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Daniela Santanché e la presunta truffa all’Inps, il tribunale impone lo stop: perché l’udienza preliminare è congelata per mesi

17 Ottobre 2025 - 14:21 Ugo Milano
Il procedimento si ferma per ora a un passo dalla decisione del giudice sull'eventuale rinvio a giudizio. Che cosa succede adesso

Rimandata a data da destinarsi l’udienza preliminare di Daniela Santanché, in attesa del pronunciamento della Consulta. Così il Senato ha salvato, almeno per ora, la ministra del Turismo. A suo carico c’è un’indagine per truffa ai danni dello stato, su un presunto uso illecito della cassa integrazione Covid nel biennio 2020-2022 con le sue aziende «Visibilia Editore spa» e «Visibilia Concessionaria srl». Tre settimane fa la sua camera di appartenenza, il Senato, ha votato una mozione che rimette alla Corte Costituzionale la decisione sull’utilizzabilità di alcune registrazioni nelle mani dei pm, in nome dell’immunità parlamentare che protegge la corrispondenza degli eletti. Si tratta di alcune registrazioni ambientali fatte dall’ex direttore di Pc Professionale, Eugenio Moschini, durante gli incontri con Santanché in veste di editore. Il giornalista li aveva consegnati agli inquirenti a sostegno delle accuse mosse contro l’imprenditrice.

La Gup ferma l’udienza per il conflitto di attribuzioni

Nonostante i pm abbiano sottolineato che non ci sono norme a imporre lo stop del procedimento, la giudice per l’udienza preliminare ha comunque deciso di congelare tutto almeno fino al pronunciamento della Consulta. Una decisione che potrebbe arrivare anche fra molti mesi. La tesi della difesa, sposata in senato dalla maggioranza di centrodestra, è che le registrazioni dovessero essere acquisite chiedendo l’autorizzazione alla giunta di Palazzo Madama, come previsto per la corrispondenza cartacea e digitale. Tutto fermo quindi fino all’ultima parola della Consulta per cui, secondo l’avvocato Salvatore Pino che assiste Santanché «di solito ci vogliono sette otto mesi, a volte anche un anno».

Il nodo delle intercettazioni ambientali

Per il team che difende l’attuale ministra è «privo di ragionevolezza» il fatto che siano tutelate le comunicazioni private di un parlamentare ma che sia invece possibile acquisire senza autorizzazione registrazioni ambientali fatte a insaputa dell’interlocutore. Sulla base di questo ragionamento i legali hanno puntato a equiparare le registrazioni alla «corrispondenza» personale, in cui dal 2023 rientrano anche messaggi ed email secondo la sentenza della Consulta sul caso Fondazione Open-Renzi.

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