La delegazione del Pd e le intimidazioni delle Idf durante la missione in Cisgiordania: «Abbiamo evitato bombe stordenti lanciate sulle auto»

«Torniamo in Italia con l’idea che la Cisgiordania sia strangolata» da Benjamin Netanyahu. Una «soppressione di ogni libertà», a partire da quella «di movimento: i cittadini palestinesi non sanno se potranno andare a lavoro e tornare a casa, perché la mobilità è sotto il controllo dell’esercito israeliano, che decide se aprire o meno i check-point. Questo viene fatto in pieno stile di pulizia etnica». La deputata dem Laura Boldrini interviene per prima alla conferenza stampa organizzata dal partito per raccontare la missione di quattro giorni che ha portato una delegazione del Pd in Cisgiordania. I parlamentari durante la trasferta hanno dovuto affrontare difficoltà inaspettate: bloccati in aeroporto e costretti a schivare bombe stordenti lanciate sulle auto dall’esercito israeliano.
Una missione di quattro giorni
La missione, durata dal 23 al 28 novembre, è stata organizzata per affiancare Mauro Berruto, responsabile Sport del Pd ed ex commissario tecnico della Nazionale italiana di pallavolo. Dopo dieci anni lontano dalle palestre, Berruto è tornato in campo come allenatore della nazionale palestinese maschile di pallavolo. E, approfittando di questa occasione, una delegazione del Pd – composta da Laura Boldrini, Ouidad Bakkali, Sara Ferrari, Valentina Ghio e Andrea Orlando – ha deciso di unirsi alla missione. L’incarico di Berruto gli è stato conferito direttamente dal Comitato olimpico palestinese e dalla Federazione palestinese di pallavolo.
Il blocco in aeroporto
I primi problemi sono iniziati già all’arrivo, all’aeroporto di Tel Aviv: «Abbiamo avuto un assaggio di cosa significhi trovarsi in quella situazione. Siamo stati interrogati, volevano sapere dove stavamo andando, chi avremmo incontrato, se avevamo appuntamenti. Poi hanno tirato fuori delle mie dichiarazioni fatte a Rafah, in cui avevo parlato del blocco dei convogli umanitari». A quel punto, racconta, «ci hanno fatto firmare un documento in cui mi assumevo la responsabilità di non svolgere alcuna attività in Cisgiordania contro lo Stato di Israele». Ma «io non ho firmato – sottolinea Boldrini – questo è il clima che si respira verso un gruppo di parlamentari di un paese che dovrebbe essere considerato “amico”».
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Le bombe stordenti sulle auto
Un altro “assaggio” delle intimidazioni israeliane è arrivato all’uscita dal villaggio di Izma: «Abbiamo sentito forti esplosioni. L’Idf aveva chiuso i varchi e stava lanciando bombe stordenti contro le auto. Il nostro autista ha dovuto fare una manovra d’emergenza per metterci in sicurezza, e ci siamo rifugiati in una stradina, in attesa di ricevere aggiornamenti dall’ambasciata. Poi ci siamo nascosti a casa di una famiglia palestinese».
La versione della Farnesina non corrisponde alla realtà
Una volta aperti i cancelli, l’obiettivo per la delegazione era raggiungere Gerusalemme. «La Farnesina, in una nota ufficiale, ha affermato che siamo stati trasferiti su un’auto del console, con a bordo un rappresentante israeliano del Cogat (un’agenzia del Ministero della Difesa israeliano, ndr), che ci ha scortato fino al nostro albergo». Ma, dice la deputata dem si dice «sorpresa» perché «questo non è mai successo: abbiamo utilizzato il nostro pulmino e ci siamo incamminati autonomamente, come tutti gli altri. La versione fornita dalla Farnesina, pertanto, non corrisponde ai fatti accaduti».
L’incontro con il figlio di Barghouti
La delegazione ha avuto numerosi incontri durante i quattro giorni di missione, con visite e interlocuzioni che sono andate dai più alti rappresentanti istituzionali ad associazioni e civili. Un focus particolare è stato riservato all’incontro con Arab Barghouti, figlio di Marwan, prigioniero in Israele dal 2002, uno dei leader più amati dal popolo palestinese. «Ci ha spiegato perché suo padre è l’unica persona capace di unire il popolo palestinese. È l’uomo della soluzione “due popoli, due stati”, rifiuta le azioni violente contro i civili e crede nel processo democratico». Per questo, ha aggiunto, sosteniamo «la campagna “Free Marwan, Free Palestine”».
Boldrini e il commento su Francesca Albanese
E rispondendo a una domanda sul commento di Francesca Albanese, la relatrice speciale dell’ONU per la Palestina, in merito all’attacco alla Stampa ha dichiarato: «Penso che Albanese abbia fatto un grande lavoro in questi anni come relatrice speciale, ma non condivido la sua affermazione e ritengo che sia sbagliata. Un attacco va condannato, punto. Senza se e senza ma».
