Vincenzo Lanni, parla la vedova di una vittima del 2015: «Mio marito non è più uscito di casa per paura, dopo l’aggressione si è spento lentamente»

«Ho visto cos’era successo a quella donna a Milano e ho subito pensato che poteva essere ancora lui». La brutale aggressione di Vincenzo Lanni, che ieri mattina ha accoltellato alla schiena Anna Laura Valsecchi in piazza Gae Aulenti, ha rievocato brutti ricordi nella signora Kadijia. La 74enne di origini indiane, residente ad Alzano Lombardo (Bergamo), è da alcuni anni vedova di Luigi Novelli, una delle precedenti vittime di Lanni. Raggiunta dal Corriere della Sera, la donna ha ripercorso la tragedia che quel 20 agosto 2015 ha toccato suo marito. Sopravvissuto alle ferite, ma profondamento segnato dal trauma, Novelli, spiega la moglie, da quel giorno aveva cominciato a spegnersi.
Le aggressioni nel 2015
Come è emerso non appena gli inquirenti hanno dato un nome all’aggressore, Vincenzo Lanni aveva dei precedenti di accoltellamento risalenti al 2015. In quell’occasione l’uomo aveva aggredito due anziani, Antonio Castelletti e, appunto, Luigi Novelli, a poche ore di distanza l’uno dall’altro. Per il secondo, il modus operandi era stato lo stesso replicato ieri a Milano: un colpo alla schiena con un lungo coltello da cucina. «Lui non aveva capito subito cos’era successo», racconta la vedova. «Aveva sentito la fitta alla schiena ma aveva pensato che fosse un dolore dell’età e ha continuato a camminare fino alla biblioteca, ma quando poi ci è arrivato è crollato. Per fortuna lì c’era un medico che lo aveva soccorso e gli aveva tamponato la ferita, aveva perso molto sangue. Ma non aveva toccato la lama, quella l’avevano tolta solo dopo, alla clinica Gavazzeni».
Il decorso di Luigi Novelli dopo l’aggressione
Una ferita profonda, ma non grave da comportare lesioni agli organi interni, aveva permesso a Novelli di essere dimesso dall’ospedale dopo due mesi di ricovero. Eppure, qualcosa nell’uomo si era rotto. La moglie ricorda bene quel periodo: «Non è più uscito di casa da allora. Aveva paura, una sofferenza, quasi un’agonia. Ma più ancora aveva la fissazione di poter ritrovare proprio quell’uomo, anche se sapeva che era in prigione. Pensava che sarebbe uscito e se lo sarebbe trovato davanti. Ha scoperto solo dopo che lo conosceva. In biblioteca gli hanno detto: era quello che era sempre seduto a due passi da te, che non parlava mai con nessuno». Due anni più tardi Luigi Novelli è morto. La sua non è stata una fine serena: «Gli era venuta una forte depressione, si è spento piano piano. Nei tre anni successivi anche io non uscivo mai di casa, ma per me più che la paura era il dispiacere per tutto quello che è successo», racconta la moglie.
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Lanni era libero dopo la condanna scontata
Mentre era in corso il processo per le aggressioni dell’agosto 2015 a Vincenzo Lanni era stato diagnosticato un disturbo schizoide della personalità. Questo non gli aveva evitato la condanna: otto anni di carcere e tre in una struttura psichiatrica, scontati i quali l’uomo era tornato libero. Ad oggi stava facendo un percorso di reinserimento presso la comunità 4Exodus, dalla quale nei giorni scorsi era stato allontanato per cattiva condotta. L’equipe della struttura gli aveva suggerito rivolgersi ai servizi specialistici di riferimento e gli aveva offerto la disponibilità all’accompagnamento, ma nel corso del trasferimento l’ospite aveva «deciso di allontanarsi volontariamente, esercitando un diritto che gli spettava pienamente essendo uomo libero», spiega la comunità. Su quest’ultimo dettaglio, però, la vedova di Luigi Novelli ha le idee molto chiare: «Una persona come quella è malata, non puoi lasciarla andare in giro».
