Sigfrido Ranucci, la Garbatella, la raccomandazione per la Rai e Report: «Se vado via mi seguono tutti»

Sigfrido Ranucci si racconta oggi in un’intervista al Foglio. E a Salvatore Merlo dice: «Non sono un martire». Nel colloquio rivela di aver avuto una sola tessera di partito: «Quella della Dc. Corrente sbardelliana». Ovvero dell’andreottiano Vittorio Sbardella: «Me la fecero loro quando ero ragazzo, neanche lo sapevo». È figlio di un brigadiere della finanza, e per questo «su alcune cose ho idee vicine alla destra legalitaria». Ma si definisce un cattocomunista.
La Garbatella
Ranucci racconta di essere cresciuto alla Garbatella: « Com’era chiamarsi Sigfrido alla Garbatella? Beh, pensate che mi chiamavano Lello». E dichiara: «Non entrerò mai in politica. Non mi interessa, e non mi identifico in nessuno dei partiti che adesso mi tirano per la giacchetta». Sui partiti a lui vicini dice: « Il Pd mi dà solidarietà ufficiale. Ma non è che mi amino particolarmente. Anzi». Il M5s: «E una parte dei 5 Stelle ha sempre pensato che noi fossimo roba loro, che dovessimo trattarli con riguardo. E invece no». Ricorda: «Ho due o tre processi aperti, su un totale di circa duecento atti di citazione e altre azioni legali. Ma finora non ho mai perso una causa».
Il nome Sigfrido
Lo hanno chiamato Sigfrido «per via del nonno. In famiglia c’era una passione per Wagner». Ma poi è difficile «immaginare l’Anello dei Nibelunghi alla Garbatella... Infatti, mi chiamavano tutti Lello». Sulla bomba dice: «Il 15 settembre abbiamo scoperto mitragliatrici nascoste in un cantiere navale. Le abbiamo collegate a dei prestanome della camorra che trafficano armi verso la Libia». E precisa: «L’unica cosa certa è che la politica non c’entra assolutamente nulla, e non ho mai pensato né detto il contrario». E parla dello ì spettacolo “Diario di un trapezista”, ispirato dal suo libro “La scelta”, che porterà in scena all’inizio del prossimo anno.
La raccomandazione
Poi Ranucci spiega come è entrato in Rai: «Entrai in Rai con la raccomandazione della segretaria di un dirigente cui davo lezioni di tennis». Racconta: «Era il 1989 e la raccomandazione era di una signora, la segretaria di un alto dirigente di Viale Mazzini, che avevo conosciuto perché le davo lezioni di tennis. Mi facevo pagare in nero. E meno male che allora non c’era ‘Report’ perché mi avrebbero fatto il paiolo». Infine, su La7: «»Ho incontrato Cairo, e abbiamo parlato per oltre due ore. Un dialogo molto bello. Ero stato contattato per fare un libro con la sua casa editrice, ma poi abbiamo parlato anche di televisione». Però dice: «Io vorrei rimanere in Rai. Ma dipenderà dalla Rai, non da me».
Il nuovo Report
Anche perché «il nome ‘Report’ non può andare su La7: è un marchio di proprietà della Rai. Ma un ‘New Report’ sì, ci può andare». E con lui verrebbe tutta la squadra. «Se mi sposto io, qua non ci rimangono nemmeno i cassetti. Perché è un segnale. Significa che ‘Report’ non ha più la libertà di fare quello che ha fatto fino ad adesso».
