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Panatta: ecco cosa pensava davvero Nicola Pietrangeli di Jannik Sinner

02 Dicembre 2025 - 05:36 Alessandro D’Amato
nicola pietrangeli jannik sinner adriano panatta
nicola pietrangeli jannik sinner adriano panatta
L'amico e rivale sul campo racconta il pensiero di Pietrangeli sul nuovo campione di tennis italiano

Dopo la morte di Nicola Pietrangeli il campione italiano di tennis Jannik Sinner è rimasto in silenzio. A causa delle polemiche dopo i primi successi di Jannik. I cronisti hanno spesso giocato sui record di Pietrangeli che Sinner avrebbe via via infranto. E c’erano state battute affilate, certo, soprattutto dopo i successi di Jannik: «Qualcuno ha detto che io rosicavo, ma figuriamoci…», disse Pietrangeli dopo il terzo Slam di Sinner. E ancora: «Non voglio più parlare di Sinner: poi dicono che sono invidioso e mi cambiano le parole». Adriano Panatta sul Corriere della Sera però spiega oggi cosa pensava davvero Pietrangeli di Sinner.

Pietrangeli e Sinner

Panatta prima dice di aver perso più di un amico. Poi spiega che Pietrangeli «c’era quando vinsi Roma e Parigi, e quando andammo in Cile per la finale della Davis, che lo vide battersi in decine di trasmissioni televisive. E dopo, più avanti, di nuovo a Parigi, quando ci faceva piacere andare a cena con Lea Pericoli». Poi spiega il carattere del personaggio: «Era uno, Nicola, che diceva sempre ciò che pensava, solo che gli uscivano frasi più simili a epitaffi, e in tanti s’incazzavano. Ma era romano, che ce volete fa? Nato in Africa, ma romano vero. Condividevamo una dote rara: non conoscevamo l’invidia, per nessuno. Non faceva parte del nostro modo di essere… Accidenti all’età, che distrugge le parti migliori di come siamo stati».

Il vecchio e il giovane

Ma, spiega Panatta, su Sinner c’è stato soprattutto un fraintendimento: «Negli ultimi anni alcune sue dichiarazioni sono suonate meno comprensibili, a volte stonate, altre inutili. Su tutte certe sue sortite su Sinner, che venivano da quell’umanissimo bisogno di non sentirsi superato dalla Storia. “Co’ te bisogna avé pazienza”, non so quante volte gliel’ho detto». Poi, sul punto: «“Ma come ti va di metterti a confronto con Sinner, ti ha superato, e allora? Non sei contento? Datti pace…”. “Non mi hanno capito”, si lamentava, “quel ragazzo è fortissimo, una meraviglia, io volevo solo dire che la strada resta lunga, perché così è nello sport, e non voglio che Sinner lo dimentichi mai“. Eh, d’accordo, ma se lo dicevi così non era meglio? Niente, “co’ Nicola bisogna avé pazienza”».

La cacciata da capitano della Davis

Poi Panatta racconta anche un aneddoto che riguarda la cacciata di Pietrangeli da capitano della Coppa Davis. «Ripeteva che fu un «tradimento», e finiva per tirarmi in ballo. “Aridaje Nicò, era la squadra che non ti voleva più. Io cercai di farli ragionare, ma la decisione era presa, e davvero non mi potevo mettere contro i miei compagni, non l’avrei fatto mai”. Eh, sì, vabbè… In quegli anni lontani, in cui il tennis ci mise di fronte, gli appassionati italiani e più ancora la stampa intravidero una rivalità che le differenze di età e quelle relative all’ambito del nostro essere sportivi di professione (lo fu anche lui, malgrado la sua resistenza nel restare dilettante fino all’avvento del Tennis Open) di fatto rendevano impossibile. Ci sfiorammo, e mi fu utilissimo farlo».