«Complice del genocidio». «Ci svende a Trump». Destra e sinistra radicali contro von der Leyen. Lei contrattacca: «Fate felice Putin»


Da Strasburgo – È scontro aperto nell’emiciclo del Parlamento europeo, dove si è acceso il dibattito sulle due mozioni di censura contro la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, presentate da due fronti diametralmente opposti: la sinistra radicale (The Left) e l’estrema destra dei Patrioti per l’Europa. Uniti dall’opposizione ma divisi nelle motivazioni, i due gruppi chiedono la testa della presidente, accusandola – seppur con argomentazioni differenti – di aver tradito l’Europa. La replica della presidente della Commissione Ue non si è fatta attendere: von der Leyen ha difeso il proprio mandato davanti a un’aula gremita, lanciando un monito sull’unità dell’Unione: «I nostri avversari ci vogliono divisi». Il voto sulle due mozioni di censura è in programma per giovedì 9 ottobre.
Bardella: «Sfiduciare von der Leyen per salvare l’Europa»
Ad aprire il dibattito è stato il capogruppo dei Patrioti, Jordan Bardella, secondo il quale «votare la sfiducia non significa votare contro l’Europa, ma salvarla. Per noi dei Patrioti una cosa è chiara: voteremo la sfiducia, voteremo contro l’Europa di Macron e contro l’Europa di von der Leyen», ha attaccato Bardella, intervenendo in Aula a Strasburgo. Il giovane leader del Rassemblement National ha lanciato un attacco diretto all’operato della presidente: «Con l’accordo con gli Stati Uniti ha firmato la resa commerciale dell’Europa. Le nostre fabbriche non possono più lavorare e le nostre aziende agricole sono in ginocchio». Durissimo anche l’attacco sul fronte migratorio: «Il Patto su migrazione e asilo obbliga gli Stati membri ad accogliere sempre più migranti, minacciando sanzioni. E l’Europa spinge per allargamenti insensati: di questo passo, domani la Turchia siederà alla nostra tavola».

L’attacco da sinistra su Gaza: «Von der Leyen complice del genocidio»
Toni altrettanto accesi sono arrivati da Manon Aubry, copresidente del gruppo della Sinistra europea e prima firmataria della seconda mozione di censura. «Von der Leyen deve andarsene: ha accompagnato il genocidio di Gaza con la sua inazione. Si è rifiutata di interrompere i rapporti commerciali con Israele, mentre siamo al diciannovesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia». Aubry ha denunciato anche il legame della Commissione con la destra europea, accusando von der Leyen e il leader del Ppe Manfred Weber di flirtare con le forze più conservatrici per mantenere il potere: «Promuovono una nuova maggioranza con l’estrema destra che attacca lo Stato di diritto».
La replica di von der Leyen: «I nostri avversari ci vogliono divisi»

«Voglio sottolineare un punto, dobbiamo concentrarci su ciò che conta davvero, ottenere risultati per gli europei. La verità è che i nostri avversari non solo sono pronti a sfruttare qualsiasi divisione, ma sono loro stessi a fomentare attivamente tali », ha replicato von der Leyen parlando alla plenaria dell’Europarlamento nel corso del dibattito sulle due mozioni di censura presentate contro di lei. La numero uno della Commissione Ue ha inoltre citato il discorso di Vladimir Putin al Club Valdai e ha rimarcato: «Ha dato la colpa all’Europa per la sua continua guerra di aggressione in Ucraina. Ha esultato per quelle che ha definito “le crepe nell’edificio europeo” e la “unità scossa” all’interno della nostra Unione. Non nasconde – ha proseguito von der Leyen – il suo disprezzo per la nostra Unione e per le fondamenta su cui è costruita. E non nasconde la sua gioia e il suo sostegno per tutti i suoi amici obbedienti in Europa che stanno facendo il lavoro al posto suo. Questo è il trucco più vecchio del mondo. Seminare divisione, diffondere disinformazione, creare un capro espiatorio. Tutto questo per mettere gli europei gli uni contro gli altri. Per cercare di abbassare la nostra guardia mentre litighiamo tra noi. Per indebolire la nostra determinazione e la nostra resilienza. Questa è una trappola. E noi semplicemente non possiamo cadere nella trappola», ha sottolineato ancora von der Leyen. Al suo fianco presenti tutti i membri della Commissione ad eccezione di Kaja Kallas (in missione in Kuwait), Ekaterina Zaharieva (a Osaka per l’Expo) e Apostolos Tzitzikostas (in trasferta a Cipro). In ritardo invece, per questioni logistiche, il commissario Woekpe Hoekstra.
«Collaborazione con il Parlamento, responsabilità comune»
Nel suo intervento, Von der Leyen ha poi rivolto un appello ai parlamentari ancora incerti sul voto finale di giovedì, riconoscendo la legittimità delle preoccupazioni espresse nelle mozioni: «So che alcuni di voi sono ancora indecisi su come votare. E sono sinceramente preoccupati per temi che queste mozioni toccano solo di sfuggita: Gaza, l’Ucraina, i rapporti con gli Stati Uniti, il commercio. Ma anche sicurezza economica, costo della vita, burocrazia, cambiamento climatico, democrazia. L’elenco è lungo». Ha quindi rinnovato il suo impegno: «Per questo motivo voglio che questo Collegio collabori con voi in ogni forma necessaria. È una responsabilità che condividiamo in questo momento pericoloso della nostra storia». Durante il dibattito è intervenuto anche Manfred Weber, capogruppo del PPE, che ha risposto duramente alle critiche rivolte all’intesa commerciale Ue-Usa: «Avete criticato l’accordo, ma dov’erano Orban, Weidel, Le Pen e Salvini mentre von der Leyen negoziava per difendere i lavoratori e le imprese europee? In silenzio. Orban pensava alla sua villa, Le Pen alle sue cause giudiziarie, Salvini… nuotava tra giocattoli gonfiabili». Una stoccata chiara ai leader sovranisti, accusati di non aver fatto nulla nei momenti cruciali per poi salire sul carro della protesta.
La sfida al voto finale
Ora la parola torna all’Aula, dove i deputati europei si esprimeranno giovedì 9 ottobre sul futuro politico di Ursula von der Leyen. Anche se appare improbabile che una delle due mozioni raccolga la maggioranza necessaria, il dibattito ha mostrato chiaramente le fratture ideologiche e strategiche che attraversano l’Europa di oggi, e il rischio, più che mai concreto, di una crescente polarizzazione politica dentro e fuori dalle istituzioni europee.