La carica dei “Neorurali” nei boschi d’Abruzzo: «Siamo in 60, coltiviamo e parliamo delle tribù pre-moderne. Ridate i figli a Nathan e Catherine»

Non è un caso isolato quello dei Birmingham-Trevallion, la famiglia straniera stabilitasi nei boschi attorno a Palmoli (Chieti) balzata agli onori delle cronache dopo che il tribunale dei minori dell’Aquila ha deciso di sospendere la potestà dei genitori sui figli, trasferiti in una casa famiglia a Vasto. Ci sono almeno un’altra trentina di famiglie che vivono in quella zona praticando la stessa filosofa di vita. Lo spiega questa mattina alla Stampa il sindaco di Palmoli Giuseppe Masciulli. Si riconoscono tutti nella definizione di “Neorurali”. Se non un movimento organizzato, certamente un approccio comune alla vita e alla società cui fa da complemento un tam tam tra aficionados sulle modalità per tradurlo in realtà. «Sono arrivati qui condividendo una concezione di vita che rifiuta il consumo sotto ogni aspetto, partendo da quelli più elementari, e abbraccia in modo totale il rapporto con la natura. Certo, anche altri hanno dei bambini», riferisce Masciulli a Saverio Occhiuto. Ma perché allora è esploso il caso proprio per il nucleo fondato da Catherine Birmingham (australiana) e Nathan Trevallion (britannico)? «Perché nel loro caso si è creato un cortocircuito con le assistenti sociali, proprio a causa della presenza dei minori e dopo la segnalazione dei carabinieri arrivata in seguito alla intossicazione da funghi che aveva colpito la famiglia un anno fa, costringedola alle cure in ospedale. Quando le assistenti sociali hanno chiesto alla coppia di sottoporre i bambini alle visite pediatriche si sono rifiutati. Da qui è nato lo scontro», spiega il sindaco di Palmoli.
Lo scontro coi giudici e la solidarietà dei Neorurali
A spiazzare assistenti sociali e giudici c’è certamente il fatto che i Birmingham-Trevallion abbiano fatto piazza pulita di tutti i comfort, anche di base, di cui pure disponeva il casolare comprato qualche anno fa nel bosco per 20mila euro. «Quando la coppia l’ha comprata, l’abitazione era provvista di tutte le utenze necessarie. Ma appena entrati, hanno staccato gli allacci della luce e dell’acqua e hanno demolito il bagno». Che pure ora il padre assicura di voler ricreare, insieme a due stanze da letto più consone per i bimbi di 6 e 8 anni, grazie al semplice progetto di un ingegnere già al lavoro. Quel che è certo è che ai genitori separati dai loro figli – la madre Catherine dorme ora nella stessa casa famiglia, ma può vedere i bimbi solo poche ore al giorno – si stringe compatta la comunità dei Neorurali impiantatasi negli anni nella zona boschiva tra Palmoli, Tufillo e San Buono. Aree interne del Basso Sangro, in Abruzzo, scelte prima da alcuni pionieri del credo, da cui è poi partito un fortunato passaparola. «Sono semplicemente due persone impegnate in un progetto e un processo di autosufficienza energetica, materiale e spirituale. Hanno letto molto, hanno esperienza e stanno dimostrando di essere davvero coraggiosi», li difende a spada tratta a Repubblica Davide, un musicista 34enne con due figli che ha fatto la stessa scelta di vita ed è amico stretto della coppia.
Gli incontri all’aria aperta e la critica radicale alla società moderna
«Saremo in sessanta, uomini, donne, bambini. Ci incontriamo con le famiglie e siamo le dimostrazione che i tre figli Trevillion-Birmingham non crescono soli, o isolati con la loro famiglia», prosegue il racconto. Una comunità piccola ma coesa, dunque, quella dei Neorurali dell’Abruzzo meridionale, che organizza con regolare frequenza incontri per socializzare, condividere riflessioni o consigli pratici. Ci si dà appuntamento via WhatsApp e ci si trova solitamente all’aria aperta. Si accende un fuoco e ci si scambia per prima cosa un abbraccio, perché «dobbiamo reimparare a essere gentili ed empatici». Poi si parla, si gioca, ci si scambia idee e suggerimenti. E musica. «Stiamo insieme cinque, sei, sette ore e alla fine suoniamo». C’è chi ha figli e chi no, chi è esperto di arti marziali e chi di informazione. Tutti di certo si sono trasformati con il cambio di vita in contadini biologici, per coltivarsi da sé frutta e verdura, e magari condividere la quotidianità anche con degli animali. E molti, riferisce ancora il musicista, «hanno la caratteristica di essere molto intelligenti, anche se timidi». Non è la politica che interessa loro. Molto di più o molto di meno, è il rapporto con la vita, con l’ambiente circostante, con la società. «Parliamo spesso di come vivevano le tribù prima dell’arrivo della modernità industriale e poi finanziaria. Siamo tutti indignati per quello che l’uomo ha fatto al pianeta, siamo offesi dalla cattiva educazione che ci circonda. No, non vogliamo dare lezioni a nessuno, preferiamo farci gli affari nostri, coltivare i nostri orti. Ognuno può e deve salvarsi da sé».
