La nave spagnola «Furor» non ha ancora raggiunto la Flotilla: ecco quali (e dove) sono le imbarcazioni internazionali che dovrebbero proteggere la missione


La Global Sumud Flotilla è ormai a poche miglia nautiche dalle acque della Striscia di Gaza. Già nella notte fra oggi e mercoledì potrebbe superare quella che viene definita la «zona di massimo rischio», avvicinandosi ai confini marittimi imposti da Israele. A fronte delle crescenti tensioni, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha fatto sapere di aver chiesto al governo israeliano di «non usare la violenza» contro attivisti, giornalisti e politici che stanno prendendo parte alla missione, determinati a proseguire la rotta verso l’enclave palestinese. Intanto, la marina israeliana «si sta preparando per prendere il controllo in alto mare delle circa 45 imbarcazioni che sono entrate nel raggio di intercettazione dell’esercito», riferisce la tv pubblica Kan. Fonti militari di Tel Aviv temono scontri e un possibile incidente durante l’operazione che non si annuncia semplice visto il grande numero di barche coinvolte. A monitorare da vicino la situazione è la fregata italiana Alpino, al momento l’unica unità navale presente nei pressi della flottiglia. Secondo quanto comunicato dallo Stato maggiore della Difesa, attorno all’1 di notte – nel momento in cui la missione raggiungerà le 150 miglia dalla costa – verrà inviato un ultimo alert per invitare la missione a fermarsi.
Dov’è finita la nave della marina spagnola?
Quattro giorni fa circa, anche il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez aveva annunciato l’invio del pattugliatore della Marina Furor (P-46), come segnale di sostegno alla flottiglia. Tuttavia, a quanto risulta ad Open, la nave spagnola non ha ancora raggiunto l’area dove si trovano le imbarcazioni umanitarie. Nel frattempo, la Turchia ha fatto sapere di seguire da vicino la situazione e di essere pronta a intervenire in caso di necessità. Ankara ha ribadito di voler «monitorare la sicurezza», lasciando intendere che un coinvolgimento più diretto non è da escludere se la situazione dovesse degenerare. La mancanza di un’azione coordinata da parte internazionale, unita alla determinazione degli attivisti e all’incertezza su come reagirà Israele, rende le prossime ore particolarmente delicate.
Cosa possono fare le navi?
Anche se riuscisse a raggiungere la Flotilla – obiettivo che avrebbe dovuto completare entro quattro giorni, ma che non risulta ancora compiuto – la missione della Furor, al pari di quella della Alpino, resterebbe confinata a funzioni di osservazione e soccorso. Secondo quanto rivelato da fonti militari a The Objective, le regole d’ingaggio della nave spagnola non prevedono alcuna possibilità di intervento armato, se non in caso di autodifesa, ovvero esclusivamente nel caso in cui la Furor stessa venisse attaccata. La decisione di inviare il pattugliatore è stata fin dall’inizio oggetto di discussione all’interno della Marina spagnola. Anche il ministero della Difesa avrebbe inizialmente espresso forti riserve sull’opportunità di partecipare all’operazione. Solo dopo l’annuncio dell’Italia, che ha dispiegato la Alpino, scrivono i media spagnoli, Madrid avrebbe deciso di unirsi alla missione, facendo salpare presumibilmente la nave da Cartagena giovedì alle 22.30, ma senza direttive operative chiare.
Le regole per la nave spagnola
Le regole d’ingaggio – le cosiddette ROE (Rules of Engagement) – sono state infatti formalizzate soltanto venerdì scorso dallo Stato maggiore (Emad), e stabiliscono limiti rigidi: è vietato l’uso delle armi sia in forma offensiva sia come atto dimostrativo o intimidatorio contro potenziali aggressori. Non solo. Il ministero della Difesa non avrebbe autorizzato la Furor «a entrare all’interno delle circa 12 miglia nautiche dalla costa di Gaza, lungo i circa 40 chilometri di litorale sotto controllo israeliano». Questo significa che, qualora la flottiglia decidesse di proseguire enelle acque territoriali della Striscia, lo farebbe senza alcuna copertura da parte della nave spagnola, esattamente come avviene per quella italiana. L’unica eccezione riguarda una possibile missione di ricerca e salvataggio (San) in caso di emergenza: la nave potrebbe intervenire nelle acque controllate da Israele solo per soccorrere eventuali naufraghi o imbarcazioni in pericolo, e comunque soltanto previa autorizzazione della marina israeliana.
Il pattugliatore Furor è equipaggiato con un equipaggio di circa 50 persone ed è armato con un cannone Oto Melara e due mitragliatrici MK-38 da 25 mm di fabbricazione israeliana – un dettaglio che ha suscitato polemiche, vista la natura della missione. L’unità, costruita dal cantiere spagnolo Navantia e consegnata alla Marina nel gennaio 2019, è stata progettata per operazioni di sorveglianza e supporto in alto mare.
Il messaggio della Alpino: quando arriva a Gaza la Flotilla?
Intanto, la nave Alpino ha lanciato un messaggio ai membri della Flotilla: «Vi informiamo che la vostra posizione attuale è a 180 miglia nautiche da Gaza – dice il comunicato – Vi informiamo che alle 02.00 ora locale del primo ottobre raggiungerete le 150 miglia nautiche da Gaza. La nave della Marina italiana Alpino non supererà questo limite», continua il messaggio, che sottolinea inoltre come da ora e fino alle 150 miglia la nave italiana «è disposta a far salire a bordo chi vuole». È la linea rossa che non si può oltrepassare senza entrare in rotta di collisione con l’Idf. Messaggio accolto male dalla missione che ha replicato: «Questa non è protezione. È sabotaggio».
Anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto, ha lanciato un nuovo monito agli attivisti: «Mi sento in dovere di fare loro un ultimo appello affinché prendano atto di ciò che sta accadendo e affinché utilizzino una delle soluzioni alternative prospettate da più parti, in primis il Patriarcato della Chiesa cattolica, negli ultimi giorni, per far arrivare gli aiuti».
Foto copertina: ANSA / ORIETTA SCARDINO | La flottiglia di imbarcazioni lascia il porto di San Giovanni Li Cuti a Catania, in Sicilia, nel sud Italia, il 27 settembre 2025