La presa di Al-Fashir e le uccisioni di massa: cosa sta accadendo in Sudan? L’Onu denuncia: «130mila minori a rischio, esecuzioni su base etnica»

Dopo oltre due anni di una brutale guerra civile, il Sudan è entrato in una nuova e drammatica fase. Le Forze di supporto rapido (Rsf), nate dalle milizie arabe Janjaweed e guidate dal generale Mohammed Hamdan Dagalo, noto come Hemedti, hanno conquistato Al-Fashir, città della regione del Darfur assediata da oltre un anno e mezzo e ultima roccaforte dell’esercito sudanese (Saf). In un discorso trasmesso in televisione, il generale Abdel Fattah al-Burhan, comandante dell’esercito sudanese ed ex capo del governo di transizione, ha ammesso la perdita della città, affermando di aver autorizzato il ritiro delle truppe di fronte a quella che ha definito «una campagna di distruzione sistematica con massacri contro la popolazione civile». La caduta di Al-Fashir rappresenta una svolta decisiva nel conflitto, che secondo le Nazioni Unite ha già causato oltre 40 mila morti e dato origine alla peggiore crisi umanitaria al mondo, con più di 14 milioni di persone costrette alla fuga.
I crimini di guerra commessi dai paramilitari
Dopo la conquista di Al-Fashir si è verificata una nuova ondata di violenze e terrore nella regione. In rete e sulle piattaforme social si moltiplicano video, alcuni girati dalle stesse Rsf, che documentano le brutali atrocità commesse dai paramilitari contro le popolazioni non arabe del Darfur. Le denunce raccolte dai media internazionali parlano di esecuzioni sommarie, violenze di massa e stupri su base etnica, in una terra già devastata, vent’anni fa, da una delle più gravi tragedie del XXI secolo: il genocidio del Darfur (2003–2009), che causò oltre 600 mila morti e milioni di sfollati.
Altri filmati mostrano, invece, soldati su veicoli e cammelli che inseguono uomini in fuga, mentre numerosi prigionieri – tra cui giovani operatori della Mezzaluna Rossa sudanese – vengono trattenuti e picchiati da miliziani armati. Fingono di risparmiarli, ma li uccidono subito dopo con colpi alle spalle. «Siamo di fronte a una nuova ondata di violenze sistematiche, pianificate su base etnica», ha dichiarato un osservatore delle Nazioni Uniteall’Associated Press (Ap), rimasto anonimo per motivi di sicurezza.
Le violenze contro donne e bambini
L’ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) ha riferito di aver ricevuto segnalazioni attendibili riguardanti esecuzioni sommarie, attacchi contro civili lungo le vie di fuga e incursioni casa per casa nella città di Al-Fashir. Tra le testimonianze raccolte emergono anche numerosi casi di violenza sessuale, che aggravano ulteriormente un quadro già drammatico. E come accade in ogni conflitto, sono i bambini a subire le conseguenze più devastanti.
«Da oltre 500 giorni vivono intrappolati in un assedio brutale, bersaglio di bombardamenti incessanti e violenze indicibili», ha denunciato Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef Italia. Secondo l’organizzazione, circa 130 mila minori sarebbero oggi a rischio immediato, anche se la portata reale della tragedia rimane difficile da valutare a causa delle gravi interruzioni delle comunicazioni nella regione. «La situazione è disperata – ha aggiunto Iacomini -, la violenza viene usata come arma anche contro i bambini. Bambini di appena un anno vittime di abusi da parte di uomini armati: episodi che dovrebbero scuotere le coscienze e spingere a un intervento immediato».
L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha chiesto un cessate il fuoco in Sudan a seguito delle notizie relative all’uccisione di oltre 460 persone in un ospedale a Al-Fashir. L’Oms «è sconvolta e profondamente scioccata», ha scritto l’Oms sul suo account X. A rendere la situazione ancora più difficile è il blackout delle telecomunicazioni che ha colpito ampie aree del Darfur, insieme all’interruzione della connessione satellitare Starlink, che costituiva per molti l’unico mezzo di accesso a internet.
October 29, 2025
Chi resta, chi prova a fuggire
Con l’intensificarsi dei combattimenti, migliaia di civili hanno tentato di fuggire. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) stima che oltre 26 mila persone siano riuscite a lasciare Al-Fashir, mentre il Comitato internazionale della Croce Rossa (Icrc) ha riferito che più di 4 mila sfollati hanno raggiunto i campi di Tawila, nel Nord Darfur, negli ultimi due giorni. «Le notizie che emergono da Al-Fashir sono terrificanti», ha dichiarato Tigere Chagutah, direttore regionale di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale. Chagutah ha esortato le Rsf a porre fine agli attacchi contro i civili e a consentire l’ingresso degli aiuti umanitari nella città assediata. «La popolazione ha già sopportato il brutale assedio della città da parte dei paramilitari, durato 18 mesi», ha aggiunto. «Tutti i responsabili delle atrocità in corso devono essere ritenuti individualmente responsabili».
Un paese sull’orlo della divisione?
La conquista di Al-Fashir da parte delle Rsf alimenta i timori di una nuova divisione del Sudan, sul modello della Libia, a quasi quindici anni dall’indipendenza del Sud Sudan. Il generale Mohammed Hamdan Dagalo, che è aiutato dagli Emirati Arabi Uniti con armi e denaro, ha annunciato la formazione di un governo parallelo per amministrare i territori sotto il controllo della sua milizia. Secondo Le Monde, le Rsf controllano ormai un’area vasta quanto la Francia, al confine con Libia, Ciad, Repubblica Centrafricana e Sud Sudan.
Questa situazione consolida la partizione di fatto del paese, avviata già ad agosto con la proclamazione di un governo a Nyala, nel Darfur meridionale. Secondo gli analisti dell’Ispi, le Rsf potrebbero ora sfruttare il loro vantaggio per avanzare verso l’est del Sudan e persino rilanciare un’offensiva su Khartoum, riconquistata dall’esercito regolare lo scorso maggio.
Foto copertina: ANSA / MARWAN MOHAMED | Sudanesi si dirigono verso i campi di Tawila in mezzo al conflitto in corso tra l’esercito sudanese e le Forze di Supporto Rapido, nel Darfur settentrionale, Sudan, 14 aprile 2025
