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Agostino Ghiglia, Report e lo spettro del complotto contro il Garante della Privacy: «Arianna Meloni? L’ho incontrata per caso»

23 Novembre 2025 - 12:58 Diego Messini
agostino ghiglia privacy sede fdi report ranucci
agostino ghiglia privacy sede fdi report ranucci
Il membro dell'authority ribadisce di non volersi dimettere, a costo di passare per uno «attaccato alla poltrona». E nega di aver chiesto di spiare i dipendenti

Non ha alcuna intenzione di dimettersi Agostino Ghiglia, il consigliere dell’autorità Garante per la Privacy nella bufera ormai da settimane per l’incontro con Arianna Meloni nella sede di Fratelli d’Italia alla vigilia della decisione dell’authority di punire Report con una maxi multa da 150mila euro. Ghiglia ribadisce la sua posizione oggi a Repubblica, dopo che a saltare nei giorni scorsi è stato invece il segretario generale del Garante Angelo Fanizza, travolto dalle polemiche per aver chiesto di spiare i pc dei dipendenti. «Ci penso ogni notte. Tutti i giorni. Ogni notte: ma perché resti qui? Perché non ti dimetti? Perché continui a restare nel collegio del Garante della privacy, così da far interrompere tutti questi attacchi?», ammette di chiedersi Ghiglia. Di notte non ci dorme. Poi però arrivano le luci del giorno e la risposta è sempre la stessa. «No, non posso farlo: è l’onore. Non il mio, ma quello del ruolo. Ho il privilegio di lavorare per un’autorità di garanzia così importante e non posso permettere a nessuno di calpestarne l’onore», spiega Ghiglia a Giuliano Foschini. «La cosa che più mi fa star male, impazzire, è passare per uno attaccato alla poltrona», confessa, eppure «sono pronto anche a far pensare che io sia attaccato alla poltrona», pur di «difendere il prestigio dell’organo che rappresento».

L’ombra del complotto contro il Garante della Privacy

Sentimenti a parte, quel che contano sono i fatti. Perché dunque quel 22 ottobre, come documentato dalla stessa trasmissione di Sigfrido Ranucci, Ghiglia andò nella sede di Fratelli d’Italia e incontrò Arianna Meloni, che oltre che sorella della premier è anche e soprattutto capo della segreteria politica del partito? «Voglio essere sincero – risponde l’interessato – quella era una visita di cortesia e Arianna l’ho incontrata per caso, ma mi rendo conto che era una notizia». C’è da crederci? Ghiglia rivolta le accuse contro chi gliele ha mosse, evocando la strategia del truth bending, su cui ha scritto diversi libri: «ovvero un modo per piegare la realtà ai propri fini. Com’è successo nel mio caso». Che significa, incalza Foschini, che il membro del Garante è stato vittima di un complotto? «Credo che abbiamo toccato interessi enormi», spara Ghiglia, per poi chiedersi cosa ci sia davvero dietro l’«accanimento» nei confronti suoi e dei colleghi componenti dell’authority. Non sarebbe già sufficiente l’idea che il Garante per la Privacy abbia tentato di passare al setaccio pc e mail dei propri dipendenti? «Noi non lo sapevamo», abbozza. O quanto meno non si aspettavano – sostiene – che Fanizza avrebbe dato seguito alla richiesta dei vertici di trovare la talpa di Report in quel modo. Avanti a testa alta, dunque: «Non si molla». Fino a prova contraria.

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