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Ha radici ebraiche (e perfino ucraine), ma non ha carisma. Il velenoso ritratto di Elly Schlein sul quotidiano della sinistra israeliana

27 Dicembre 2025 - 20:05 Fosca Bincher
Elly Schlein
Elly Schlein
Haaretz le ha chiesto una intervista, ma lei si è negata. Così il giorno di Natale è uscito un articolo che racconta la segretaria del Pd anche attraverso analisti italiani. E conclude che così non riuscirà a sfidare Giorgia Meloni alle prossime politiche

Il giorno di Natale il quotidiano progressista israeliano Haaretz ha dedicato ad Elly Schlein un lungo ritratto sotto un titolo apparentemente dubbioso ma un pizzico malizioso: «Questa outsider politica di sinistra con radici ebraiche, può davvero sfidare la Meloni in Italia?». La conclusione del lungo ritratto è che no, difficilmente la Schlein potrà essere la sfidante di Giorgia Meloni. Perché, sostiene nel reportage il politologo bolognese Carlo Galli, ex deputato Pd, «la migliore possibilità per Schlein di rimanere alla guida della sinistra sarebbe quella di aggirare il suo partito e concentrare la narrazione su se stessa, nel tentativo di rafforzare il suo appeal personale presso gli elettori, che, dopotutto, è ciò che Meloni e molti altri politici fanno oggigiorno». Ma, sintetizza Haaretz, «Schlein non sembra condividere il carisma naturale e la facilità di comunicazione di Meloni. Spesso ha faticato goffamente a spiegare il suo background personale e a renderlo appetibile agli elettori italiani».

L’intervista negata al quotidiano e il ritratto pepato di Elly

Il quotidiano israeliano svela anche al fondo dell’articolo che alla Schlein era stata chiesta una intervista più volte, ma non è stata concessa. Anzi, nessuno dei collaboratori della segretaria Pd ha mai risposto alle richieste. Così Ariel David, ex corrispondente di AP dall’Italia e dal Vaticano, ha deciso di fare da sé, forse con un pizzico di disappunto. E ha consultato per raccoglierne le opinioni sia il professor Galli che il professor Giovanni Orsina, altro politologo di fama. Ha iniziato raccontando le radici ebraico-americane della Schlein, grazie a papà Melvin, «la cui famiglia proveniva dall’Ucraina e dalla Lituania», la cittadinanza svizzera di Elly, quel cognome (Schlein) «straniero che gli italiani riescono a malapena a pronunciare e uno stile di vita apertamente queer». Poi ha proseguito con il racconto della sua carriera politica, fino al momento in cui da assoluta outsider è riuscita a diventare segretaria del Partito democratico, la più giovane (aveva 37 anni) e anche la prima donna a guidare la sinistra italiana.

Il politologo Galli, ex parlamentare Pd: «Non è lei la sfidante giusta per Meloni»

Ma è qui che arriva la doccia fredda del professor Galli, che il partito conosce bene essendone stato parlamentare nella XVII legislatura: «Schlein», dice, «non è vista come la sfidante giusta per Meloni, che, qualunque cosa si pensi di lei, ha un curriculum politico di prim’ordine». E il politologo che insegna all’Università di Bologna prosegue in modo piuttosto caustico: «Negli ultimi due anni, Schlein ha lavorato con successo per creare legami con il Movimento 5 Stelle, portando ad alleanze locali che hanno permesso alla sinistra di mantenere le cariche di governatore in regioni chiave. Ha fermato il declino della popolarità del Pd e forse ha anche recuperato qualche punto percentuale dei voti, attirando un pubblico più giovane e più radicale. Ma una piattaforma unitaria con il Movimento 5 Stelle è ancora lontana dalla realtà e il divario con la destra è ancora enorme, come dimostrano i sondaggi. Finora la sua leadership non è stata un esperimento fallito, ma non è stata nemmeno la grande rimonta, la grande invenzione politica che avrebbe dovuto cambiare gli equilibri di potere nel Paese».

Ha condannato Hamas, ma poi ha messo in un angolo le battaglie contro l’antisemitismo

Haaretz poi racconta di come Schlein sia stata netta all’indomani del 7 ottobre nel condannare l’azione terroristica di Hamas, ma poi abbia cambiato registro in modo sempre più radicale criticando il governo di Israele per la strage che stava facendo a Gaza. Comprensibile questo (lo ha fatto più volte lo stesso Haaretz in questi anni), ma il quotidiano israeliano ipotizza che la posizione politica della segretaria Pd non derivasse solo dallo sdegno per quel che stava accadendo a Gaza: «Gli analisti sostengono che il cambiamento di posizione della Schlein non sia stato dettato solo dal peggioramento della situazione a Gaza, ma anche dalla necessità di assecondare la sua base sempre più anti-israeliana, nonché dal desiderio di utilizzare la guerra come argomento contro il governo Meloni, che è stato fermo nel sostenere Israele, sebbene con alcune critiche alle sue azioni». Questo sentimento antisraeliano, continua l’articolo, è stato coltivato dalla Schlein anche a costo di mettere al centro di polemiche (senza mai spezzare una lancia a loro favore) esponenti storici del Pd in prima linea contro l’antisemitismo come Emanuele Fiano e Graziano Delrio. La marginalizzazione delle anime riformiste del Pd ha fatto conquistare alla Schlein voti a sinistra che sembravano perduti, ma potrebbe diventare il suo tallone di Achille nel momento decisivo. Ancora una volta è il professor Galli a insinuare il dubbio: «Il relativo successo di Schlein nel riconquistare alcuni voti persi dalla sinistra e nel dimostrare che è possibile lanciare una seria sfida alla destra nel 2027 – spiega – potrebbe significare la fine della sua leadership. Molti all’interno del partito ritengono che lei non abbia la statura politica e l’esperienza necessarie per diventare primo ministro»

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