Kyminasi Diet, la dieta della medaglietta che divide gli esperti: cosa c’è (e cosa manca) di scientifico

È una delle tendenze più discusse degli ultimi mesi nel mondo delle diete alternative: la Kyminasi Diet, un metodo che promette di favorire il dimagrimento senza contare le calorie e soprattutto senza farmaci.
A distinguerla dalle altre non è tanto l’alimentazione, che si definisce “non ipocalorica” e basata su cibi naturali, quanto un piccolo dispositivo da indossare sotto l’ombelico, una medaglietta o chip biotecnologico che, secondo chi la propone, sarebbe in grado di “riprogrammare il metabolismo” e “eliminare intolleranze alimentari” attraverso l’emissione di particolari biofrequenze.
Negli ultimi mesi, la dieta Kyminasi è diventata oggetto di discussione anche fuori dall’ambito dei centri specializzati.
Si muove in un territorio di confine, dove nutrizione, medicina olistica e tecnologie biofisiche si intrecciano.
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Proprio questa commistione ha acceso il dibattito: da un lato l’interesse per un approccio che propone di agire sul metabolismo attraverso la “riprogrammazione” energetica del corpo, dall’altro i dubbi su quanto questi principi possano trovare riscontro nei modelli della ricerca biomedica tradizionale.
Perché piace
Nell’ultimo periodo la Kyminasi Diet ha attirato l’attenzione di molte persone alla ricerca di un equilibrio più stabile con il proprio corpo, dopo anni di diete restrittive o risultati temporanei. Con tanto di sito ufficiale, si presenta come un metodo capace di favorire il dimagrimento senza farmaci e senza contare le calorie, attraverso un approccio che unisce alimentazione controllata e stimolazione biofisica.
L’ideazione viene attribuita al ricercatore svizzero Fulvio Balmelli: con una proposta articolata in fasi di 28 giorni, la Kyminasi Diet prevede per ciascuno periodo un piano alimentare preciso e progressivo. Non si tratta di una dieta ipocalorica in senso stretto ma di un regime che secondo i promotori punta a limitare gli alimenti ritenuti più difficili da metabolizzare o potenzialmente infiammatori, come zuccheri, lieviti, cereali raffinati e alcol. Nelle prime fasi, quindi, vengono eliminati o fortemente ridotti pane, pasta, dolci e bevande alcoliche, mentre restano ammessi carni magre, pesce, uova, verdure di stagione, frutta a basso indice glicemico e piccole quantità di frutta secca.
Solo nelle fasi successive alcuni alimenti vengono gradualmente reintrodotti, con l’obiettivo di stabilizzare il metabolismo e mantenere nel tempo il peso raggiunto.
Come funziona
Secondo i promotori del metodo, per ottenere risultati ottimali la parte alimentare deve essere sempre associata all’uso del dispositivo biotecnologico: una medaglietta da applicare sotto l’ombelico, considerata parte integrante e imprescindibile del protocollo. Il chip, che secondo la descrizione ufficiale sarebbe “caricato” con particolari frequenze biofisiche, avrebbe il compito di supportare il metabolismo e facilitare il dimagrimento.
È proprio attorno a questo elemento, che si concentrano oggi le principali domande del mondo scientifico.
La medaglietta
Il cuore della Kyminasi Diet è una piccola medaglietta metallica, grande circa due centimetri, da applicare sotto l’ombelico con un cerotto. È qui, spiegano i promotori, che passerebbe uno dei principali “meridiani bioelettrici” del corpo, un punto scelto per permettere al dispositivo di “dialogare” con i processi metabolici.
La medaglietta è considerata parte integrante del protocollo e va indossata ininterrottamente, giorno e notte, per tutta la durata del percorso. Ogni fase della dieta, della durata di 28 giorni, prevede una medaglietta specifica, “programmata” in modo diverso e sostituita all’inizio della fase successiva.
Secondo il materiale ufficiale, il dispositivo sarebbe “caricato con specifiche frequenze biofisiche”, ossia microfrequenze elettromagnetiche estremamente deboli che verrebbero memorizzate nel metallo e poi trasmesse all’organismo attraverso la pelle. L’idea alla base è che ogni corpo umano possieda una propria attività elettromagnetica naturale, legata alle cellule, ai tessuti e agli organi e che queste frequenze possano essere “armonizzate” o “riprogrammate” per riportare equilibrio nei processi metabolici.
L’elettromagnetismo
Le onde emesse dalla medaglietta agirebbero, secondo i promotori, come una sorta di linguaggio biofisico, capace di inviare al corpo segnali correttivi per favorire il consumo dei grassi, ridurre l’infiammazione e migliorare la tolleranza ad alcuni alimenti.
In questa visione, il dispositivo non è un semplice supporto ma il vero motore biofisico del metodo. Mentre la dieta serve a ridurre i cibi ritenuti “ostacolanti” e a preparare l’organismo, la medaglietta agirebbe “dall’interno”, inviando i segnali necessari a rimettere in moto il metabolismo. È proprio questa interazione tra alimentazione controllata e stimolazione biofisica a rendere, secondo i promotori, la Kyminasi Diet diversa da qualunque altro programma alimentare.
Le promesse e i chili da perdere
Le promesse della Kyminasi Diet non lasciano spazio a mezze misure. Chi la propone sostiene che sia possibile perdere da 3 fino a oltre 30 o 40 chili, a seconda del percorso scelto e della durata del programma. Esistono infatti diverse versioni: le più brevi, pensate per chi vuole “rimettersi in forma” in poche settimane, promettono una perdita di 4-6 chili in circa un mese; quelle più lunghe arrivano a indicare obiettivi di 20-30 chili in cinque o sei mesi, fino a casi in cui si parla addirittura di 50 chili complessivi.
Tutto, si legge nei materiali informativi, avverrebbe «nel rispetto dei ritmi naturali del corpo», senza contare le calorie e «senza mai sentire fame».
La filosofia dichiarata è quella di un dimagrimento rapido ma fisiologico, ottenuto non riducendo le porzioni ma “riattivando il metabolismo” grazie alla combinazione tra alimentazione mirata e stimolazione biofisica. La dieta servirebbe a eliminare i cibi considerati “ostacolanti”, zuccheri, farine, lieviti, mentre la medaglietta avrebbe il compito di «spingere il corpo, grazie alla corretta alimentazione, a bruciare i propri grassi».
Il dibattito aperto e i dubbi
Attorno alla Kyminasi Diet si è acceso un confronto che va oltre la semplice moda alimentare. C’è chi la descrive come un passo avanti nella ricerca sul metabolismo e chi, invece, invita a non confondere il linguaggio della biotecnologia con la prova scientifica.
A oggi, non risultano studi clinici controllati o pubblicazioni peer-reviewed che abbiano valutato in modo indipendente l’efficacia delle cosiddette “frequenze biofisiche” nel favorire il dimagrimento. Le evidenze disponibili provengono quasi esclusivamente da report interni e osservazioni di centri che applicano il metodo, non da sperimentazioni con gruppo di controllo o revisione accademica.
Fuori dall’ambiente che la propone, il livello di prove resta limitato. Negli elenchi ufficiali dei dispositivi per il controllo del peso pubblicati dalla Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia statunitense che regola farmaci e dispositivi medici, non figurano apparecchi a biofrequenza o dispositivi di “riprogrammazione metabolica” simili a quelli descritti dal metodo Kyminasi.
Cosa dicono le agenzie pubbliche
Sul sito ufficiale della FDA, nella sezione Weight-Loss and Weight-Management Devices, vengono elencate solo cinque categorie di strumenti approvati per la perdita di peso: bande gastriche, palloni intragastrici, sistemi di sutura endoscopica, neurostimolatori impiantabili del nervo vago e sistemi di aspirazione gastrica. Nessuno di questi è basato sull’emissione di frequenze o campi elettromagnetici deboli.
La stessa agenzia, in un aggiornamento ai consumatori raccomanda di diffidare da prodotti o apparecchi che promettono dimagrimento rapido senza prove cliniche approvate, ricordando che l’uso di dispositivi «non autorizzati» può comportare rischi e risultati non verificabili.
Un atteggiamento prudente si ritrova anche nel Regno Unito, dove la Advertising Standards Authority (ASA), l’autorità che vigila sulla correttezza della pubblicità, ha più volte chiesto ai promotori di tecnologie di biorisonanza di non pubblicizzare benefici clinici in assenza di studi indipendenti e solidi. Le sue decisioni non riguardano la Kyminasi Diet nello specifico, ma rientrano in una posizione generale: i claim terapeutici legati a onde o vibrazioni devono essere supportati da evidenze scientifiche riconosciute.
In Svizzera, dove la biorisonanza è diffusa in ambito di medicina complementare, l’assicurazione sanitaria Helsana la inserisce nell’elenco dei metodi terapeutici di medicina complementare riconosciuti in regime integrativo. Ciò significa che può essere rimborsata in determinate condizioni ma non equivale a un riconoscimento della sua efficacia clinica per il dimagrimento o per altre indicazioni specifiche. È un approccio di apertura alla medicina complementare, non una certificazione scientifica di efficacia.
I dubbi
Il punto critico, sottolineano gli esperti, riguarda proprio il meccanismo dichiarato alla base del metodo: l’idea che frequenze elettromagnetiche deboli possano “riprogrammare” il metabolismo. Ad oggi, non esistono studi pubblicati su riviste scientifiche internazionali che abbiano dimostrato un effetto misurabile di queste onde sui processi di consumo energetico o sulla riduzione del grasso corporeo. Ciò non significa che sia impossibile, ma che mancano al momento verifiche sperimentali controllate, indipendenti e replicabili.
La diffusione del metodo sui social
Negli ultimi mesi, l’attenzione verso la Kyminasi Diet ha superato i confini dei soli centri specializzati per entrare nel vasto universo dei social media. Sui feed di Instagram e nelle clip di TikTok si moltiplicano testimonianze, storie in formato “prima e dopo”, video-diari di settimane oppure prove pratiche davanti alla telecamera con la medaglietta ben visibile. Molti di questi contenuti provengono da influencer giovani, con decine o centinaia di migliaia di follower, che raccontano attraverso un diario quotidiano il percorso di dieta.
L’hashtag #kyminasidiet compare frequentemente tra i trend, con un’attenzione anche da parte dei professioni della salute e della nutrizione, che continuano ad esprimere pareri e fornire indicazioni.
