Garlasco, la verità di Lovati: «Sempio e Stasi innocenti. La massoneria bianca ha ucciso Chiara Poggi»


L’avvocato Massimo Lovati dice che l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco rimarrà senza colpevoli. E che sia il suo assistito Andrea Sempio che Alberto Stasi sono innocenti. Mentre il delitto è stato commesso da «un’organizzazione criminale, gente che ci mette due secondi a spararti in bocca». E c’entra la «massoneria bianca». Il legale parla con Niccolò Zancan de La Stampa. Prima di tutto del biglietto “Venditti gip archivia per 20-30 euro”: «Antepongo un fatto. Parliamo di una famiglia abituata a conservare tutto. Biglietti di ogni specie: elettricista, idraulico, parcheggi. Mi rendo conto: è curioso che tengano anche un biglietto del genere dopo sette anni».
L’appunto “Venditti gip archivia per 20-30 euro”
Il posto in cui lo tenevano è «un libro scritto dal collega Tizzoni, dal titolo Processo Garlasco. Diritto alla verità. È l’avvocato che difende la famiglia Poggi. Il biglietto era infilato come segnalibro». Secondo Lovati nel ragionamento sulla corruzione «c’è una capziosità evidente, da parte dei signori della procura di Brescia. Parlano di 20 o 30 mila euro, ma non è quello che c’è scritto. C’è scritto 20 o 30 euro: è la cifra che serve per ottenere copia dell’atto di archiviazione. È un preventivo di spesa. Ma se uno forza la verità, come loro cercano di fare, allora tutto è possibile. Che poi, oltretutto, sarebbe una somma ridicola di fronte all’accusa di corruzione in atti giudiziari. E parliamo di Mario Venditti, un magistrato integerrimo. Uno dei migliori che abbia conosciuto nella mia carriera».
Le intercettazioni
Poi ci sono le intercettazioni in cui i genitori di Sempio parlano di come trovare i soldi. Qui Lovati prima dice che c’è il segreto istruttorio. Poi nel merito replica così: «Sono soldi presi per le spese legali. Uno può farseli prestare. C’erano tre avvocati da pagare. L’uso del contante non è vietato dalla legge». E secondo lui non c’è nulla di strano nell’attivismo familiare: «La famiglia Sempio stava mangiando il panettone il 24 dicembre del 2017, quando ha saputo dalla televisione. È chiaro che una famiglia si mobilita e va a cercare avvocati e consulenti». Qui è entrato in scena lui: «Appena ho avuto a disposizione gli atti, ho tranquillizzato Andrea e i suoi genitori. Era un’indagine vuota. Priva di contenuti. L’archiviazione sarebbe stata certa».
Chi è Andrea Sempio?
L’avvocato dice che su quell’archiviazione non ci sono ombre. E alla domanda su chi sia Andrea Sempio risponde che «è un ragazzo normale. Completamente estraneo ai fatti, ormai martoriato. È stato tirato dentro sulla base del semplice scontrino di un parcheggio, a cui la difesa di Alberto Stasi si è attaccata. Tutto questo castello nasce da lì». L’impronta 33 secondo lui non è di Andrea Sempio, così come il Dna sotto le unghie di Chiara Poggi: «E lo vedrete», replica sibillino. E ancora più sibillino quando dice di sapere perché allora si è riaperta l’indagine: «Ma non lo dico a nessuno. Mi spiace». La sua previsione sull’indagine: «A gennaio chiudiamo questa fase dell’incidente probatorio. A quel punto andiamo in letargo per sette o otto mesi. Fino a quando la procura deciderà di chiedere il rinvio a giudizio di Sempio, perché è evidente che dopo tutto questo trambusto sarebbe una figura ben grama chiedere l’archiviazione».
La richiesta di rinvio a giudizio
E quindi «faranno una bella richiesta di rinvio a giudizio, scritta bene, dove forniranno il destro alla difesa di Stasi per chiedere la revisione del processo. Ma con l’altro mano, la sinistra, forniranno al Gup l’occasione per prosciogliere Sempio. E quindi, infine, potranno lavarsene le mani». Il colpevole, secondo lui, è un altro «Non Alberto Stasi. Non Andrea Sempio». Ovvero: «Parlo di un’organizzazione criminale, gente che ci mette due secondi a spararti in bocca». E per capire perché un’organizzazione criminale debba uccidere una ragazza «basta vedere le ricerche che faceva, a giugno e luglio del 2007, sulla sua chiavetta Usb».
Il santuario, la pedofilia, la massoneria
Il santuario della Bozzola, secondo l’avvocato, «è solo lo specchietto di questioni ben più gravi». Ovvero «Pedofilia degli enti ecclesiastici e traffico di organi umani. Io la chiamo massoneria bianca». Ma per lui non si arriverà mai alla verità: «Ma una cosa è lampante: Stasi, Sempio, le gemelle Cappa non c’entrano niente con il delitto. Sono tutti personaggi in cerca d’autore».