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In Erasmus nel Mediterraneo? La scommessa dell’Ue dopo la tregua a Gaza: «Così la pace la costruiranno i ragazzi»

20 Ottobre 2025 - 17:42 Simone Disegni
L'idea di una "Università del Mediterraneo" per far crescere corsi ad hoc e scambi di studenti: «Se il piano Trump funziona negli atenei cambierà il clima», spiega a Open Stefano Sannino (Commissione Ue)

Una settimana dopo la firma dell’accordo per un «nuovo Medio Oriente» a Sharm el-Sheikh, tutto pare maledettamente complicato: il cessate il fuoco a Gaza viene violato a ore alterne, con accuse incrociate tra Israele e Hamas; la popolazione palestinese sollevata dallo stop alle bombe e l’ingresso di aiuti resta alla mercé degli scontri tra milizie; senza il loro disarmo, svolta nel governo e ricostruzione della Striscia restano una chimera; e in Cisgiordania non si placano le violenze. L’Unione europea osserva preoccupata. Ma negli stessi giorni prova ad allargare la visuale – di tempo e di spazio – lanciando un nuovo “Patto per il Mediterraneo“. Iniziativa allo studio da mesi, certo, ma che nel contesto dello spiraglio di pace aperto dal piano Trump assume un sapore particolare. È giunta l’ora di «dare forma nuova alle nostre relazioni e sottolineare il nostro impegno per la pace, la sicurezza e l’ordine internazionale multilaterale basato sulle regole, dando un segnale politico chiaro di partnership», getta il cuore oltre l’ostacolo la Commissione col Patto presentato nei giorni scorsi. I partner sono i Paesi delle sponde Sud e Est del Mediterraneo: Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria e Tunisia. E il semplice metterli in fila dà l’idea della portata della sfida di progetti di cooperazione duraturi. Ma la chiave per vincere la scommessa, più che tra i leader di oggi, va cercata in quelli di domani, investendo sul dinamismo delle società e sui giovani, spiega a Open Stefano Sannino, direttore generale della Commissione per il Medio Oriente, il NordAfrica e il Golfo e «architetto» del Patto.

Stefano Sannino, già ambasciatore italiano in Ue e segretario generale della diplomazia Ue

L’iniziativa non è certo la prima che l’Ue lancia per provare a ravvivare rapporti spesso complicati con le altre sponde del mare nostrum. Nel 1995, trent’anni fa, fu lanciato il Processo di Barcellona. Nel 2008 la Francia tenne a battesimo il lancio di una vera e propria Unione per il Mediterraneo. Nel 2011 si provò a cogliere i semi delle cosiddette Primavere Arabe con una «nuova risposta a un vicinato in evoluzione». Eppure mai come oggi c’è un indirizzo politico forte e chiaro a Bruxelles, sostiene Sannino, ricordando come per la prima volta nella storia col nuovo mandato Ursula von der Leyen abbia voluto un Commissario per il Mediterraneo (la croata Dubravka Šuica) e una direzione generale ad hoc per dar corpo al suo lavoro. Ora arriva il Patto – frutto, assicura la Commissione, di un dialogo di mesi con tutti i partner della regione. Tre i pilastri di fondo: l’investimento sull’incontro tra le persone – formazione, sport, cultura; la cooperazione economica, tecnologica e ambientale; la gestione comune delle migrazioni e delle minacce alla sicurezza. In concreto, un mare magnum (appunto) di ben 100 azioni proposte in decine di settori diversi. Non è un caso però che la prima su cui si sofferma il Patto sia anche la più «visionaria» e fondata, appunto, sulla scommessa su una svolta generazionale: la creazione di una vera e propria Università del Mediterraneo. «Sarà un’istituzione con campus nello Spazio Mediterraneo Comune, con programmi sulle scienze umane, tecniche e naturali», si legge nel testo del Patto. Tradotto?

Supporter politici nella prima campagna elettorale in Tunisia dopo le “Primavere Arabe” – Tunisi, 22 ottobre 2014 (Ansa/Epa)

«Nel lungo termine l’idea è quella di arrivare a delle università fisiche, ma in questo momento ci concentriamo su obiettivi più raggiungibili», spiega Sannino. «L’idea principale è quella di creare alleanze tra atenei per far sì che nelle varie discipline si creino finestre, scambi di studenti e ricercatori, corsi di studi dedicati al Mediterraneo». L’università euro-mediterranea, d’altronde, esiste già. Anzi ne esistono già due: una in Slovenia, a Pirano, fondata nel 2008 per iniziativa degli atenei di Maribor (Slovenia), Haifa (Israele) e Sousse (Tunisia), e una in Marocco, a Fez, «incubata» dal 2012 dall’Unione per il Mediterraneo. Punti di partenza, non di arrivo, fa capire la Commissione. Nel lungo termine ne potranno sorgere altre, o quanto meno nuovi campus ad hoc di quelle già esistenti, magari in città-simbolo di dialogo e traffici mediterranei – Venezia o Marsiglia, Tunisi o Valencia, un giorno chissà nelle riappacificate capitali del Medio Oriente. Percorso tutto da costruire. «Per prima cosa allargheremo il programma Erasmus+ ai partner del Sud del Mediterraneo», spiega la Commissaria Šuica, così da incoraggiare «non solo la mobilità, ma una vera integrazione accademica – con lauree congiunte, corsi di studi condivisi, il riconoscimento reciproco dei diplomi in aree d’interesse strategico. Quindi stabiliremo un’Alleanza tra Università per coordinare cooperazione accademica, consorzi di ricerca e scambi culturali». All’ultimo stadio sta il traguardo più ambizioso, quello di dar vita appunto a una vera Università del Mediterraneo, «con molteplici campus attraverso il nostro mare comune, lauree riconosciute in Ue e al Sud, studenti che passano periodo di tempo in diversi Paesi partner» – insomma «non un edificio unico, ma un ecosistema di cooperazione che vive e respira».

L’Università euromediterranea di Fez, in Marocco

Sogni e ambizioni che devono fare i conti con la realtà attuale delle università. In Italia ed Europa da mesi gli atenei ribollono di rabbia contro Israele facoltà occupate, assemblee infuocate, striscioni e cori contro il «genocidio», se non di aperto invito alla «morte ai sionisti», richieste perentorie di boicottaggio accademico. Possibile in un contesto del genere pensare a rilanciare progetti di scambio e cooperazione che riuniscano atenei europei, arabi e israeliani? Tempi e modi del caso possono consentire di raggiungere obiettivi ambiziosi, risponde da veterano della diplomazia Sannino, già ambasciatore italiano a Bruxelles e poi segretario generale del Servizio d’azione esterna, il corpo diplomatico Ue. «Per prima cosa dopo il cessate il fuoco a Gaza speriamo in un’evoluzione positiva della situazione politica in Medio Oriente», insomma che il grande incendio – laggiù e a cascata qui – via via si spenga. «Secondo, non puntiamo a che tutte le università si colleghino tra loro, piuttosto ci ispiriamo a un principio di flessibilità: chi vuole si mette insieme per costruire dei progetti comuni». La dimensione bilaterale oggi per costruire la rete ampia in un futuro che si spera pacifico, insomma. «Sono cresciuta io stessa in una società chiusa e ho vissuto la guerra nel mio Paese, tempi in cui pareva impensabile immaginare standard condivisi o mobilità educativa oltre i confini», ricorda Šuica rievocando i tempi bui della guerra nei Balcani. Trent’anni dopo, i giovani della sua Croazia viaggiano liberamente in Erasmus, lei guida la Commissione sul Mediterraneo e in Slovenia c’è il primo ateneo euro-mediterraneo. Tra trent’anni?

Foto di copertina: La consegna dei diplomi all’università euromediterranea di Fez, in Marocco (Unione per il Mediterraneo)

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