Il no della Lega alle armi all’Ucraina: «E gli asset russi vanno restituiti a Mosca»

Matteo Salvini deciderà sulle forniture di armi all’Ucraina «quando il decreto sarà all’ordine del giorno». Il voto «dipende anche dalle inchieste sulla corruzione a Kiev». Mentre gli asset russi sequestrati dall’Unione Europea «vanno restituiti a Mosca». Il decreto sugli aiuti sarebbe dovuto arrivare in consiglio dei ministri oggi. Ma è saltato. «Ci sarà», assicura Giorgia Meloni. Ma intanto Antonio Tajani frena sull’adesione al Purl (Prioritized Ukraine Requirements List), il piano di acquisti di armi dagli Stati Uniti per l’Ucraina da parte degli alleati Nato. Mentre il leader della Lega dice di guardare «con preoccupazione agli scandali che travolgono la cerchia di Zelensky».
La Lega e le armi all’Ucraina
«Vedremo, ancora è prematuro. Intanto noi abbiamo mandato il nostro dodicesimo pacchetto di aiuti, poi si vedrà per il successivo come muoverci. Valuteremo, parleremo, vediamo cosa sarà conveniente per l’Ucraina. Speriamo intanto che non servano più armi nei prossimi mesi», ha detto Tajani riferendosi al Purl. Sul decreto Ucraina il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo ha detto che «in questa fase serve un provvedimento che guardi alle garanzie di sicurezza dell’Ucraina nell’ambito del piano di pace degli Stati Uniti». E dunque, attenzione: «Una semplice proroga rischia di non essere allineata al percorso negoziale». Inoltre, «un conto è difendere l’Ucraina, altra cosa è alimentare una guerra: su armi a lungo raggio siamo contrari».
Salvini il pacifista
«A leggere i giornali c’è chi ha voglia di nuove guerre. Io no, non ne ho voglia. L’Italia non ha interesse a fare nuove guerre ma a riaprire ponti, magari prima di altri», ha aggiunto Salvini in una inedita versione pacifista. La Lega, spiega Repubblica, stavolta vuole davvero tenere sulla corda Meloni. Perché se si attendono davvero venti giorni, come ha detto il Capitano, si finisce all’ultimo consiglio dei ministri dell’anno. Quello del 23 dicembre. Quando alla scadenza della copertura legale per le armi a Kiev mancheranno solo otto giorni. Senza l’ok al provvedimento più delicato della politica estera della destra di governo, l’esecutivo potrebbe addirittura dover affrontare una crisi. Ma è un’ipotesi che tutti escludono per ora.
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Il dialogo con Mosca
Il vicepremier ha anche parlato dei negoziati di pace: «Non tra anni, ma tra mesi spero di poter tornare a volare su Kiev e su Mosca direttamente da Roma e da Milano. Oggi può sembrare un pio desiderio, ma se puoi sognarlo, puoi farlo. Chi ha responsabilità deve impegnarsi e trarre la lezione dalle parole del Santo Padre: riavviciniamo, costruiamo ponti. E che i cieli uniscano». L’obiettivo è riaprire con Mosca «i commerci e il dialogo».
Gli asset russi
Il parlamentare Claudio Borghi con La Stampa sugli asset russi è chiarissimo: «Se la Bce non vuole garantire dei prestiti al governo Zelensky, quegli asset non vanno toccati». E, più chiaramente: «Vanno restituiti a Mosca». Si tratta di 210 miliardi di euro. Ma secondo la Lega «se venissero usati si infrangerebbe una barriera: vorrebbe dire che nessun bene depositato in Europa è al sicuro». Oggi, sostiene il senatore leghista, «si attaccano i beni russi perché la Russia ha causato una guerra, domani potrebbe capitare ai beni di qualche paese arabo perché viola i diritti umani, e così via». Gli fa eco Susanna Ceccardi: «Potremmo assistere a una fuga di capitali da piattaforme strategiche. La credibilità e la stabilità finanziaria dell’Europa non possono essere messe a rischio da operazioni improvvisate o prive di adeguate garanzie».
Il Mes per l’Ucraina
Intanto la Commissione europea ragiona anche dell’ipotesi che sia il Salva Stati a garantire i paesi europei dai rischi che potrebbero derivare dall’utilizzo degli asset russi congelati. Una mossa già bocciata dai leghisti. «È uno strumento obsoleto. Riteniamo che il fondo vada liquidato: ieri il Mes “sanitario”, oggi il Mes “bellico” o “postbellico”, domani magari il Mes “climatico” o “energetico”. Per la Lega, è illogico pensare di ricorrere a questo meccanismo per garantire prestiti legati agli asset russi congelati», dice Alberto Bagnai. E Andrea Crippa: «Mes come garanzia sul prestito all’Ucraina con gli asset russi? Neanche per sogno».
A chi conviene il Mes
In realtà, spiega La Stampa, l’Italia, dal punto di vista economico, avrebbe molto da guadagnare da questa soluzione. E a Palazzo Chigi c’è piena consapevolezza di questo. Politicamente, però, Meloni dovrebbe gestire uno scontro con la Lega. Resta comunque il problema, ineludibile: come farà Roma a garantire il 12% dei 140 miliardi di asset russi scongelati?
