L’altra famiglia nel bosco: due figli allontanati dai genitori nell’aretino da 47 giorni. «Portati via in pigiama e senza scarpe»

Dopo il caso della famiglia nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti, ne emerge un altro simile a Caprese Michelangelo, in provincia di Arezzo. Qui due bambini di 8 e 4 anni sono stati allontanati dai genitori da 47 giorni e trasferiti in una comunità protetta. A riportarlo è La Verità, che racconta la storia di Harald, perito elettronico originario di Bolzano, e Nadia di nazionalità bielorussa, una coppia che aveva scelto di vivere in un bosco e praticare l’istruzione parentale, proprio come Nathan Trevallion e la moglie Catherine Birmigham. Inoltre, non aveva completato tutti gli obblighi vaccinali previsti.
I bambini portati via dai genitori
La trasmissione Fuori dal Coro su Rete 4 ha mostrato le immagini delle telecamere di sorveglianza della casa. Nei video si vedono i due bambini mentre lo scorso 16 ottobre vengono prelevati dagli assistenti sociali e dalle forze dell’ordine, entrate per eseguire un provvedimento del tribunale dei minorenni. I piccoli urlavano disperati durante l’operazione. Il più piccolo è stato portato via in pigiama e senza scarpe.
Cosa viene contestato ai genitori
Secondo quanto riportato, la famiglia era già stata monitorata dai servizi sociali e successivamente dal tribunale per i minorenni di Firenze. La giudice Nadia Todeschini ha firmato il decreto di allontanamento. Nelle motivazioni si legge che i genitori non avrebbero seguito correttamente le procedure relative all’istruzione parentale e avrebbero impedito ai servizi sociali di effettuare i controlli sanitari sui bambini. Diversa, invece, la motivazione della giudice che ha allontanato temporaneamente i bambini alla famiglia di Palmoli che ha fatto richiamo all’articolo due per il mancato diritto alla vita di relazione ai bambini.
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La ricostruzione dei genitori
«Ci hanno ucciso», commenta la madre Nadia. «Sono 47 giorni che non abbiamo loro notizie. Neppure una telefonata, neanche per i compleanni del mese scorso. Siamo distrutti. Perché tutto questo? Che male abbiamo fatto?». Il padre ricostruisce quanto accaduto la mattina del prelievo: «Alle 11 hanno suonato al cancello. Sono uscito per aprire e due carabinieri mi hanno chiesto di chiamare mia moglie perché dovevano notificarci un atto importante. Era una trappola». Secondo il suo racconto, «dal bosco sono spuntati più di dieci agenti in tenuta antisommossa, mentre un’altra decina ci ha circondati per impedirci di tornare in casa». A quel punto, dice, avrebbe urlato al figlio maggiore di non aprire la porta. «L’ispettore capo mi ha minacciato: “Se non gli fai aprire la porta noi la sfondiamo”. L’ha ripetuto più volte». I bambini erano in casa. «Mio figlio ha pensato che fossi io ed ha aperto. Nei video si vede il carabiniere spingere con forza la porta ed entrare assieme ad altri agenti». Il padre sostiene di aver denunciato tutti gli operatori coinvolti: «Il decreto che mi hanno mostrato non aveva la firma del giudice. Con quale diritto ci hanno portato via i nostri bambini?». Poi aggiunge: «Eravamo arrivati qui un anno e mezzo fa dalla Val Badia, dopo aver gestito un albergo per dieci anni. Cercavamo solo un po’ di tranquillità. E invece ci hanno distrutto la vita».
In copertina un frame dell’intervento dei servizi sociali nella casa del bosco a Caprese Michelangelo
