Garlasco, il genetista De Stefano rompe il silenzio: «Il verbale dimenticato sul Dna? L’ho consegnato io, nessun giallo». Perché non escludeva Stasi

È stato Francesco De Stefano a consegnare personalmente alla perita super partes Denise Albani l’appunto scritto a mano nel 2014 dove il professore ammetterebbe la comparabilità di due tracce di Dna. Lo ha rivelato lo stesso genetista, responsabile delle analisi nel processo che ha portato alla condanna di Alberto Stasi come assassino dell’allora fidanzata Chiara Poggi a Garlasco. Secondo l’ordinario di Medicina legale all’università di Genova, come aveva scritto nella sua relazione conclusiva, il materiale genetico rinvenuto sulle unghie della vittima era troppo «degradato e non comparabile». Una conclusione opposta a quella cui è giunta Denise Albani nell’incidente probatorio concluso pochi giorni fa e che ha individuato con una «probabilità forte» la linea paterna dell’unico indagato Andrea Sempio.
La spiegazione di De Stefano: «Li ho consegnati io, non screditano le conclusioni»
La domanda che si sono posti molti, primi fra tutti i legali di Alberto Stasi, è: come mai nessuno aveva mai visto questo appunto redatto a mano? E perché non è mai entrato nel fascicolo che avrebbe poi portato alla condanna a 16 anni del «biondino dagli occhi di ghiaccio»? La risposta l’ha data lo stesso De Stefano: «Ho consegnato io alla dottoressa Albani, su sua esplicita richiesta, gli appunti raccolti nel corso della perizia da me svolta nel 2014», ha spiegato. In questo casi si tratterebbe di appunti presi in una riunione tra De Stefano, alcuni suoi collaboratori, gli avvocati e i periti di parte del processo bis a carico di Alberto Stasi.
Nulla di ufficiale, dunque, e nulla di definito. Anzi uno scritto buttato lì in cui si alludeva alla possibilità di sfruttare un’analisi biostatistica per trovare la paternità di quel Dna. Un procedimento poi non seguito, e che invece è stato portato a termine dalla genetista Denise Albani a inizio di dicembre. Per questo il professore di Medicina legale ha commentato: «Respingo quindi fermamente le accuse con cui in queste ultime settimane da alcune parti si è tentato di mettere in discussione il mio operato cercando così di screditare le conclusioni cui sono pervenuto nella perizia svolta su incarico della Corte d’Assise d’appello di Milano».
La sicurezza di De Stefano: «Nessun giallo»
Insomma, nessun errore e men che meno volontà di nascondere dati utili. Nel testo scritto a mano, in penna blu, De Stefano alluderebbe a «due tracce che mostrano un Dna comparabile». Secondo quanto ha riferito a Fanpage il perito della famiglia Poggi, Marzio Capra, quella frase sarebbe però riferita a due cromosomi Y repertati su due dita diverse e un altro cromosoma ritrovato su un’altra mano. Per farla breve: su più unghie della vittima era stato trovato lo stesso Dna, a cui all’epoca non era stato dato un nome. E seguendo questo ragionamento non sarebbe vero che Stasi poteva già essere escluso nel 2014. «Non c’è nessun giallo, nessun mistero», ha ribadito il professor De Stefano, che per difendersi dalle accuse mosse contro di lui negli ultimi giorni ha nominato l’avvocato Patrizio Rovelli «affinché intraprenda ogni opportuna iniziativa anche di natura penale a tutela della mia onorabilità professionale e della mia immagine pubblica».
