Resta chiuso il valico di Rafah tra Egitto e Gaza, aiuti ancora bloccati. Lo scontro sui corpi degli ostaggi trattenuti da Hamas


Non sarà riaperto oggi il valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto. Una fonte della sicurezza israeliana ha smentito l’annullamento delle sanzioni previste dal governo di Tel Aviv, con la limitazione degli aiuti umanitari. Un provvedimento adottato dopo che Hamas aveva consegnato solo quattro salme dei 28 ostaggi morti dopo il 7 ottobre. Ieri Hamas aveva restituito altri quattro cadaveri. Ma il governo israeliano non avrebbe ancora concesso il via libera per il ritorno a regime degli aiuti in transito dall’Egitto.
«Il valico di Rafah non verrà aperto oggi e non si sa nemmeno quando ciò accadrà», scrive Ynet che cita la fonte della sicurezza israeliana. Ad oggi «non è possibile farlo nemmeno dal punto di vista logistico. Dobbiamo recarci nella zona per controllare e inviare una squadra di avanguardia, ma questo richiede tempo. Si stima che con tutta probabilità si deciderà di tenere chiuso anche il valico anche domani». La stessa fonte ha inoltre affermato che 600 camion di aiuti umanitari stanno entrando da Kerem Shalom, in conformità con l’accordo.
Il governo israeliano ha deciso di annullare le sanzioni previste per oggi, che avrebbero dovuto includere la limitazione degli aiuti umanitari e la chiusura del valico di frontiera di Rafah tra Gaza ed Egitto. Lo riferisce l’emittente pubblica Kan. Le misure erano state adottate dopo che Hamas aveva inizialmente consegnato solo i resti di quattro dei 28 ostaggi uccisi. La revoca delle sanzioni è stata presa dopo che Hamas ha restituito ieri sera i corpi di altri quattro ostaggi. Il processo di identificazione potrebbe richiedere fino a due giorni. Hamas ha annunciato che oggi restituirà altre quattro salme.
Tamir Nimrodi
Tra queste c’era quella del soldato 19enne Tamir Nimrodi. Lo ha confermato la sua famiglia dopo la comunicazione ufficiale della sua identificazione da parte dell’istituto forense Abu Kabir di Tel Aviv. Nimrodi non era stato ufficialmente classificato come deceduto, ma come una persona per la quale c’era «una grave preoccupazione per la propria vita». Non era quindi stato incluso nell’elenco dei 20 ostaggi viventi. «Con il cuore spezzato e un dolore insopportabile, annunciamo che il corpo di Tamir, il mio amato primogenito, è stato restituito stasera da Gaza», ha scritto il padre Alon su Facebook. Quando è stato rapito Nimrodi prestava servizio nell’amministrazione di coordinamento e collegamento del Cogat per la Striscia di Gaza. Il soldato era stato ripreso in un filmato, insieme a Nick Beiser e Ron Sherman. Interroristi, in pantaloncini e maglietta, lo accompagnavano al cancello della base.
Uriel Baruch
Era stato rapito un mese prima del suo diciannovesimo compleanno, insieme ai suoi sue colleghi, che sono già stati restituiti per la sepoltura in Israele. Da allora la famiglia non aveva ricevuto alcun segno di vita o informazioni sulle condizioni di Tamir. L’unica prova a disposizione era il filmato del suo rapimento, il 7 ottobre 2023, mentre veniva portato via a piedi. Tra i corpi anche quello di Uriel Baruch, 35enne, originario di Givon. Era stato rapito mentre tornava a casa dal festival musicale Nova il 7 ottobre 2023. Lo ha annunciato l’istituto forense Abu Kabir di Tel Aviv. Qui nelle scorse ore sono arrivate le bare dei quattro ostaggi riconsegnati ieri sera da Hamas. L’identificazione di tutte le vittime potrebbe richiedere fino a due giorni, ha precisato il ministero della Salute israeliano.
Netanyahu
Intanto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che «la pace si conquista con la forza», in risposta all’intervistatore della Cbs secondo cui sembra che Israele sarà in guerra per altri 100 anni. «Penso che abbiamo l’opportunità di fare pace con molti, molti altri paesi. E questo, credo, sarebbe il dono più grande che possiamo fare al popolo di Israele, al popolo della regione e al popolo del mondo», ha detto Netanyahu. Per illustrare la sua teoria della pace conquistata con la forza, ha citato gli accordi di normalizzazione mediati da Trump, firmati nel 2020 con Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan.
La fine della guerra
Alla domanda su cosa gli servirebbe per dichiarare la fine della guerra, il premier israeliano ha risposto che «nel prossimo futuro, non solo per Israele, ma per il mondo libero e per il mondo civilizzato, penso si debba mantenere la capacità di difendersi. Perché la libertà non è permanente, né automatica. Se non si riescono a difendere le società libere, queste saranno sopraffatte da regimi autoritari o totalitari».