L’appello di Crosetto alla Flotilla: «Rischi drammatici se sfidate Israele». Gli attivisti: «Tiriamo dritto su Gaza»

Sembra aver prodotto scarsi effetti l’incontro avuto nel nel pomeriggio di oggi, domenica 28 settembre, tra una delegazione del movimento Global Movement to Gaza e i vertici del governo italiano, nella persona di Guido Crosetto. Il ministro della Difesa ha tentato ancora una volta nel faccia a faccia di mettere in guardia i promotori della Global Sumud Flotilla, in rotta verso le acque di Gaza: «L’obiettivo dichiarato della Flotilla è quello di aiutare il popolo di Gaza, ma è fondamentale che questo impegno non si traduca in atti che non porterebbero ad alcun risultato concreto, ma che, al contrario, rischierebbero di avere effetti drammatici con rischi elevati ed irrazionali», ha detto Crosetto. Qualora la Flotilla «decidesse di intraprendere azioni per forzare un blocco navale, si esporrebbe a pericoli elevatissimi e non gestibili, visto che parliamo di barche civili che si pongono l’obiettivo di “forzare” un dispositivo militare», ha proseguito Crosetto. Che simili ammonimenti aveva già lanciato nei giorni scorsi, in sintonia con quelli del governo tutto ma anche del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «La priorità mia e del governo è e resta la sicurezza e il ricorso a soluzioni efficaci e sicure per aiutare realmente la popolazione di Gaza, attraverso i canali umanitari e diplomatici, tutti già attivi», ha proseguito Crosetto, dicendosi «certo che si possano ottenere risultati migliori e maggiori per il popolo palestinese in altri modi, mezzi e sistemi». Ma dai delegati della Flotilla la porta pare chiusa: «La missione va avanti e continua verso Gaza. Noi navighiamo in acque internazionali nella piena legalità. Questa è la nostra responsabilità», ha tagliato corto la portavoce Maria Elena Delia – che ieri aveva sentito anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani – entrando nella sede del Pd per un incontro con la segretaria Elly Schlein.
La rotta su Gaza e i timori di attacchi israeliani
La Flotilla intanto domenica si è lasciata Creta alle spalle e punta dritta su Gaza, nonostante gli ultimi giorni abbiano portato diverse defezioni nei ranghi della spedizione umanitaria. «Siamo in acque internazionali. La situazione è rischiosa ma speriamo che le pressioni di questi giorni le tutelino dagli attacchi», ha commentato Maria Elena Delia, portavoce italiana del Global Movement to Gaza. «È stata una notte difficile per le condizioni del mare molto mosso. Le imbarcazioni sono state monitorate da droni che, questa volta, si sono mantenuti alti. Non ci sono stati attacchi. Sono seguite a distanza dalla fregata della Marina. L’idea è di proseguire verso la Striscia». L’aria a bordo sembra però pesante, non pochi temono seriamente di essere attaccati con viva forza ora che si avvicineranno alle acque di Gaza e quindi controllate da Israele. «Il prossimo attacco, se verrà fatto e purtroppo i miei segnali dicono che probabilmente verrà fatto, sarà micidiale, nel senso che è molto probabile che questa volta ci saranno feriti gravi e forse anche dei morti», ha detto in un drammatico video-messaggio Stefano Bertoldi, comandante della barca Zefiro seriamente danneggiata dai colpi dei droni dei giorni scorsi.
Il fotoreporter lascia la Flotilla: «Si rischia un bagno di sangue»
A paventare il rischio che «possa scapparci il morto» e la traversata si trasformi in «un bagno di sangue» è pure il fotoreporter Niccolò Celesti, che dopo aver viaggiato a bordo delle imbarcazioni ha deciso di abbandonare il gruppo dopo la sosta a Creta. Questo perché l’obiettivo di forzare il blocco navale israeliano sarebbe stato reso noto solo quando la navigazione era ormai iniziata: «Non dovevamo entrare nelle acque territoriali di Gaza. Dovevamo solo smuovere le coscienze del mondo attraverso questa sorta di azione provocatoria e restare in acque internazionali».
Gli obiettivi dell’iniziativa e le divisioni
Una divergenza di vedute, quella di Celesti e di tanti altri con il comitato organizzatore, che ha causato l’abbandono della Global Sumud Flotilla da parte di numerose persone. «Sono a Creta, tornerò in Italia. Prima di scendere dall’imbarcazione Family ho reso chiare le mie intenzioni. Non ero più allineato alle idee degli organizzatori. Vorrei essere ancora a bordo, è stato come abbandonare una montagna a pochi passi dalla vetta», ha raccontato al Corriere della Sera. Secondo il fotoreporter, infatti, «la linea rossa era ed è quella di non entrare nelle acque israeliane e nelle acque controllate da Israele, perché in quella zona la legge internazionale non funziona. Significa mettersi nelle mani di un esercito che sta compiendo un genocidio».
Le vie alternative e il rifiuto della Flotilla: «Non sono qui per diventare martire»
A pesare sulla volontà di Niccolò Celesti anche le parole del ministro della Difesa Guido Crosetto e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Se dicono di trattare perché non possono garantire la nostra incolumità, significa che il rischio è reale». E vie alternative c’erano, anzi, sono state messe per iscritto: «Ho chiesto di seguire la consegna a Cipro degli aiuti fino al confine con Gaza, insieme a qualche attivista e qualche giornalista». Ma non c’è stato niente fare: «Non mi hanno ascoltato, ma io non sono venuto qui per martirizzarmi. O meglio: non ero venuto per martirizzarmi senza razionalità».
La «delusione» di Israele per il negoziato fallito
Mentre la Global Sumud Flotilla si avvicina sempre di più alle acque della Striscia di Gaza, Israele prende la via dei social per condannare la spedizione umanitaria: «La flottiglia ha respinto la proposta del governo italiano e del Vaticano di scaricare tutti gli aiuti che potevano avere a Cipro e di trasferirli pacificamente a Gaza, dopo aver respinto altre due proposte israeliane di scaricare gli aiuti», si legge su X. «Più chiaro di così non si può: questo non ha nulla a che vedere con gli aiuti, si tratta solo di provocazione e di servire Hamas».
