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Sviene dopo aver donato il sangue e perde un occhio sbattendo la testa, il risarcimento dopo 18 anni: «215mila euro per omessa sorveglianza»

06 Dicembre 2025 - 17:12 Ugo Milano
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L'Aou di Parma e l'Asl sono state ritenute responsabili dell'accaduto e condannate a risarcire la donna. La sentenza dei giudici: «L'infortunio poteva e doveva essere evitato»

Un episodio avvenuto 18 anni fa è al centro della sentenza con cui il Tribunale civile di Parma ha condannato l’Azienda ospedaliera universitaria e l’Asl a risarcire con 215mila euro una donna che, dopo aver donato il sangue, fu colpita da due improvvisi mancamenti e perse la vista dall’occhio sinistro in seguito a una caduta. Nessuna responsabilità è invece stata attribuita all’Avis, che gestiva esclusivamente il punto di donazione, mentre locali e personale sanitario erano di competenza delle due aziende condannate. 

Il malore dopo la donazione e la caduta in bagno

La donna, all’epoca trentenne, dopo il primo malore e i sintomi di tachicardia e vertigini comparsi subito dopo la donazione, era stata trattenuta in sala prelievi, dove le erano state misurate la pressione e somministrate le prime terapie. Circa venti minuti più tardi, si era rialzata dal lettino per raggiungere la sala ristoro e consumare qualcosa, informando il personale della sua intenzione di allontanarsi. Nessuno le avrebbe però misurato nuovamente la pressione né fornito indicazioni «sui rischi legati alla minzione dopo il prelievo e dei comportamenti da seguire recandosi in bagno», si legge nel resoconto processuale. Poco dopo, la giovane fu colpita da un nuovo mancamento mentre era in bagno: cadde e urtò violentemente il viso contro il lavandino, riportando danni permanenti al nervo ottico sinistro che le causarono la perdita della vista.

Le motivazioni della sentenza

La giudice Daniela Nunno ha accolto la ricostruzione dei legali della donna, gli avvocati Giovanni Battista Isi e Giovanni Ludovico Isi, secondo cui l’incidente fu la conseguenza diretta di due gravi mancanze: una omessa, insufficiente o inadeguata sorveglianza dopo il primo malore, quando la donatrice avrebbe dovuto essere monitorata più attentamente e l’assenza di informazioni adeguate sui rischi di un successivo calo pressorio e sulle precauzioni da adottare.

Secondo il Tribunale, un monitoraggio corretto avrebbe consentito di rilevare che la donna non aveva ancora stabilizzato la pressione, mentre un’adeguata informazione l’avrebbe messa in condizione di evitare comportamenti rischiosi. «L’aver lasciato alla sua valutazione inconsapevole le condotte da assumere – si legge nella sentenza ripresa dal Corriere della Sera – ha costituito una negligenza del personale sanitario».

Risarcimento riconosciuto

In passato alla donna era già stato versato un indennizzo di circa 65 mila euro, ma la sentenza di primo grado ora pubblicata attribuisce alle due aziende sanitarie una responsabilità civile piena, imponendo un risarcimento complessivo di 215 mila euro, comprensivo di danni e spese legali. Per i giudici, infatti, l’infortunio del 31 ottobre 2007 «poteva e doveva essere evitato».

Foto copertina: PEXELS/LUCA OLIVEIRA

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