto la mediazione dell’esecutivo e del Vaticano. «La nostra missione – sottolineano gli attivisti – rimane fedele al suo obiettivo originario di rompere l’assedio illegale e consegnare gli aiuti umanitari alla popolazione assediata di Gaza, vittima di genocidio e pulizia etnica. Qualsiasi attacco od ostruzione alla missione – concludono – costituirebbe una grave violazione del diritto internazionale».

Foto copertina: ANSA / Ufficio Stampa – Marina Militare | La Fregata europea multi missione (Fremm) “Virginio Fasan”



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