Gianna Fratta e Beatrice Venezi: «Il suo curriculum è sottodimensionato e va chiamata Maestra»

Gianna Fratta è stata la prima donna a dirigere i Berliner Symphoniker, la prima donna italiana a dirigere l’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, la prima donna a dirigere il concerto di Natale in Senato. E in un’intervista al Corriere della Sera dice che vuole essere chiamata «maestra, perché sono una donna». È sposata con Piero Pelù dal 14 settembre del 2019. Ma l’argomento è off limits. Ha sei lauree: «Giurisprudenza, discipline musicali, pianoforte, composizione, musica corale e direzione di coro, direzione d’orchestra». E su Beatrice Venezi dice che «nel caso della direzione musicale, che è un ruolo estremamente tecnico, sono le modalità della scelta che fanno discutere. L’orchestra non è stata coinvolta».
Gianna Fratta e Beatrice Venezi
Fratta spiega che il suo curriculum è sottodimensionato, come si dice, rispetto ai precedenti direttori: «L’orchestra della Fenice è stata diretta da Maestri come Chung e Inbal. Il curriculum, però, è solo un indicatore: se nessuno ti dà la possibilità di metterti alla prova, non potrai mai fare esperienza per crearti un buon curriculum. Nel caso Venezi, però, l’orchestra non ha avuto la possibilità di mettere alla prova il suo talento prima della decisione. Inoltre, sono molto dispiaciuta per come la Maestra Venezi è stata appellata dai politici e dal sovrintendente stesso».
La professionalità del Maestro
Secondo Fratta «è stata appellata in un modo che non descrive la sua professionalità. “Ragazza di 35 anni”, “Beatrice”. Non si sarebbe definito così Riccardo Muti, anche da giovane. Il sovrintendente ha poi rassicurato l’orchestra, in una lettera, che non sarà lei ad inaugurare la stagione prossima. E chi dovrebbe farlo, se non la direttrice musicale? In ogni caso, bisognerebbe chiamarla Maestra». Infine commenta che lei si fa chiamare Maestro. «È una scelta arbitraria, che non segue le regole della grammatica. Ci vuole consapevolezza da parte delle donne anche nella scelta delle parole: nei mestieri apicali ci siamo anche noi e quindi possiamo usare il femminile».
I Berliner Symphoniker
Sui Berliner Symphoniker, spiega che «tutta la mia attività direttoriale è molto fondata sulle opportunità che mi hanno dato i colleghi direttori. In quel caso a invitarmi era stato il loro direttore musicale, Lior Shambadal, dopo avermi visto dirigere a una masterclass. È successo così anche con l’Orchestra sinfonica di Macao: mi aveva chiamata Lü Jia». La prima volta a Berlino «non avevo ancora 30 anni. Sentivo dietro la schiena le goccioline di sudore. Ero molto tesa, dirigevo a memoria. Mi avevano detto che se non fossi piaciuta ai professori d’orchestra, qualcuno avrebbe bussato nel camerino alla prima pausa. Così, quando sentii bussare, pensai al peggio. E invece mi stavano offrendo un caffè».
Opera e sinfonica
Infine, le preferenza tra opera e sinfonica: «Dipende, preferisco parlare di repertori. Tra un’opera di Puccini e una sinfonia di Haydn, preferisco Puccini. Tra una grande sinfonia di Mahler e un intermezzo del Settecento, preferisco Mahler». Ha detto che non si può dirigere Beethoven senza aver mai letto Kant. Perché? «Penso che il direttore e la direttrice d’orchestra siano un punto di riferimento intellettuale, non solo musicale. La scrittura di Beethoven è profondamente legata all’idealismo tedesco. Se non sai niente di Fichte, Schelling e Kant come puoi restituirlo durante l’esecuzione? Vale per tutti».
