Pioggia di multe false a Firenze. «Il trucco è sempre lo stesso, ingannano lasciando il Qr code»


Nessuno avrebbe dubitato di documenti riportanti numero di verbale, infrazioni, orari e targa del veicolo. Eppure, decine di multe apparse in questi giorni a Firenze sui parabrezza delle auto erano false. Dopo Pisa e Catania, il capoluogo toscano è la nuova tappa della truffa e il Codacons fiorentino riferisce di avere già ricevuto decine di segnalazioni. A trarre in inganno gli automobilisti la fattura delle multe, quasi perfetta, ma anche la fretta di pagare la sanzione prima che aumenti, spesso tralasciando di fare verifiche più approfondite del verbale.
Come riconoscere i falsi documenti
Di fronte al dilagare delle multe, l’amministrazione di Palazzo Vecchio è corsa a mettere in guardia i suoi cittadini: «Tali documenti sono completamente privi di validità giuridica e non sono stati emessi dalla polizia municipale, trattandosi di un’attività fraudolenta finalizzata all’estorsione di denaro in maniera illecita». Resta però il dubbio su come li possa riconoscere. Quindi anche su questo il Comune ha fornito una lunga lista di dettagli – soprattutto loghi e caratteri – a cui fare attenzione. In particolare, la falsa multa riporta una violazione che non coincide con l’articolo violato e prescrive termini per il pagamento scontato di 15 giorni anziché 5.
Il qr code per il pagamento della falsa multa
Un altro aspetto da tenere a mente riguarda la modalità di pagamento, che la falsa multa richiede di fare tramite qr code. «Nel documento errato c’è un codice che se inquadrato porta a una pagina dove sono indicate modalità di versamento tramite Paypal o carta di debito o credito, non idonee per la pubblica amministrazione», spiega la commissaria di polizia Chiara Brinati. L’invito è quindi quello di prestare la massima attenzione ai qr code, che devono essere verificati. «Quelli autentici – ricorda l’Associazione europea consumatori indipendenti (Aeci) – di solito rimandano a piattaforme di pagamento istituzionali, come PagoPA». È meglio inquadrarli «con cautela e controllare l’indirizzo web a cui puntano prima di inserire dati».