Voli nel caos, dipendenti pubblici in fila alle mense. Cosa succede negli Usa (e nelle basi in Italia) dopo 37 giorni di shutdown

Voli annullati, lavoratori senza stipendio, sussidi interrotti. Lo shutdown più lungo nella storia americana sta facendo sentire le sue conseguenze, non solo negli Stati Uniti, ma anche fuori, persino in Italia. Il blocco delle attività amministrative del governo federale – questo il significato del termine shutdown – è cominciato lo scorso 1° ottobre, quando un’impasse tra democratici e repubblicani sul tema dell’assicurazione sanitaria ha impedito al Congresso di approvare la legge di bilancio. Come da prassi, dunque, il sistema americano ha tagliato tutte le spese non essenziali, ma la chiusura forzata sta costando cara ai cittadini e con il passare dei giorni sono sempre di più i servizi interrotti per mancanza di fondi pubblici.
I lavoratori coinvolti dallo shutdown negli Stati Uniti
I primi a pagare il prezzo del mancato accordo in Campidoglio sono i circa 1,4 milioni di dipendenti federali che secondo il Bipartisan Policy Center (Bpc) da settimane non percepiscono lo stipendio. Circa la metà di questi è in congedo forzato, il che significa che non stanno lavorando e non vengono pagati, ma prevedono di tornare al lavoro una volta terminata la chiusura federale. L’altra metà invece è stata ritenuta essenziale e quindi continua a lavorare pur senza essere pagata. Per legge, i dipendenti federali dovrebbero ricevere gli stipendi arretrati una volta terminato lo shutdown, ma l’attesa per molti è già diventata insostenibile. In molte città questo si è tradotto in una vera emergenza sociale, con dipendenti federali che fanno lunghe file per un pasto nelle mense sociali. Da fine ottobre World Central Kitchen, no profit dedicata alla distribuzione di cibo in luoghi di gravi crisi umanitarie, ha messo a disposizione i suoi food trucks per servire pasti ai dipendenti federali e alle loro famiglie.
Centinaia di voli a rischio la prossima settimana
Tra i dipendenti che continuano a lavorare non pagati ci sono i controllori del traffico aereo, che a partire da oggi vedrà una crescente riduzione delle attività. Per alleggerire la pressione sugli impiegati che la prossima settimana perderanno un altro stipendio, l’amministrazione Trump ha annunciato il taglio del 4% del traffico aereo in 40 principali aeroporti del Paese. Tale riduzione aumenterà gradualmente fino al 10% entro venerdì prossimo, a meno che il blocco non si interrompa prima. Per questo motivo diverse importanti compagnie aeree, tra cui American Airlines e United Airlines, hanno cancellato preventivamente centinaia di voli programmati per venerdì e per il fine settimana. Un controllore del traffico aereo avverte che, se lo shutdown non terminerà presto, durante le prossime festività di Thanksgiving si potrebbe assistere al «giorno peggiore nella storia dei viaggi aerei».
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Le conseguenze di un ulteriore prolungamento dello shutdown
Il Giorno del Ringraziamento, che quest’anno cade il 27 novembre, è una soglia psicologica importante, raggiunta la quale si arriverebbe a un blocco di quasi due mesi, un evento di enorme impatto nell’economia reale del Paese. Se lo shutdown dovesse protrarsi fino al 1° dicembre, i dipendenti delle agenzie federali perderebbero complessivamente circa 4,5 milioni di stipendi, pari a un totale di 21 miliardi di dollari di salari federali, secondo le stime del Bipartisan Policy Center. «Forse una famiglia può superare la perdita di uno stipendio, ma se ne perdono due o più, la situazione diventa sicuramente molto più difficile», ha affermato Caleb Quakenbush, vicedirettore del programma di politica economica del Bpc.

La chiusura dei programmi di sostegno alle famiglie
Intanto le famiglie potrebbero trovarsi ad affrontare ulteriori difficoltà con alcuni programmi di sostegno sociale, ridotti a causa della chiusura. Infatti, anche i banchi alimentari locali e altre organizzazioni no profit, che costituiscono la seconda linea di difesa, potrebbero subire tagli ai finanziamenti con il congelamento dei fondi federali. Un esempio è il programma Head Start, che a livello nazionale assiste circa 750.000 tra neonati, bambini piccoli e bambini in età prescolare, fornendo non solo assistenza all’infanzia e nell’apprendimento, ma anche pasti gratuiti, screening sanitari e sostegno alle famiglie. I programmi Head Start locali sono finanziati annualmente, anche se in periodi diversi dell’anno. Pertanto, osserva Tommy Sheridan della National Head Start Association, «se la chiusura dovesse protrarsi fino a dicembre, un numero ancora maggiore di programmi vedrebbe esaurirsi i propri finanziamenti».
La ricaduta sui lavoratori italiani
Trattandosi di un freno sulle spese del governo statunitense, a pagare il prezzo dello shutdown sono anche i dipendenti che lavorano per Washington pur senza essere cittadini americani. In Italia, lo stallo coinvolge oltre 1.500 impiegati delle basi militari statunitensi di Vicenza, Aviano e Livorno. Il mancato pagamento delle loro retribuzioni ha portato i sindacati di categoria Fisascat-Cisl e Uiltucs a proclamare lo stato di agitazione. Con una lettera trasmessa alla presidenza del Consiglio, ai ministeri degli Esteri, della Difesa e del Lavoro, nonché all’Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, le due organizzazioni sindacali hanno chiesto un intervento urgente delle istituzioni. A detta loro, il ritardo nel pagamento degli stipendi rappresenterebbe una violazione dello Status of Forces Agreement, l’accordo del 1951 che stabilisce che «le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare i salari e le condizioni per la protezione dei lavoratori, sono regolate in conformità alla legislazione in vigore nello Stato ricevente», cioè, in questo caso, l’Italia.
