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La Lega verso il modello Zaia? Candiani: «Diventare come Cdu/Csu meno divisivo di Vannacci. Fa parte della storia del partito»

17 Ottobre 2025 - 18:04 Sofia Spagnoli
stefano candiani
stefano candiani
Per il deputato e voce di rifermento della Lombardia «non si può negare l’opportunità a chi questo modello vuole svilupparlo». Il Veneto può essere «un buon esempio anche per altri».

Il modello bavarese, che purtroppo niente ha a che vedere con creme o dolci, è un sistema politico e organizzativo tedesco. Nella Lega di Matteo Salvini non si parla d’altro da settimane, da quando il governatore uscente del Veneto, Luca Zaia – che non ama l’attuale assetto del Carroccio, su cui pesa anche l’impronta di Roberto Vannacci – ha rilanciato il modello Csu-Cdu. Un sistema con due partiti, ognuno libero di condurre le proprie battaglie, ma che si uniscono per mettere insieme i voti e presentarsi compatti alle elezioni politiche o europee. Zaia ha lasciato intendere che, per restare nella Lega, il partito dovrà riformarsi proprio seguendo questo modello. Non è stato un aut-aut, ma una considerazione che ha sicuramente creato scalpore all’interno del partito. Ne abbiamo parlato con il deputato Stefano Candiani, ex sottosegretario di Stato al ministero dell’Interno e una delle voci di riferimento lombarde.

Quanto è davvero fattibile questo modello bavarese di cui tutti stanno parlando?

«Ma non è un tema nuovo: appartiene alla storia della Lega da almeno trent’anni. È una modalità organizzativa che il partito ha già metabolizzato. Certo è che servono le condizioni politiche giuste per poterlo realizzare davvero».

E ci sono le condizioni giuste in questo momento?

«Dipende dai territori. Un territorio come il Veneto è molto più fecondo su questo argomento rispetto ad altre regioni d’Italia».

Zaia propone di estendere il modello a tutto il Nord.

«Lo puoi estendere solo dove la popolazione è pronta ad accoglierlo. Sa perché vinciamo sempre meglio in periferia rispetto ai grandi centri?»

Perché?

«Perché ci sono condizioni geopolitiche diverse. Un modello lo puoi proporre, ma, come si dice nel Vangelo, la salvezza uno deve cercarsela. Ti offro un’opportunità, poi sta ai territori coglierla. Ce ne sono alcuni in cui questo modello viene compreso, e altri in cui viene rigettato. Per tante ragioni».

E se viene rigettato?

«Se viene rigettato non è un problema mio. Ma di certo non si può negare l’opportunità a chi, invece, questo modello vuole svilupparlo. In Veneto, per esempio, può avere un seguito e diventare un buon esempio anche per altri».

Lei come si posiziona rispetto a questo tema?

«L’ho già accolto, perché è un tema che appartiene alla Lega. Non si parla di un elemento nuovo che si inserisce nel dibattito, come il modello “Vannacci”, che è molto recente e può essere divisivo per molti. Lo si accoglie perché fa parte della storia del partito».

Zaia in apertura di campagna elettorale in Veneto ha detto che sarà pericoloso.

«È quello che dovrebbe fare sempre chi si candida in politica all’apertura di una campagna elettorale: mettercela tutta, e anche diventare un po’ aggressivo, almeno quanto basta. Spero nessuno abbia pensato a Zaia come un incendiario con le bombe molotov in mano»

No, certo. Però qualche frecciata ai leader di centrodestra l’ha tirata.

«Queste sono declinazioni che mi fanno sorridere. In campagna elettorale si corre per vincere, contro tutti. La vittoria della coalizione è fondamentale, certo, ma ognuno gioca per salire sul podio. Nessuno partecipa per arrivare secondo. Faccio un applauso a Zaia: ha tirato fuori i denti e le unghie per portare avanti la sua campagna per la Lega».

Perché secondo lei non si è mai candidato come segretario?

«Perchè ha sempre fatto il presidente di Regione. È stato coerente e ha portato avanti il suo impegno con serietà. Per i veneti, prima c’è il Veneto. Tutto il resto viene dopo».

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