Sconcerto fra i vescovi: il documento del sinodo non cita mai i gay pride. La chiesa italiana invitata a benedirli o supportarli? «È una fake news»

Nelle 72 pagine del documento di sintesi del sinodo dei Vescovi approvato sabato 25 ottobre dall’assemblea sinodale non c’è un solo riferimento alla comunità «lbtq+» e tanto meno al «gay pride». C’è un certo sconcerto quindi da parte del vertice della Cei che non capisce come sia potuto accadere che su agenzie e su gran parte della stampa sia potuta uscire come gran novità dei vescovi italiani un titolo secondo cui la chiesa italiana sarebbe invitata a benedire o addirittura «supportare i gay pride». Errore per altro compiuto anche dallo stesso Open, visto che sulle più grandi agenzie di stampa (che solo molte ore dopo l’hanno corretto) quello era il titolo. «È una fake news», spiegano i relatori del documento. La novità infatti è esattamente quella opposta: rispetto alle bozze di qualche mese fa il documento sinodale non fa mai alcun tipo di riferimento alla comunità lgbtq+, e c’è un certo disorientamento fra i vescovi su come sia emerso invece il contrario.
Il capitolo del sinodo ispirato ai “tutti, tutti, tutti” di Papa Francesco sulla accoglienza
Il riferimento al tema che ha creato tanto stupore è a pagina 21 e 22 del documento di sintesi del sinodo dei vescovi, al punto n. 30 rappresentato dal capitolo «La cura delle relazioni – Tutti, tutti, tutti». Era la chiave del papato di Francesco, che ha sempre chiesto alla Chiesa di non chiudere le sue porte a nessuno, tanto meno per motivi ideologici. Nemmeno a chi era ai margini della vita ecclesiale e sacramentale a causa della propria situazione affettiva vivendo unioni al di fuori del sacramento del matrimonio (i divorziati e risposati civilmente ad esempio non possono fare la comunione). E di questa apertura umana e non ideologica parla il documento. Accogliere. Ma anche indirizzare alle condizioni di sempre per ricevere un sacramento. Si propone ad esempio «che le Chiese locali promuovano percorsi e approcci pastorali di accompagnamento e integrazione nella vita ecclesiale delle coppie conviventi, che hanno in animo una futura unione nel sacramento del matrimonio, tenendo conto di questo loro desiderio».

Il riferimento non è ai gay pride, ma alla giornata mondiale contro l’omofobia del 17 maggio
Altri due punti sono quelli che hanno causato quella interpretazione obiettivamente forzata della chiesa benedicente i gay pride. Il primo letteralmente propone che «le Chiese locali, superando l’atteggiamento discriminatorio a volte diffuso negli ambienti ecclesiali e nella società, si impegnino a promuovere il riconoscimento e l’accompagnamento delle persone omoaffettive e transgender, così come dei loro genitori, che già appartengono alla comunità cristiana». Si tratta di una semplice vicinanza alle persone omoaffettive e trasgender, tanto più a quelle che appartengono a famiglie appartenenti alla comunità cristiana. La seconda proposta è quella che ha generato gli equivoci: «Che la Cei sostenga con la preghiera e la riflessione le “giornate” promosse dalla società civile per contrastare ogni forma di violenza e manifestare prossimità verso chi è ferito e discriminato (Giornate contro la violenza e discriminazione di genere, la pedofilia, il bullismo, il femminicidio, l’omofobia e transfobia, etc.)». Il riferimento è chiaramente alla «giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e transfobia», che si celebra in tutto il mondo dal 2004 ogni 17 maggio e che nulla ha a che vedere con i «gay pride». Non è una giornata dell’orgoglio gay, ma contro la discriminazione con qualsiasi forma (anche violenta) dell’altro. Esattamente come la giornata contro il bullismo, quella contro la discriminazione di genere e tutte le altre citate nel documento.
Ogni parte del documento sinodale è solo un suggerimento alle singole chiese, libere di non ascoltarlo
C’è un certo sgomento fra i vertici dei vescovi italiani per come sia stato trattato il documento finale del sinodo, che si occupa di molti altri temi assai meno “pop” e soprattutto di questioni liturgiche, catechistiche e organizzative della vita della Chiesa. Per altro su tutti questi temi il sinodo non ha preso nemmeno una decisione, ma ha elaborato consigli, proposte e inviti alle singole chiese locali e alle conferenze episcopali regionali sui vari temi. Quindi ciascuna chiesa locale è libera di accoglierle o di procedere liberamente in altro modo. Questo dai canti in chiesa che si invita a rinnovare alle preghiere con cui accompagnare le giornate nazionali o internazionali contro la discriminazione degli altri, chiunque essi siano. Ci sarà il vescovo che aderirà alla proposta e quello che invece farà diversamente.
