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Caos in tribunale a Napoli dopo la sentenza per lo scoppio nella fabbrica di fuochi di Ercolano: i parenti delle vittime tentano di aggredire i giudici

10 Dicembre 2025 - 15:46 Cecilia Dardana
ercolano
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L'incidente, avvenuto il 18 dicembre 2024, aveva causato la morte di tre persone: le gemelle Sara e Aurora Esposito, 26 anni, e il diciottenne Samuel Tafciu

Urla, sedie ribaltate e tensione alle stelle: così si è chiuso il processo in abbreviato per lo scoppio nella fabbrica abusiva di fuochi d’artificio di Ercolano, in provincia di Napoli, avvenuto il 18 dicembre 2024. Quel tragico incidente aveva causato la morte di tre persone: le gemelle Sara e Aurora Esposito, 26 anni, e il diciottenne Samuel Tafciu. La sentenza, letta dal gup, ha condannato i datori di lavoro della fabbrica a 17 anni e 6 mesi di carcere e il fornitore della polvere da sparo a 4 anni. Ma la decisione non ha placato il dolore dei familiari delle vittime, che hanno reagito con rabbia e disperazione.

Cosa è successo in tribunale

Alcuni parenti hanno tentato di avvicinarsi ai giudici, mentre altri hanno rivolto ingiurie verso i familiari degli imputati, costringendo le forze dell’ordine a intervenire per evitare un’aggressione. Sedie e scrivanie sono state ribaltate e alcune persone hanno accusato malori, richiedendo l’intervento dei medici. «Diciassette anni per tre morti non sono giustizia», hanno urlato i parenti delle vittime all’esterno dell’aula, spiegando di aver subito un trauma che li ha portati a consultare psicologi e a soffrire di insonnia per il dolore di non poter più abbracciare i propri cari. Tra i più duri, il padre di Samuel, Kadri Tafciu, ha commentato: «Lì c’è scritto che la giustizia è uguale per tutti, ma non è vero». L’uomo ha anche raccontato di essere stato insultato dai parenti degli imputati nel caos scoppiato subito dopo la lettura della sentenza, accentuando la tensione già altissima in aula.

«Il lavoro nero è una piaga accettata come ammortizzatore sociale»

Una lettura diversa arriva dall’avvocata Nicoletta Verlezza, che ha assistito la famiglia delle gemelle Esposito. Commentando i disordini in aula, Verlezza li ha definiti una reazione «scomposta ma prevedibile e comprensibile», sottolineando come in Italia «il lavoro nero sia una piaga accettata come ammortizzatore sociale». La legale ha aggiunto che, anche con pene più severe, probabilmente la tensione sarebbe esplosa comunque: «Sono morti di cui dobbiamo considerarci colpevoli anche noi come società civile». Tuttavia, Verlezza ha espresso soddisfazione per l’esito del processo: «La richiesta della procura era massima, 20 anni, e la pena inflitta è stata leggermente inferiore: siamo soddisfatti perché l’impianto accusatorio ha retto».

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