Almasri, il caso dei franchi tiratori nell’opposizione che hanno votato per salvare i ministri. Il relatore di minoranza: «Noi dem compatti, Nordio ha perso autorevolezza» – L’intervista


Si mette un punto sul caso Almasri. Ma porta con sè un po’ di maretta nel centrosinistra. Stamattina, 9 ottobre, la Camera dei deputati ha negato l’autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano, nell’ambito dell’inchiesta che riguarda il generale libico Almasri, liberato e rimpatriato sebbene sul suo nome pendesse un mandato di cattura della Corte penale internazionale dell’Aja. Al “salvataggio” dei tre membri del governo avrebbero contribuito anche alcuni esponenti dell’opposizione. È già caccia all’uomo nei corridoi di Montecitorio, dove a proteggere i responsabili è stato il voto segreto, utilizzato questa mattina.
I gruppi di maggioranza contano 242 deputati, più tre del gruppo misto, ma i voti contrari all’autorizzazione a procedere sono stati 251 per Nordio e Mantovano e 256 per Piantedosi. A favore del ministro dell’Interno ha votato solo Italia Viva, mentre il partito di Carlo Calenda ha detto no al processo per tutti e tre. Restano fuori 5 voti a sostegno di Piantedosi e 6 per Nordio e Mantovano. Si dice che alcuni voti siano arrivati anche dal Pd. Abbiamo parlato della seduta di questa mattina con il deputato dem e relatore di minoranza Federico Gianassi.
Dunque si mette un punto sul caso Almasri.
«Sì. Una pagina iniziata male e finita peggio. Questa vicenda ha gettato un pesante discredito sul governo, che si è mostrato debole di fronte alle pressioni e alle minacce di un gruppo paramilitare libico».
Cosa ci dice la decisione che è stata presa oggi dall’Assemblea?
«Una decisione sbagliata, che rappresenta un salvacondotto per i ministri rispetto al processo penale. Se i ministri avevano buone ragioni tecniche da far valere – e tutti sappiamo che non le avevano – avrebbero dovuto farlo nel corso del procedimento penale. Si crea invece un pericoloso precedente: passa il messaggio che ministri deboli di un governo debole, che cede alle pressioni di un gruppo radicale, possa poi ottenere l’immunità dal Parlamento».
Parlando delle votazioni di stamattina, ci sono stati dei franchi tiratori. E in Transatlantico si vocifera che qualche voto per salvare i ministri sia arrivato proprio dal Pd.
«Su questa indecorosa vicenda il Pd si è sempre mosso in maniera compatta nelle aule del Parlamento e nel Paese. Abbiamo sempre denunciato la gestione sbagliata e imbarazzante dell’Esecutivo e lo abbiamo fatto anche oggi».
Però ci sono cinque voti che non tornano.
«In un voto segreto può sempre succedere che i voti non tornino ma la nostra posizione è stata netta e compatta. Vanno cercati da un’altra parte».
Dunque, nessun messaggio rivolto ad Elly Schlein?
«No, nel Pd quando ci sono opinioni divergenti vengono esplicitate in trasparenza anche in occasione del voto».
Nordio oggi ha attaccato il Tribunale dei ministri dicendo che ha fatto “strazio del diritto”. Che ne pensa?
«Il ministro Nordio dovrebbe farsi un’esame di coscienza. Su questa vicenda, ha sostenuto che aveva ricevuto un mandato di arresto senza traduzione, ma gli atti dimostrano che la traduzione c’era fin dall’inizio. Ha detto che il ministero della Giustizia non aveva avuto il tempo di intervenire, ma poi si è scoperto che avevano participato fin da subito agli incontri riservati del Governo per definire la strategia. Insomma, non mi pare che abbia l’autorevolezza per esprimere giudizi critici su altri in questa vicenda».
Quanto all’atteggiamento di Meloni su questa vicenda?
«Un comportamento omissivo. Perchè quando pubblicò quel messaggio in cui annunciava di essere stata indagata dal Tribunale dei ministri, la premier Meloni spiegò che Almasri era stato espulso per motivi di sicurezza, ma attribuì la responsabilità della sua scarcerazione ai giudici della Corte d’Appello. E invece, come è emerso dagli atti, il governo aveva già condiviso – nei giorni in cui Almasri era ancora agli arresti – la strategia per determinarne la liberazione e poi trasferirlo in Libia. In questa vicenda si è sgretolata la narrazione autocelebrativa del governo Meloni sulla forza e la “schiena dritta” dell’Esecutivo nello scenario internazionale».
Resta aperta la vicenda Bartolozzi. Come andrà a finire?
«A Bartolozzi non è contestato il reato ministeriale, né che abbia commesso reati in concorso con i ministri. È invece accusata del reato diverso, commesso in una fase successiva, di falsa testimonianza. Sarà quindi la magistratura ordinaria a fare le valutazioni che le competono».