Zohran Mamdani diventerà sindaco di New York? I sondaggi, le minacce di Trump, il tifo di Obama e Ocasio-Cortez (col sogno Casa Bianca)

Mancano 48 ore alle elezioni che potrebbero terremotare gli assetti politici a New York, mandando in fibrillazione l’arena politica nazionale d’America, sino alla Casa Bianca di Donald Trump. Martedì 4 novembre si vota infatti per eleggere il nuovo sindaco della Grande Mela dopo Eric Adams. I seggi si aprono martedì alle 6 di mattina e si chiudono alle 21, ora locale – anche se una parte dei newyorchesi ha già espresso la sua scelta con l’early voting, consentito sino ad oggi. E dopo una cavalcata trionfale e inaspettata all’interno del Partito Democratico, l’uomo da battere è Zohran Mamdani.
Trentaquattro anni, nato in Uganda, musulmano e socialista, Mamdani era un semi-sconosciuto deputato statale sino a un anno fa, quando lanciò la sua candidatura alle primarie Dem per la guida della città. Complice la concorrenza sul fronte «centrista» dello screditato Andrew Cuomo, l’ex governatore dello Stato dimessosi nel 2021 dopo le accuse di molestie sessuali, a giugno Mamdani ha trionfato imponendosi come candidato del partito di centrosinistra. E ora «vede» la vittoria.
I sondaggi
L’ultimo sondaggio della Quinnipiac University lo stima 10 punti avanti su Cuomo (presentatosi alla fine con una lista indipendente): 43% contro 33%. Quelli condotti negli stessi giorni (fine ottobre) da Marist University e Beacon Research (per Fox) lo proiettano addirittura a +16 su Cuomo. Briciole restanti per il candidato Repubblicano Curtis Silwa, quotato tra il 14 e il 16%. Un mese fa però Mamdani veniva dato in testa anche di 20 punti, e gli stessi polls fotografano un significativo bacino di indecisi. Ragioni sufficienti per lui per toccare ferro fino all’ultimo. Ma perché è tanto amato da una parte e temuto dall’altra? E cosa potrebbe succedere se diventasse sindaco di New York?
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Chi è e cosa propone Zohran Mamdani
Classe 1991, Zohran Mamdani è nato in Uganda, Paese di cui è cittadino il padre Mahmood, professore di studi post-coloniali alla Columbia. La madre Mira Nair è invece una regista, di origine indiana come il marito: ha aperto tra l’altro il Festival del Cinema di Venezia nel 2012 con il suo Il fondamentalista riluttante. Zohran si trasferì coi genitori a New York all’età di 7 anni.
Laureatosi in studi africani al Bowdoin College, vi ha fondato la sezione locale del movimento Students for Justice in Palestine. Prima palestra di attivismo e politica. Dopo aver accarezzato il sogno di una carriera musicale, nel 2017 Mamdani si è unito ai Socialisti Democratici d’America (DSA), la «corrente» di sinistra del Partito Democratico ispirata da Bernie Sanders e di cui è illustre esponente pure la deputata Alexandria Ocasio-Cortez. Dal 2020, sostenuto da quel movimento, è deputato all’assemblea dello Stato di New York.
Il programma
La sua piattaforma è incentrata sui temi sociali cari al DSA, cui Mamdani ha aggiunto una componente pop con una campagna elettorale frizzante, tra le strade di New York e sui social. Battendo sul tasto del costo della vita insostenibile nella Grande Mela, Mamdani propone una serie di misure tanto ambiziose quanto concrete per rendere New York di nuovo «accessibile» a tutti, a cominciare dalla classe lavoratrice: bloccare il prezzo degli affitti per un milione di appartamenti, rendere gratuito il biglietto degli autobus per i cittadini, ampliare drasticamente l’offerta di asili pubblici, istituire una rete di supermercati gestiti dal Comune per abbassare i prezzi dei generi alimentari. Il costo di un programma del genere? 7 miliardi, stimano gli esperti.
Mamdani ricorda che il bilancio della città vale qualcosa come 116 miliardi di dollari, dunque lo spazio si può trovare. In primis alzando le tasse su chi più se lo può permettere: grandi aziende e privati cittadini che guadagnano oltre un milione di dollari.
October 31, 2025
Il successo e le polemiche
Quanto basta per entusiasmare la sinistra, certo, ma anche dare speranza a una fetta ben più rilevante della classe bassa e media che ha fame di risposte certe al carovita imperante. Quanto basta, d’altro canto, alla destra e alla business community newyorchese per etichettarlo come un pericoloso «socialista» (già di per sé un insulto per mezza America) se non proprio «comunista». Oltretutto, tempesta perfetta agli occhi dell’immaginario conservatore Usa, Mamdani è giovane, musulmano – sarebbe il primo sindaco di New York di fede islamica – e apertamente schierato per la causa palestinese.
Lanciatosi politicamente con l’attivismo pro-Pal, Mamdani è attivo sostenitore del movimento BDS che chiede boicottaggio e sanzioni per Israele e nei mesi scorsi ha fatto scalpore la sua difesa pubblica dello slogan “Globalizzare l’Intifada“, interpretabile come un invito all’assalto armato contro Israele, se non contro gli ebrei di tutto il mondo. Dopo la bufera il candidato Dem ha poi preso parzialmente le distanze e detto che sentirsi definito antisemita «mi fa soffrire», ma la comunità ebraica – quasi 1,7 milioni di persone nello Stato di New York – ci crede ben poco e lo vede come il fumo negli occhi. Tanto quanto Donald Trump, che dopo la vittoria schiacciante alle elezioni presidenziali del novembre scorso ha tramortito il Partito Democratico e tutto vorrebbe tranne che una ripresa dal basso della sinistra – per di più dalla “sua” New York. Così, nel dubbio, è entrato in tackle alla sua maniera.
Gli attacchi di Trump, il sostegno di Obama
«Abbiamo un Comunista di 33 anni che non sa niente, probabilmente non ha mai lavorato un giorno in vita sua, ma a quanto pare fa presa. Non manderò un sacco di soldi a New York, non consentirò che sia rovinata una delle nostre più grandi città. La ripuliremo dal crimine in 30 giorni», ha detto Trump a tre settimane dal voto. Le minacce dunque sono le “solite” due: il congelamento di fondi federali e l’invio di truppe della Guardia nazionale o delle squadre anti-migranti dell’ICE. Carte entrambe già sventolate o usate nei mesi scorsi sui territori guidati da sindaci e governatori Democratici invisi, ed entrambe suscettibili di dar vita a battaglie politiche e giudiziarie.

Il fair play di Mamdani e il sogno nel cassetto di Ocasio-Cortez
Che ne pensa Mamdani? Come si prepara a un’«accoglienza» del genere da parte del governo nazionale se davvero sarà eletto sindaco? Il 34enne per la verità nelle ultime settimane di campagna elettorale ha evitato di cadere nella «trappola» di personalizzare lo scontro, ribadendo se mai come la sua priorità siano gli interessi concreti dei cittadini, a partire da quelli ai margini.
«Continuerò ad essere aperto a parlare con Donald Trump, a incontrarlo, a condizione che si tratti di sostenere i newyorchesi», in particolare «se la conversazione riguarda il costo della vita». Sollecitato sullo spettro del congelamento di fondi federali o dei raid dell’ICE, Mamdani comunque ha sottolineato come si tratterebbe di mosse illegali e che dunque combatterebbe fieramente. Se il 34enne musicista mancato si guarda dal presentarsi come profilo anti-Trump c’è però un’altra ragione oggettiva. Anche se dopo martedì dovesse essere consacrato affermarsi come astro nascente della sinistra Usa come sindaco della sua città simbolo, Mamdani non potrà mai ambire a prendere il posto ora occupato dal leader MAGA.
L’appoggio di Obama e la strada per la Casa Bianca
Essendo nato in Uganda, a norma di Costituzione, Mamdani non può candidarsi a presidente degli Stati Uniti. Chi milita o sostiene nella sinistra Usa coltiva se mai un altro sogno: che l’agenda «socialista» (e woke) si prenda la rivincita dopo anni ai margini o sotto attacco. E che questa nuova ondata possa diffondersi ben oltre l’East Coast sino a rilanciare la corsa di un altro esponente dell’area DSA all’interno dei Democratici. Magari proprio quella Alexandra Ocasio-Cortez che nel 2028, invece, sarebbe candidabile, avendo superato lo scorso anno l’ostacolo anagrafico (ha appena compiuto 36 anni, la soglia minima è 35).
La deputata newyorchese ha sostenuto sin dall’inizio la corsa di Mamdani e nell’ultimo grande comizio era al suo fianco insieme al «padre nobile» di quell’area Bernie Sanders. E non a caso è stato proprio lei ad arringare la folla su un traguardo politico ben più che locale: «Parlo con te, Donald Trump. C’è stato un giorno prima della tua presidenza e ce ne sarà uno dopo. E appartiene a noi», ha detto domenica scorsa mandando in visibilio migliaia di fan riuniti a Forest Hills. Prima, però, ci sono da vincere davvero le elezioni a New York. E sperare che Mamdani si riveli in grado di mantenere i suoi ambiziosi impegni per i cittadini della Grande Mela. Ragion per cui, a tre giorni dal voto, il 34enne ha ricevuto una telefonata inattesa: quella di Barack Obama, che gli ha fatto i complimenti per la campagna «quasi senza errori» condotta e gli ha offerto il suo aiuto se e quando dovrà davvero governare New York. Basterà?
Foto di copertina: Il candidato sindaco di New York Zohran Mamdani col senatore Bernie Sanders e la deputata Alexandria Ocasio-Cortez – New York, 26 ottobre 2025 (Ansa/Epa – Sarah Yenesel)
