«È il mix di energie a rendere competitivo il sistema», la sfida delle rinnovabili e il futuro: «È un mondo promettente, ma l’Europa non è abituata»

È un percorso che si deve portare avanti per gradi, passo dopo passo e senza strappi, quello per arrivare alle nuove generazioni di centrali nucleari. «Un reattore di terza generazione non verrano disattivati una volta che arriveranno quelli di quarta. Semplicemente i più nuovi potranno usare come combustibile le scorie di quelli di terza generazione». Lo ha spiegato Nicola Rossi, head of innovation di Enel, in un dialogo con Franco Bechis sul palco dell’evento La Scossa – Il mix di energie per mettere in sicurezza l’Italia e la sua bellezza, che si è tenuto mercoledì 10 dicembre all’Ara Pacis, a Roma.
«Ci sarà una fase di sovrapposizione, poi una fase di progressiva modernizzazione delle tecnologie». Enel, che è tra le aziende italiane che più investe in materia nucleare – ovviamente oltre i confini nazionali –, insiste sulla necessità di implementarlo al più presto: «Non è un’alternativa alle fonti rinnovabili, è necessario per un sistema energetico più sicuro e meno costoso».
I punti a favore di un sistema misto
«È il mix energetico che rende il sistema più o meno competitivo», ne è sicuro Nicola Rossi parlando dell’integrazione reciproca tra le nuove fonti di energia green. L’esempio principale è quello del solare, che produrrà di più d’estate e nelle ore centrali e illuminate della giornata. Dunque, anche se l’installazione è meno costosa del nucleare cresceranno esponenzialmente i prezzi dei sistemi di accumulo che permettono di redistribuire l’energia anche nei mesi più freddi e nelle ore notturne. Un sistema misto permette di ovviare a questo ostacolo.
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Il nucleare pone proprio questo problema, il costo. «Nel mondo occidentale è costato tanto negli ultimi anni ed è durato tanto nei tempi di realizzazione», ha spiegato Nicola Rossi dal palco di La scossa, evento finanziato da Next Generation EU, dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e da Unioncamere, realizzato con il sostegno di Edison e patrocinato dal comune di Roma.
«Ma esistono parti del mondo dove reattori vengono realizzati a costi molto più bassi e in tempi rapidi, entro i 7 anni. Nei paesi occidentali abbiamo perso la capacità di realizzare le grosse infrastrutture. Per noi sono sempre stati degli unicum e non ci si è mai allenati a costruire. Come nello sport, se non ci si allena si fa più fatica e si spende più energia». Lo sguardo continua però a essere rivolto al futuro, alle nuove generazioni di reattori e al mondo della fusione (e mon più fissile) nucleare: «Ora è ancora il momento di investire nella ricerca, è un mondo molto promettente».
I vantaggi dei piccoli reattori
Come ha raccontato Nicola Rossi, Enel gestisce sei delle sette centrali spagnole (per una potenza superiore ai 6 Gigawatt) e ha appena ultimato la costruzione di una nuova struttura in Slovacchia. Il futuro però, almeno per l’Italia, sono le centrali più piccole: i reattori modulari. Non solo per l’impatto minore che avrebbero sulla percezione pubblica del rischio, ma anche per oggettivi vantaggi. «Taglia più piccola significa produrre in serie, abbattendo così i costi», ha spiegato l’head of innovation di Enel. «Il nucleare è una tecnologia molto capital intensive, si investe quasi il 70% fin da subito e poi si recupera nel tempo. Producendo in serie, si può gestire meglio il rischio finanziario andando ad accendere un reattore mentre il secondo è in costruzione, e così via».
Aver impianti di dimensione minore permette anche di monitorare meglio il rispetto dello standard di qualità del cantiere e di garantire sicurezza: «Ci sono nuove tecnologie con sistemi di sicurezza passivi o intriseci», ha spiegato Rossi. «In poche parole, quando c’è un problema non serve energia per attivare i processi della messa in sicurezza».
